“DIRTY GLASS”: NEL PROCESSO A IANNOTTA&CO LA “CARTABIA” RISCHIA DI FAR SALTARE IL SEQUESTRO DI PERSONA

/
Luciano Iannotta
Luciano Iannotta

Processo Dirty Glass: è stato finalmente dichiarato aperto il dibattimento, ma su un’accusa incombe la Legge Cartabia

Respinto dalla Corte di Cassazione il ricorso, presentato da Luciano Iannotta tramite i legali Antinucci e Cacciotti, per legittimo sospetto (la sentenza risale addirittura al 15 dicembre 2022), il processo derivante dal procedimento “Dirty Glass” ha visto, quantomeno e finalmente, l’apertura del dibattimento così come disposto dal collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice, Laura Morselli, e composto dai giudici a latere Simona Sergio e Paolo Romano.

I tempi del processo “Dirty Glass”, uno dei più importanti che si stanno celebrando al momento a Latina, si sono allungati, come noto, a dismisura, tra il primo incardinarsi del processo che fu a Roma (2 anni fa), poi spostato per incompetenza territoriale capitolina a Piazza Buozzi, e i vari legittimi impedimenti di alcuni degli avvocati del collegio difensivo – composto dagli avvocati Antinucci, Cacciotti, Cola, Capozzoli, Conte, Raponi, Marino e Cardillo Cupo – che si sono susseguiti nel tempo. Sul banco degli imputati Luciano Iannotta, Luigi De Gregoris, Antonio e Gennaro Festa, i carabinieri Alessandro Sessa e Michele Carfora Lettieri, Pio Taiani e Natan Altomare. Parti civili l’associazione antimafia “Antonino Caponnetto” e la curatela fallimentare della società “Global Distribution”.

I reati contestati, in una vicenda che ha visto anche la presenza oscura di due appartenenti ai servizi segreti, a vario titolo sono molteplici: in materia fiscale e tributaria, violazioni della legge fallimentare, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, falso, corruzione, riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico, rivelazioni di segreto d’ufficio, favoreggiamento reale,  turbativa d’asta, sequestro di persona e detenzione e porto d’armi da fuoco.

Pendono ancora quattro istanze di incompetenza territoriale presentate dalla difesa per Iannotta e altri tre imputati: un aspetto che, però, così come ha stabilito il Tribunale di Latina, non è ostativo allo svolgimento del processo. Inoltre, anche in questo procedimento penale, entra di diritto la legge Cartabia invocata oggi in aula dagli avvocati Antinucci e Cacciotti che difendono l’imprenditore sonninese Luciano Iannotta. Quest’ultimo è considerato il personaggio su cui ruotano attorno la maggior parte delle circostanze contestate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e dalla Squadra Mobile di Latina che, ormai oltre tre anni fa, nel settembre 2019, eseguì gli arresti a carico degli imputati odierni. Imputati che ad oggi sono tutti a piede libero, non più ristretti dalle misure cautelari.

Stavolta, la riforma Cartabia che ha reso alcuni reati, anche gravi, procedibili solo se c’è una querela della persona offesa e non più d’ufficio, quindi di iniziativa dell’autorità giudiziaria, potrebbe avere conseguenze su uno dei capi d’imputazione, nello specifico quello che contesta il sequestro di persona che sarebbe stato compiuto dagli imputati Iannotta, Altomare, Taiani e De Gregoris.

Secondo gli inquirenti, a maggio 2018, Iannotta avrebbe sequestrato, in un capannone della Akros (una delle società della galassia dell’imprenditore), a Sonnino, due persone, tra cui l’impiegato della Corte dei Conti, Fabio Zambelli, anche lui, in un primo momento, indagato nella stessa indagine Dirty Glass per corruzione. Il 14 maggio 2018 Iannotta, Altomare, Pio Taiani e De Gregoris avrebbero rinchiuso Zambelli e il rappresentante di materiale per ufficio ed apparecchiature elettromedicali, Pierpaolo Tomaino: ossia i due soggetti che secondo Iannotta&Co avrebbero potuto garantirgli una via facile per un l’aggiudicazione di un appalto in Regione Lazio.

Nel corso di quello che gli inquirenti ritengono essere stato un vero e proprio blitz, vi sarebbero stati schiaffi e persino un paio di colpi sparati da Iannotta, uno dei quali non sarebbe andato troppo lontano dal volto di Zambelli. A un tratto Iannotta, intercettato dagli investigatori dice: “Ammazza uno dei due” e l’altro lo implora: “No Luciano, no Luciano, aspetta”.

Una volta liberati, i due si interrogarono sul da farsi: denunciare o no? Alla fine decisero di non fare niente tanto è che, ottobre 2022, nel corso di una delle udienze del processo a Latina, si è appreso che Zambelli, parte offesa, aveva rinunciato a costituirsi parte civile. Un aspetto richiamato, oggi, dall’avvocato Antinucci che, oltre a ricordare la rinuncia di Zambelli, insieme al collega Cacciotti ha chiesto che il processo fosse rinviato a dopo il 30 marzo, termine dato dal legislatore (Cartabia) per verificare la procedibilità o meno dei reati: in questo caso, del reato di sequestro di persona. Un sequestro che se non vi fosse denuncia sarebbe espunto dall’istruttoria dibattimentale e quindi dal processo a Latina.

I legali di Iannotta hanno insistito molto, tanto da profilare circostanze da Corte dei Conti nel caso in cui si continuasse a includere un reato, non più previsto come procedibile dalla Legge Cartabia. Il Pubblico Ministero Claudio De Lazzaro, che rappresentava l’accusa insieme al Pm Luigia Spinelli, si è opposto al rinvio del processo a dopo il 30 marzo proprio perché nel sequestro è contestato anche l’uso di un’arma, ossia un particolare fa rimanere procedibile d’ufficio il reato al di là della “Cartabia” così come accaduto nel processo al clan Ciarelli che si sta celebrando a Latina (in quel caso all’imputato è contestato il reato di danneggiamento e lesioni).

Alla fine, il collegio dei giudici del Tribunale di Latina ha tirato dritto e, pur tra insistenze della difesa, dichiarato aperto il dibattimento, con l’ammissione della lista testimoni. La prossima udienza è stata fissata a stretto giro: 23 febbraio. Una decisione contestata dall’avvocato di Iannotta perché, come prevede sempre la legge Cartabia, andrebbe stabilita una calendarizzazione delle udienze. In più, sempre secondo la difesa di Iannotta, incaricare un perito per trascrivere le intercettazioni (la nomina dovrebbe avvenire il 23 febbraio) significherebbe esporre il processo a una perdita di tempo poiché – la difesa ne è convinta – alla fine il sequestro di persona sarà non più processabile per via della ormai nota legge Cartabia.

Articolo precedente

REGIONALI, ONORATI (PD): “MI SPENDERÒ PER IL RILANCIO DELL’EX ROSSI SUD”

Articolo successivo

FORMIA: ARRIVA LA SORVEGLIANZA SPECIALE PER UN 50ENNE

Ultime da Giudiziaria