CHIOSCHI E INTIMIDAZIONI MAFIOSE: RIESAME RIDIMENSIONA ALCUNE ACCUSE

Topo Beach
Topo Beach

Inchiesta sui chioschi al Lido di Latina: cadono alcune accuse a carico della famiglia Zof. Il riesame si è pronunciato sui ricorsi

Il collegio dei giudici del Tribunale del Riesame di Roma si è pronunciato sui ricorsi presentati da Alessandro Zof, tramite gli avvocati Vita e Piacentini, e il padre Maurizio Zof, assistito sempre dall’avvocato Vita e dalla collega Ricci.

Entrambi arrestati con misura ai domiciliari (sebbene Alessandro Zof si trovi detenuto per altra causa) nell’ambito dell’indagine di Squadra Mobile di Latina e Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Zof padre e figlio si sono rivolti al Riesame per chiedere l’annullamento della misura cautelare.

Il Riesame si è pronunciato sul loro caso, nonostante non si conoscano ancora le motivazioni, annullando alcuni tre capi di imputazione per ciascuno dei tre indagati. A cadere, in particolare, una estorsione e la turbata libertà degli incanti, in riferimento all’assegnazione del primo chiosco la mare. Reati, peraltro, contestati con l’aggravante del metodo mafioso. L’estorsione annullata dal Riesame è quella che vedeva coinvolti sia Alessandro Zof che il cognato Corrado Giuliani che, secondo l’accusa, si sarebbero accaniti contro un consumatore indietro con un debito di droga.

Al centro dell’indagine, come noto, c’è il primo chiosco, a Latina, lato Rio Martino, denominato ex Topo Beach; indagando gli investigatori hanno fatto emergere anche altri episodi.

Lo scorso 30 gennaio, la Polizia di Stato, a Latina ha eseguito otto misure cautelari nei confronti di altrettante persone per i reati di turbata libertà degli incanti ed estorsione aggravati dal metodo mafioso, diversi episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nonché per trasferimento fraudolento di valori.

Le indagini, condotte dai poliziotti della Squadra Mobile con il coordinamento del sostituto procuratore della D.D.A. di Roma, Luigia Spinelli, hanno avuto origine da una segnalazione effettuata dal Comune di Latina nei primi mesi del 2021 (amministrazione Coletta). In tale atto si faceva riferimento al fatto che la rinuncia alla gestione del 1° chiosco del lungomare di Latina da parte dei legittimi aggiudicatari, individuati all’esito di una procedura ad evidenza pubblica avviata nei primi mesi del 2020, potesse essere il frutto di pressioni da parte di non meglio precisati soggetti. Tale situazione sembrava riproporre quanto già accaduto nel 2016, quando il Comune di Latina aveva emanato un bando per la realizzazione dei chioschi sull’area demaniale antistante il lungomare e, nell’aprile del 2017, dopo l’aggiudicazione definitiva delle aree, il legale rappresentate della ditta che si era aggiudicata l’area n. 1 vi aveva rinunciato senza un apparente motivo.

Gli approfondimenti svolti, quindi, avevano consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione di una serie di atti intimidatori realizzati tra il 2016 ed il 2020, veicolati anche tramite i social network, che hanno inciso negativamente sull’aggiudicazione del chiosco n. 1 del lungomare di Latina e sulla libera attività esercitata dai gestori degli altri esercizi pubblici di ristorazione lì ubicati.

Inoltre, sono stati raccolti gravi indizi in merito all’attività di spaccio di stupefacenti gestita da uno degli odierni indagati, consentendo di ricostruire l’utilizzo di metodi intimidatori impiegati per la riscossione dei crediti insoluti.

Ad essere arrestati, in carcere, Ahmed Jegurim (40 anni), volto noto a forze dell’ordine e cronache giudiziarie in merito a episodi di rapine e violenze, e Cristian Ziroli (29 anni), anche lui noto e coinvolto con lo stesso Jegurim almeno in un episodio di tentata estorsione nei confronti di un barbiere a Latina. I loro nomi, che non hanno nulla a che vedere con il primo chiosco, emergono perché indagando gli investigatori si sono resi conti di alcuni episodi per cui i due devono rispondere di estorsione semplice (senza l’aggravante del metodo mafioso).

L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari è a carico di Alessandro Zof (39 anni), del padre di quest’ultimo, Maurizio Zof (69 anni), storico gestore del primo chiosco denominato Topo Beach, prima che le concessioni fossero messe di nuovo a gara, e Pasquale Scalise (53 anni), considerato il proprietario di fatto di una società, la MR Cash, che risultava formalmente in capo a Fabio Zof, fratello di Alessandro e figlio di Maurizio.

Proprio Fabio Zof (35 anni), insieme al 50enne Corrado Giuliani (coinvolto con Alessandro Zof nel maxi processo “Reset”, in cui viene contestata l’associazione mafiosa al clan Travali) e il 37enne Franco Di Stefano sono stati destinatari della misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

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