CERTIFICATO PAZZO, IL PROCURATORE: “P.A. E MINISTERO DOVEVANO VIGILARE”

La conferenza stampa dell'inchiesta Certificato Pazzo
La conferenza stampa dell'inchiesta "Certificato Pazzo". A destra il Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza

Il Procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza, durante la conferenza stampa del 10 dicembre scorso, non si è limitato a spiegare le dinamiche dell’indagine “Certificato pazzo” e del comportamento illecito degli indagati. A metà del suo discorso, infatti, ha espresso stupore dell’enorme bacino di fruitori che facevano ricorso alla struttura illecita delle false certificazioni. Antonio Quadrino, il medico ritenuto falsificatore, dal suo ufficio del Centro Salute Mentale di Fondi, stilava certificazioni fasulle ma calzanti in cambio di una tariffa piuttosto modica rispetto a fenomeni corruttivi simili. Quadrino così ha creato un “mercato libero” di certificati mendaci che veniva animato, quasi alla luce del sole, da più portatori di interessi illeciti, senza paura di essere scoperti, senza vergogna alcuna.

Ha allarmato le forze dell’ordine, infatti, la spregiudicatezza con cui Quadrino non faceva distinzione tra le varie richieste che gli venivano poste: anche nel caso dei due detenuti, Del Vecchio e Rotunno, il dottor Quadrino chiedeva semplicemente cosa servisse loro, quale il loro obiettivo in modo da trovare l’espediente migliore per eludere i limiti della legge e – si può aggiungere – contando sugli scarsi controlli all’interno degli stessi enti: ASL di Latina e INPS.

POCHI CONTROLLI DA PARTE DEL MINSTERO E DELLA P.A.

E quindi se il Ministero competente avesse quantomeno agito come tutti i ministeri competenti dovrebbero fare all’interno delle proprie strutture, con ispezioni e controlli più severi, noi sicuramente avremmo modo di occuparci di altro e forse di altro dovremmo occuparci. Però, purtroppo, ci andiamo ad imbattere in situazioni che non potevano non arrivare all’orecchio dei Carabinieri e delle forze dell’ordine perché era così vasta che se ne parlava quasi pubblicamente di questa attività [delle false certificazioni, ndr]” – fa notare il Procuratore aggiunto.

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In caso di furti, la competenza è chiaramente della magistratura e delle forze dell’ordine, mentre in casi come quello dell’indagine “Certificato pazzo”, anche la Pubblica Amministrazione è in grado di individuare e bloccare i responsabili di condotte non lecite perché è dotata di strumenti interni di controllo. Il sistema utilizzato dal dottor Quadrino era un sistema che poteva essere rilevato senza andare a scavare troppo proprio perché anomalo dal punto di vista procedurale: gli indagati pagavano sempre il ticket (a volte andava lo stesso Quadrino alla cassa per assicurarsi che non venisse meno questo passaggio) per creare una correlazione tra certificato e introito alla sanità, però su ciascuna cartella aperta a mancare era sempre il numero di protocollo.

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Nel tempo era cresciuta l’affluenza di chi si rivolgeva a Quadrino per ottenere certificati psichiatrici falsi ad uso caccia o invalidità tanto da perpetrare questi reati quasi alla luce del sole. “Per arrivare ai Carabinieri qualcuno deve aver detto “Ma non lo vedete cosa succede?“.
Tuttavia, quando i militari dell’Arma hanno ricevuto la documentazione dell’indagine hanno notato che la procedura seguita da tutte queste persone mancava di dettagli formali che gli atti pubblici validi devono contenere sempre. Questo non poteva non essere all’evidenza di chi di dovere, non poteva non generare la necessità di un’ispezione, un controllo su quello che avveniva.

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Riprese all’interno dello studio del dottor Quadrino con una telecamera nascosta

Proprio su chi è chiamato ad intervenire in situazioni di opacità, il Procuratore aggiunto si trova costretto ad ammettere che talvolta la magistratura e le forze dell’ordine fanno “supplenza”, ossia fanno le veci di qualcun altro che evidentemente risulta assente.
È questa la cosa che più dispiace, perché noi non dovremmo arrivare a mettere le mani su qualcosa che ormai è andato avanti a dismisura creando danni notevoli“. Lasperanza entra nel dettaglio e spiega anche il perché di questa obiezione: “L’interruzione di pubblico servizio, oltre ad essere quando abbandoni il posto di lavoro, è anche quando durante il tuo orario lavorativo invece di fare certificati veri ne fai di falsi. Questa è la vera interruzione del pubblico servizio: tu stai lì a prendere uno stipendio non per fare un servizio di pubblica utilità ma, anzi, per creare un pericolo per la collettività perché guarda quante persone girano con 104 armi – queste finora accertate – in quel periodo così stretto. Quante persone girano con delle armi che non dovrebbero avere?“.

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LA MENTALITÀ ITALIANA DEL “FURBO”

In Italia non sono rare le situazioni di questo genere, quasi ce ne fossero così tante da rinunciare a debellarle tutte. Sono sempre esistiti, ad esempio, falsi invalidi e chi ottiene falsi permessi per i parcheggi riservati ai disabili, in generale fenomeni ben tollerati dalla società, quasi che sia legittimo ricorrere a vie al di fuori della legalità per assicurarsi un privilegio (non dovuto). La falsità nella produzione di atti negli altri Paesi è un reato meno praticato, sia perché più punito dal punto di vista penale sia perché l’opinione pubblica, in genere, stigmatizza e tende ad isolare l’utilizzatore finale di un certificato falso. Invece, in Italia, le persone che gabbano la legge sono viste da molti come scaltri, intendimento sbagliato perché, prima o poi, questi atteggiamenti producono incongruenze che portano ad evidenze che qualcuno coglierà. Non sempre, purtroppo.

Massimiliano Del Vecchio
Massimiliano Del Vecchio

Le indagini dei Carabinieri del Nas sono state facilitate proprio dal gran numero di persone che, tramite i vari intermediari locali di settore (il presidente dell’associazione di caccia, l’avvocato, l’assicuratrice, il Comandante dei Vigili, quella del patronato…), si rivolgevano al dottor Quadrino. Per dare la misura della notorietà dell’attività di falsificazione di certificati, questa voce è arrivata persino all’orecchio altri medici fuori provincia e a quello di pregiudicati in carcere e ai domiciliari. Questi ultimi non volevano perdersi l’occasione di una falsa attestazione per eludere la misura detentiva a cui erano sottoposti (commettendo il reato di evasione), e tutto grazie ad un pubblico ufficiale che, con certificati falsi, si è prestato a contribuirvi. Uno dei due detenuti (Massimiliano Del Vecchio, in foto), oltretutto, era stato già coinvolto nell’ultima indagine che si è tradotta in 5 arresti riguardo la corruzione in ambito carcerario, l’operazione Astice, ed era stato trovato, al momento dell’arresto, proprio con il timbro del dottor Quadrino.
E così avveniva che uno dei due detenuti voleva un certificato per attestare l’aggravarsi della malattia per paura di risultare guarito o sano poiché, così fosse stato, sarebbe tornato in carcere; l’altro, grazie al timbro del dottor Quadrino in suo possesso, si auto-produceva permessi per uscire dai domiciliari per ragioni “mediche”.

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Il modus operandi della struttura delle false certificazioni è apparsa chiara anche grazie alle tecniche d’indagine a cui hanno optato i carabinieri scegliendo di videoriprendere i sospettati ed effettuare successivi riscontri nelle banche dati dei certificati utilizzati. Una constatazione su tutte è che anche professionisti, medici e avvocati, si rivolgevano a Quadrino e questo fa capire – a detta di Lasperanza – quanto sia diffuso socialmente il fenomeno del sentirsi più furbi della media.
Tutto nell’indifferenza dell’ente e delle persone che venivano a conoscenza di altri che facevano ricorso a certificati falsi, nonostante questo comporti incalcolabili danni all’erario pubblico, le casse da dove arrivano i servizi che dovrebbero spettare a tutti.

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