AL PROCESSO ALBA PONTINA, LA VITTIMA NEGA IL RUOLO DI DI MARCANTONIO. PARZIALI CONFERME SU TRIPODI E BERGAMO

Sergio Gangemi e Simone Di Marcantonio
Sergio Gangemi e Simone Di Marcantonio
Luigia Spinelli
Luigia Spinelli

È davanti al giudice del Tribunale di Latina, Gian Luca Soana, che il pm Luigia Spinelli – la quale sostiene l’accusa insieme all’altro sostituto procuratore Claudio De Lazzaro nel processo Alba Pontina – prova ad alzare il tiro dell’udienza sul clan Di Silvio, chiedendo a una delle vittime di estorsione, che oggi sono sfilate in Piazza Buozzi, chi sia Simone Di Marcantonio

Di Marcantonio è il giovane individuato dalla Gdf di Latina e dalla DDA di Roma come uno dei tanti prestanome di Sergio Gangemi, l’uomo legato alla ‘ndrangheta calabrese trapiantato nel territorio tra Latina, Aprilia e Roma.

Gianfranco Mastracci
Gianfranco Mastracci

Nel ripercorrere la storia della vittima interrogata oggi, e gravata all’epoca da un debito di droga contratto con Gianfranco Mastracci, ras dei clan sinti (sponda Travali) di stanza a Latina Scalo, la dott.ssa Spinelli ha tentato di approfondire il secondo livello dell’inchiesta che ha terremotato la famiglia di Armando “Lallà” Di Silvio lo scorso giugno 2018. Un secondo livello, per l’appunto, costituito da presunti reati elettorali, non limitati al controllo del territorio con l’affissione dei manifesti tra Latina e Terracina, ma macchiato indelebilmente, almeno nella coscienza collettiva, dall’ombra del voto di scambio, pagato dai 30 euro in su.

Il nome di Simone Di Marcantonio, come scriveva Latina Tu in diverse occasioni e più compiutamente ad agosto 2019 (leggi qui), spunta fuori nelle carte dell’inchiesta Alba Pontina, e nel dibattimento odierno nell’Aula di Tribunale, perché è proprio la vittima, interrogata oggi dai magistrati, ad averlo menzionato nei verbali resi alla Polizia di Latina dal 2016.

RITORNO AL PASSATO

Siamo nella primavera di tre anni fa, tra maggio e giugno, in piena campagna elettorale per il Comune di Latina. Di lì a breve, Damiano Coletta avrebbe vinto le elezioni che lo hanno incoronato Sindaco con una votazione bulgara a detrimento di Nicola Calandrini. Gianfranco Mastracci (poi condannato in primo grado nel processo romano di Alba Pontina), e il suo sodale Ismael El Ghayesh, taglieggiano i loro clienti indietro con i pagamenti per la droga.

Salvatore e Angelo Travali
Salvatore e Angelo Travali (foto da Facebook)

A latere di questa attività, ce ne è un’altra, anch’essa redditizia: il voto di scambio per conto di politici in cerca d’autore.
Mastracci e El Ghayesh comprano voti, come dichiarato dai collaboratori di giustizia e dalla vittima, per conto dei Morelli (legati ai Travali). Tre i nomi dei politici emersi in questa parte di inchiesta che coinvolge la vittima ascoltata oggi: l’attuale senatore Nicola Calandrini, l’aspirante consigliere comunale Roberto Bergamo e l’attuale consigliere regionale Angelo Tripodi candidato come sindaco alle amministrative del 2016
La vittima, minacciata e impaurita, viene costretta a votare per i due succitati, Bergamo e Tripodi, almeno a quanto dichiarato da lui stesso. Come è sempre lui medesimo ad aver sostenuto che la sua prima risposta ai due aguzzini, Mastracci ed El Gayesh, fosse stata che non avrebbe potuto votare per Bergamo e Tripodi perché già era intenzionato a votare Nicola Calandrini, una volontà “cristallizzata” nei verbali resi agli inquirenti tre anni fa, condendo il racconto con un particolare importante: Simone Di Marcantonio, l’uomo nominato come responsabile regionale delle partite Iva nel sindacato Ugl dall’attuale deputato leghista Claudio Durigon, gli avrebbe offerto 50 euro per votare il senatore di Fratelli d’Italia, nel 2016 in corsa per diventare primo cittadino del capoluogo pontino.

IL VOTO PER CALANDRINI

Nicola Calandrini
Nicola Calandrini, senatore di Fratelli d’Italia e consigliere al Comune di Latina

È il pm Spinelli a domandare a più riprese alla vittima che ruolo avesse Di Marcantonio, anche in ragione del fatto che il pool messo in piedi dalla DDA romana di Prestipino è sulle tracce del suo presunto dominus Sergio Gangemi. Ma, sorprendentemente, la vittima nega tutto, tra molti “non ricordo” e un totale ribaltamento di ciò che aveva sostenuto nei verbali di tre anni fa. Di Marcantonio lo conosce solo di vista, non ricorda di averlo menzionato ed esclude l’episodio da lui stesso raccontato dei 50 euro per votare l’attuale senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini
Lo fa più volte, a tal punto che è la stessa pm Spinelli a dirgli che si assume la responsabilità delle sue azioni.

IL VOTO PER TRIPODI E BERGAMO

Orlando Angelo Tripodi consigliere regionle della Lega e Claudio Durigon, ex sottosegretario al Ministero del Lavoro (Lega)

Per quanto riguarda l’altro voto di scambio presunto, per Tripodi sindaco e Bergamo consigliere, la stessa vittima nega che li abbia votati, contrariamente a quanto aveva sostenuto nei verbali, asserendo di aver litigato con Mastracci proprio per questa ragione, e sconfessa vieppiù di essere stato a conoscenza che la campagna elettorale fosse fatta loro dai Morelli e da Alessandrini, il capo ultrà del Latina Calcio ai tempi di Maiettopoli, pur ammettendo in seguito di aver accompagnato Mastracci da Angelo “Calo” Morelli.
Sembra una dichiarazione tombale che può mettere fine a qualsiasi tipo di discorso del cosiddetto secondo livello: ossia il mondo di sotto che incontra il mondo di sopra politico in un allaccio mortale per la città. Però, è qui che la vittima fa la sua importante ammissione, confermando quanto detto nei verbali e aggiungendo un altro particolare: Mastracci aveva una lista lunga di persone, sopratutto giovani, che andava a prendere e portava ai seggi per far votare Tripodi e Bergamo. Addirittura un migliaio, dice la vittima, che, successivamente, ad altre domande di chiarimento, ridimensiona a una cifra tra i 500 e gli 800 elettori. Sui pagamenti, però, nessuna conferma da parte della vittima, sebbene avesse dichiarato, tre anni fa, che quei voti a Bergamo e Tripodi erano sovvenzionati con 30 euro per ciascuno “scambista”.

TOSELLI CONFERMA I CLAN A LATINA

Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

In un processo dove si assiste a un’altra vittima, stavolta di Terracina, che riesce a non ricordare nulla – “Ho rimosso quel periodo della mia vita” -, le uniche ferme conferme, si scusi il bisticcio verbale, arrivano dal primo pentito, poi non più collaboratore di giustizia, Roberto Toselli, visibilmente infiacchito dai due anni di carcere che sta scontando, ma netto nell’ammettere, protetto dallo scudo degli agenti della Penitenziaria che gli ostruivano la vista sopratutto dai componenti dei Di Silvio presenti in Aula, ciò che aveva dichiarato già a verbale nel 2016: dal pestaggio con tanto di pistola puntata alla tempia subito dai Travali, a un nome relativamente nuovo e non coinvolto in Alba Pontina, Salvatore “Piccolo” Di Silvio; dalle zone di spaccio a Latina divise per bande – Villaggio Trieste, Q4, Q5, Viale Nervi, i Travali; Campo Boario, i Di Silvio (se qualcuno voleva spacciare lì, doveva chiedere il permesso a Lallà, e Toselli fa l’esempio di Maurizio Santucci), fino alla conferma di un ambiente con protagonisti i soliti che ormai tutta la città conosce: da Cha Cha a Francesco Viola, da Agostino Riccardo a Renato Pugliese e i Travali ecc.

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