INCHIESTA ABC, IL RIESAME BLINDA LE ACCUSE: “ERA UN SISTEMA DI ABUSI, COLLUSIONI E FAVORI”

Silvio Ascoli
Silvio Ascoli

Inchiesta ABC, il Tribunale del Riesame di Roma annulla le interdittive, ma conferma il quadro accusatorio nei confronti di Ascoli e degli altri indagati

È di ieri, 15 maggio, la notizia che il Tribunale del Riesame ha annullato le ordinanze del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Laura Morselli, che disponevano a carico degli indagati, nell’ambito della corposa inchiesta su ABC, la misura della interdizione dall’esercitare il proprio lavoro.

I provvedimenti con cui sono state accolte le istanze delle difese degli indagati annullano l’ordinanza del Gip che stabiliva le interdittive a esercitare la professione, a cominciare dall’ex direttore generale di Abc Latina, Silvio Ascoli, difeso dall’avvocato Gianni Lauretti. Le difese dei coinvolti nell’indagine della Procura e dei Carabinieri di Latina avevano discusso, lo scorso mese di aprile, l’appello cautelare contro le misure interdittive.

A presentare appello cautelare presso il Tribunale del Riesame di Roma, oltreché all’ex direttore generale Silvio Ascoli, i due funzionari sospesi di Abc, Paola Del Mastro e Stefano Berna, gli imprenditori Franco Fioroni e Emilio Tullio. Gli altri indagati sono rispettivamente difesi dagli avvocati Massimo Frisetti, Flaviana Colardarci, Gaetano Marino e Alessandro Diddi.

Come noto, l’inchiesta aveva messo in luce un sistema maleodorante nell’Azienda Beni Comuni di Latina, ossia l’azienda speciale che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comune del capoluogo di provincia.

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Lo scorso 13 gennaio, il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, guidato dal tenente colonnello Antonio De Lise, aveva dato esecuzione alla misura cautelare personale interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio nei confronti di 3 funzionari dell’Azienda per i Beni Comuni di Latina (ABC), di cui Ascoli non più in carica, e del divieto temporaneo di contrattare con la Pubblica Amministrazione nei confronti di 4 imprenditori, in entrambi i casi della durata di 12 mesi, tutti ritenuti, a vario titolo responsabili di turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio e frode nelle pubbliche forniture.

È vero che il Riesame ha annullato le interdittive, ma è possibile altrettanto che questa pronuncia sia un vero e proprio boomerang nei confronti degli indagati poiché i giudici romani – Maria Viscito, Annalisa Pacifici e Olga Manuel – hanno prodotto ordinanze che praticamente blindano le accuse a carico degli indagati. Ordinanze durissime che confermano il quadro accusatorio ipotizzato dall’allora Procuratore Capo Giuseppe De Falco e dai sostituti Daria Monsurrò e Giorgia Orlando.

Sul punto l’avvocato difensore di Ascoli, Gianni Lauretti, chiarisce: “Non abbiamo impugnato il fumus dell’ordinanza per cui il richiamo che il riesame fa al merito riporta soltanto pedissequamente gli esiti delle indagini e dice soltanto che sono coerenti con le argomentazioni del Gip, ma non entra specificamente nel merito, perché non c’erano state contestazioni specifiche.

Quest’ordinanza non cristallizza nulla perché non c’è stata un’impugnazione sulla sussistenza dei reati, ed essendo in sede di appello e non di riesame, l’appello è strettamente devolutivo per cui non abbiamo rimesso al tribunale della libertà la questione della sussistenza dei reati, tanto è vero che ne parla solo per inciso e riportando pedissequamente gli argomenti dell’ordinanza. È comunque un fuor d’opera che non avrà nessun rilievo nel proseguo proprio perché sul punto non c’è stato contraddittorio”.

Ascoli, così come stabilisce l’ordinanza del Riesame, viene liberato dall’interdittiva solo perché non lavora più in Abc e non ricopre conseguentemente la carica di Direttore Generale sin dal 21 ottobre 2024. Così anche Del Mastro e Berna trasferiti ad altri uffici e, quindi, secondo il Riesame, non più in grado di reiterare il reato o inquinare le prove: Del Mastro non opera più nell’ufficio gare, ma è stata spostata nel settore dei rapporti con gli utenti; Berna, per sua stessa richiesta, sin dal dicembre 2024, lavora nel settore sicurezza-logistica-facility, e non più nell’officina.

Come ricorda l’ordinanza del Riesame per l’ex dg e gli altri indagati, tra cui Del Mastro e Berna, erano stati chiesti all’origine, ossia a dicembre 2022, la misura più dura degli arresti domiciliari. Passati quasi due anni, nel corso dei quali il fascicolo è rimasto a galleggiare nell’ufficio Gip, la Procura ha chiesto, a luglio 2024, la misura più lieve dell’interdittiva poi eseguita sei mesi dopo (gennaio 2025) su disposizione del nuovo giudice per le indagini preliminari assegnatario del medesimo fascicolo.

Il Riesame, nelle ordinanze, ritiene che “le argomentazioni del Gip” sono “pienamente coerenti con quanto emerso dagli atti d’indagine posti dal pubblico ministero a fondamento delle richiesta cautelari”. Richiamando la imponente informativa dei Carabinieri e le segnalazioni dell’Anac, il Riesame rammenta che l’azienda speciale ABC aveva precisi doveri di rispettare il codice degli appalti, nonché richiamarsi al mercato elettronico della pubblica amministrazione e, nell’ambito degli affidamenti dei servizi e dei lavori, ruotare gli inviti fino a una certa soglia di valore dell’appalto (prima 40mila euro, poi dal 2020 non sopra i 75mila euro). I bandi devono svolgersi consultando almeno cinque imprese, tenendo conto anche della diversa dislocazione territoriale.

Una premessa, quella del Riesame, che fa a pugni con quanto emerso nell’inchiesta ABC, grazie anche alle tre relazioni del consulente della Procura, Salvatore Carli, alle intercettazioni e alle risultanti investigative. Il Riesame spiega, infatti, che emerge, “nell’ambito delle procedure di acquisizione di beni, forniture e servizi” dell’azienda, di come “gli indagati violavano reiteratamente i principi” fissati da leggi e regole. “Tali violazioni – proseguono i giudici romani – non erano il frutto di imperizia, ma la conseguenza di deliberati accordi collusivi ovvero di un modus operandi illecito volontariamente posto in essere da una pluralità di soggetti in accordo tra loro“.

C’è di più. I giudici sottolineano che c’era “un gruppo di referenti dell’ABC, costituito da Silvio Ascoli, direttore generale, Paola Del Mastro e Stefano Berna, rispettivamente responsabile dell’ufficio gestione gare e contratti e responsabile dell’officina della ABC, che interveniva illecitamente, abusando della posizione rivestita all’interno dell’azienda“.

Ascoli, Del Mastro e Berna “omettevano di adottare il piano industriale e di programmare le attività da effettuare, indicandone i relativi costi; in assenza di tale programmazione, procedevano, in spregio dei principi di economicità, efficienza ed efficacia, in modo estemporaneo, con affidamenti diretti e procedure ristrette dei servizi e forniture a favore della ABC, frazionando quelli che avevano oggetti analoghi da svolgere in periodi di tempo contigui in modo tale da non raggiungere la soglia che avrebbe imposto di indire procedure di gara a rilevanza europea; predeterminavano i soggetti cui aggiudicare i servizi; omettevano di seguire un reale meccanismo di rotazione, procedendo a reiterati affidamenti diretti delle forniture, invitando sempre i medesimi soggetti; si accordavano con un gruppo ristretto di imprenditori, ai quali venivano fornite informazioni privilegiate, ad esempio, sui requisiti previsti nel bando in modo tale da far desistere dalla partecipazione alle gare soggetti diversi da quelli prescelti dai vertici di ABC; in tal modo favorendo anche accordi in virtù dei quali si assicurava ai soggetti interessati che, una volta affidato loro l’acquisto di beni, servizi e forniture, avrebbero proceduto al subappalto a favore di coloro che avevano desistito dal partecipare alla gara o presentare offerte; determinavano i ruoli di RUP nei procedimenti di affidamenti, nonché di presidente o componente delle relative commissioni di gara, attribuendoli spesso all’Ascoli e alla Del Mastro, in modo tale da poter influire sul loro andamento“.

In sostanza gli indagati, come valutato dal GIP, “procedevano sistematicamente ad acquisire lavori, servizi e forniture necessari per il funzionamento della ABC di Latina attraverso procedure di affidamento diretto ad un solo soggetto, o con affidamenti a procedura ristretta, di valore inferiore alla soglia comunitaria e corrispondente a quello indicato nell’allegato del Regolamento dell’azienda beni comuni di Latina per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture sotto soglia, illegittime e oggetto di turbativa in quanto pilotate sin dallo loro indizione per fare in modo che il relativo lavoro/servizio/fornitura fosse acquistato in assenza di gara aperta oppure aggiudica a soggetti-imprenditori privati con loro collusi, attraverso una procedura falsata e illegittima“.

Un sistema di abusi, collusioni e di favori che fa dire al Riesame quanto siano “condivisibili le valutazioni del Gip, in punto di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza“.

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