PROCESSO EX PRO INFANTIA: “IL DOMINUS INTERCETTATO CHIEDEVA LA MODIFICA DELLA LEGGE”

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Ex Pro Infantia

Lottizzazione abusiva all’Ex Pro-Infantia di Terracina: è ripreso il processo che vede tra gli imputati l’ex vice sindaco

Dopo una serie di rinvii per legittimo impedimento, è ripreso il processo che contesta agli imputati il reato di lottizzazione abusiva nel complesso dell’ex Pro Infantia di Terracina. Tra gli imputati anche l’ex sindaco di Terracina, Pierpaolo Marcuzzi, esponente di Fratelli d’Italia (molto vicino all’europarlamentare Nicola Procaccini), accusato di rivelazione di segreto d’ufficio.

Oggi, 8 luglio, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Paolo Romano, l’udienza ha visto sfilare tre testimoni dell’accusa, rappresentata in aula dal titolare dell’indagine, il pubblico ministero Giuseppe Miliano.

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La Procura di Latina contesta, a vario titolo, la lottizzazione abusiva in concorso, la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblicil’esercizio abusivo della professione e la rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti di sei imputati per i quali è stato chiesto il giudizio immediato.

Cinque gli imputati per la lottizzazione abusiva: l’ex Dirigente del Comune di Terracina “Riassetto e Governance del Territorio e delle Attività Produttive”, architetto Claudia Romagna, l’allora Capo Settore “Urbanistica, S.U.E. e Area Tecnica SUAP”, ingegnere Roberto Biasini, il progettista nonché direttore dei lavori del cantiere, il geometra Giuseppe Zappone, l’ex amministratore unico della società Residenze Circe Srl Andrea Ruggeri e l’amministratore e committente di fatto della Srl Daniele D’Orazio. Al geometra Zappone, inoltre, è contestato anche l’esercizio abusivo della professione per aver presentato il progetto architettonico per l’immobile della Pro Infantia e assunto la direzione dei lavori, mansioni per le quali è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.

Estraneo alle ipotesi di lottizzazione abusivo ma imputato nel processo, l’ex vice Sindaco di Terracina Pierpaolo Marcuzzi che deve rispondere di rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo l’accusa, infatti, l’esponente di Fratelli d’Italia, coinvolto peraltro in ulteriori due inchieste tra le quali quella denominata “Free Beach”, quale persona informata sui fatti in ordine al quali si svolgevano le indagini sulla ex Pro Infantia, dopo essere stato escusso dalla polizia giudiziaria che gli aveva dato formale avviso dell’obbligo del segreto nel verbale da esso sottoscritto, ha riferito all’indagata Claudia Romagna l’esito del suo interrogatorio.

Una udienza piuttosto rilevante quella odierna dal momento che è stato ascoltato anche il Capo Aiutante della Guardia Costiera di Terracina, Samuel Sasso, l’investigatore della polizia giudiziaria che si è occupato di questa e altre indagini molto importanti che hanno avuto come oggetto il litorale terracinese, tra cui “Free Beach”, procedimento penale che ha terremotato l’allora amministrazione dell’ex sindaco Roberta Tintari.

Prima dell’investigatore, il sostituto procuratore Miliano ha esaminato il Presidente dell’Ordine degli Architetti di Latina, Massimo Rosolini, e l’ex Presidente del collegio dei Geometri, Sandro Mascitti. Fu Rosolini a firmare una nota inviata al Comune di Terracina che contestava la competenza di uno degli imputati, per l’appunto il geometra Zappone il quale non sarebbe stato idoneo a norma di legge ad assumere l’incarico di direttore dei lavori né a firmare il progetto.

Secondo quanto riferito da Rosolini, che firmò anche un’altra nota su richiesta della polizia giudiziaria che indagava, Zappone non aveva competenze poiché da geometra si sarebbe dovuto limitare a opere semplici, così come prescritto dalla legge. Al massimo, come ha esplicitato il collega Mascitti, interpellato anche lui all’epoca dalla polizia giudiziaria, Zappone avrebbe dovuto farsi affiancare da un professiniosta laureato: un architetto o un ingegnere. Invece, il geometra assunse il doppio ruolo di progettista geometra e direttore dei lavori, pur non essendo competente.

Il testimone Sasso, invece, ha ripercorso in circa 30 minuti la genesi dell’inchiesta, spiegando che in quel momento – si era nel 2020 – come capitaneria di porto e polizia giudiziaria erano in atto tutta una serie di accertamenti sul litorale di Terracina e che, nel dicembre 2020, vennero a conoscenza della prossima demolizione dell’edificio storico denominata ex Pro Infantia, finalizzata alla ricostruzione di un complesso residenziale.

Il problema è che quell’edificio a 300 metri dal lungomare di Terracina, e che aveva ospitato l’istituto scolastico Bianchini, nasce nel 1925 ed entra a far parte della onlus romana Pro Infantia. Dopo gli eventi bellici, la struttura fu danneggiata per poi essere ricostruita dallo Stato italiano tra il ’49 e il ’51. Una volta messo in sicurezza, l’edificio fu finalizzato a ospitare gli orfani di guerra, dopodiché diventò parzialmente, come detto, sede di una scuola. Insomma, nulla a che vedere con la realizzazione, su oltre 4mila metri quadrati, di due fabbricati, suddivisi in 5 piani per residenze private, una piscina scoperta, 98 posti auto, 46 posti per cicli e motocicli e 2 campi di Padel.

Ecco perché, appreso di quell’intervento con tanto di cambio di destinazione d’uso autorizzato dal Comune di Terracina, la Guardia Costiera, su disposizione del sostituto procuratore di Latina, Giuseppe Miliano, sequestrò l’edificio il 30 dicembre 2020. Un provvedimento confermato dallo stesso Tribunale del Riesame di Latina a cui si erano rivolti Zappone e il rappresentante legale di Residenze Circe srl.

Secondo quanto riportato dall’investigatore, il permesso a costruire autorizzava la Circe srl a costruire un complesso residenziale, modificando la destinazione d’uso da scuola e verde a vero e proprio condominio. L’istanza che chiedeva ciò che per la Procura è un macroscopico abuso fu presentata al Comune prima dalla Fondazione Pro Infantia, successivamente dalla nuova società che subentrò come proprietaria del bene. Un complesso residenziale che però, secondo l’accusa, sarebbe sorto in area completamente vincolata, sfruttando impropriamente la legge regionale 18 luglio 2017, ossia quella della rigenerazione urbana. “Secondo noi – ha detto il testimone – non c’erano i presupposti”.

Non vi sarebbe stato rispetto del Ptpr (Piano territoriale paesaggistico regionale), né una regolare autorizzazione garantita invece dall’allora dirigente del Comune, Claudia Romagna. Il Ptpr, inoltre, non era soddisfatto perché, pochi giorni prima del sequestro, in data 17 dicembre 2020, la Corte Costituzionale dichiarò incostituzionale la delibera del consiglio regionale che aveva approvato il suddetto Ptpr. Ecco perché, come ha spiegato l’investigatore, scattavano in quel momento le misure di salvaguardia, anche in ragione del fatto che su quell’area il piano regolatore cittadino prevedeva al massimo verde pubblico e parcheggio.

Inoltre, a dicembre 2020, una delibera della giunta Tintari aveva approvato la monetizzazione di aree e standard urbanistici. Al contempo, un parere dell’allora dirigente Romagna attestava la regolarità dell’intervento per una zona che, secondo gli inquirenti, non era idonea ad essere disponibile per un intervento edilizio del genere. Per l’accusa, sarebbe mancata la parte dell’istruttoria che desse il lasciapassare così da cedere le aree e monetizzare. Le aree da cedere, infatti, da legge regionale devono essere inferiori a 1000 mq, mentre nel caso specifico si tratta di aree da 2916 mq. Per tale ragione si attesterebbe il falso nella regolarità tecnica.

Altro punto oscuro dell’intera vicenda, rimarcato nell’escussione dell’investigatore, è che quando la Guardia Costiera arrivò sul luogo per sequestrare il bene, si presentò Daniele D’Orazio il quale, ufficialmente, non aveva nessun titolo. In realtà, si trattava del reale soggetto beneficiario dell’intervento edilizio, in quanto era amministratore della società Impreco srl, vale a dire la società che deteneva il 30% della Residenze Circe srl, il cui amministratore legale, Andrea Ruggieri, era in realtà “un mero dipendente, che eseguiva ciò che gli veniva detto di fare”.

Il restante 70% delle quote della Residenze Circe Srl era detenuto dalla Savile Row IV S.A’ RL, con sede in Lussemburgo Boulevard Royal. Tra le varie intercettazioni citate dall’investigatore Sasso ce ne è una che non può che risaltare: D’Orazio, il vero dominus del progetto, parla al telefono con un certo “Carlo” con il quale discute di modificare al determinato comma la legge di rigenerazione urbana. Il misterioso “Carlo” sarebbe dipendente o comunque in contatto con la Regione Lazio. Millanteria detta al telefono o solida realtà? È probabile che sarà scoperto nel corso del processo rinviato al prossimo 4 novembre con il contro-esame dell’investigatore e l’esame di altri testimoni del pubblico ministero.

A margine della vicenda urbanistica, anche la Soprintendenza che cambiò idea sul progetto in poco tempo: il 28 giugno 2020 comunica al Comune il preavviso di diniego dell’autorizzazione; ad agosto arriva il conseguente parere negativo del vincolo monumentale e paesaggistico. Successivamente, a ottobre dello stesso anno, il Comune trasmette nuove tavole tecniche redatte da Zappone e la stessa Soprintendenza rilascia parere positivo. Un aspetto contestato dagli inquirenti che ritengono che non vi era stata nessuna modifica di fatto e che quindi l’autorizzazione avrebbe dovuto nuovamente essere negata.

Le parti civili nel processo sono una privata cittadina che ha comperato un immobile nei pressi della ex Pro Infantia e Legambiente Terracina Circolo Pisco Montano. Il collegio difensivo degli imputati è composto dagli avvocato Giulio Mastrobattista, Adelindo Maragoni, Renato Archidiacono, Micol Paglia, Leo Mercurio, Maria Luisa Bartimmo, Toni De Simone e Giacomo Mignano.

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