RESET, CLAN TRAVALI: IN APPELLO CADE AGGRAVANTE MAFIOSA PER VIOLA E CIARAVINO

Francesco Viola
Francesco Viola (foto da Facebook)

Operazione Reset: sul banco degli imputati due degli accusati di essere stati parte del Clan Travali, ridotte le condanne per Francesco Viola e Giovanni Ciaravino

Cade l’aggravante mafiosa per due degli imputati – Francesco Viola, difeso dagli avvocati Giancarlo Vitelli, Italo Montini e Pasquale Cardillo Cupo, e Giovanni Ciaravino, assistito dagli avvocati Francesco Vasaturo e Alessandro De Federicis – coinvolti nel processo Reset che contesta l’associazione mafiosa al clan Travali di Latina.

Una sentenza, quella della II sezione della Corte d’Appello di Roma, che potrebbe avere anche ripercussioni sugli esiti del processo di primo grado incardinato presso Tribunale di Latina che vede alla sbarra una trentina di imputati tra i quali i vertici del sodalizio: i fratelli Angelo e Salvatore Travali e Costantino “Cha Cha” Di Silvio. Alcuni di loro (tra cui gli stessi Travali e Cha Cha), come noto, sono già stati condannati, con sentenza passata in giudicato, nel processo denominato “Don’t Touch”, per associazione per delinquere ma di tipo semplice.

E sta proprio qui la questione. La Corte d’Appello, infatti, ha riformato, escludendo l’aggravante mafiosa, la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare di Roma Monica Ciancio, arrivata a maggio 2022, che aveva condannato Francesco Viola, cognato dei fratelli Travali ed esponente di spicco del clan, e Giovanni Ciaravino. I giudici del secondo grado di giudizio hanno così condannato Francesco Viola alla pena di 14 anni e 4 mesi di reclusione, più una multa da oltre 13mila euro e Giovanni Ciaravino alla pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione. Gli imputati sono stati condannati anche a pagare le partici civili – Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto” – rispettivamente per le somme di 1.575 euro e 2.000 euro.

Avevano scelto entrambi di essere giudicati col rito abbreviato: Viola, accusato di associazione mafiosa finalizzata a reati di estorsione (per lui contestati anche episodi di usura e spaccio), e Ciaravino, imputato anche lui per il reato del 416bis finalizzato allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Davanti al Giudice per l’udienza preliminari di Roma, il Pm Luigia Spinelli, ripercorrendo la vicenda criminale, aveva chiesto la condanna a 14 anni per Francesco Viola, difeso dagli avvocato Vitelli e Cardillo Cupo, e 10 anni e 6 mesi per Giovanni Ciaravino, difeso dagli avvocati Federico e Vasaturo. La difesa, dopo la requisitoria del Pm, aveva chiesto l’assoluzione e i due imputati avevano sempre negato di essere stai mai parte di una clan mafioso. Parti civili l’Associazione Caponnetto e il Comune di Latina.

Il Gup Ciancio aveva poi condannato entrambi aumentando per di più le pene: Viola a 16 anni di reclusione, Ciaravino a 10 anni e 8 mesi, riconoscendo per entrambi l’aggravante mafiosa. A quest’ultimo era contestata lo spaccio di sostanze stupefacenti in seno all’associazione capeggiata dai Travali e Costantino Di Silvio detto “Cha Cha”, come partecipe di aver gestito una piazza di spaccio a Latina.

Più corpose le accuse per il co-imputato. A Francesco Viola (già con diverse condanne sul groppone, tra cui quella definitiva per il processo “Don’t Touch”), cognato dei fratelli Travali per aver sposato la sorella Vera, una rilevante quantità di estorsioni ai danni di cittadini, ristoratori, sale scommesse, commercianti, professionisti (anche un avvocato), tra cui un uomo che aveva un credito di centinaia di migliaia di euro con una nota società nel ramo delle energie rinnovabili.

Tra le estorsioni per cui è stato condannato Viola anche quella nei confronti di un tifoso del Latina Calcio, ai tempi di Maietta Presidente, che si era fatto autografare la maglietta da alcuni calciatori senza chiedere il permesso al Clan: “Allo Stadio comandiamo noi. Non puoi fare come ti pare – dissero Viola e l’allora affiliato, oggi collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, al tifoso – Noi abbiamo fatto una scelta di fare la vita da strada e sulla strada ‘ste cose si pagano”. Viola, per il lasciapassare agli autografi, pretendeva la somma di 12mila euro.

Contestata a Viola anche l’estorsione in merito a un cittadino che fu obbligato ad acquistare alcuni grammi di cocaina. Ultimo ma non ultimo l’episodio di aver usufruito anche della benzina estorta a un titolare di una pompa di benzina a Latina. Una vicenda per cui, successivamente, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione dei Carabinieri “Status Quo”, è stata condannata la madre dei Travali, Maria Grazia Di Silvio, per aver minacciato il titolare della pompa di benzina, reo, a detta della Di Silvio stessa, di aver parlato agli organi inquirenti.

A febbraio 2021, furono 19 le misure di custodia cautelare per droga, estorsioni e persino un omicidio, quello del rumeno Giuroiu, reati con l’aggravante mafiosa con cui è stato delineato, anche grazie ai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo (un tempo esponenti di due sodalizi), il Clan dei fratelli Travali e Costantino “Cha Cha” Di Silvio.

Ora, questa sentenza potrebbe indirizzare anche l’esito del rito ordinario, ad ogni modo ancora lontano da arrivare alla sentenza finale.

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