MAXI CONFISCA PERROZZI: CASSAZIONE CONFERMA

Corte di Cassazione, Roma
Corte di Cassazione, Roma

Confisca e sorveglianza speciale per il noto imprenditore di Cisterna, Fabrizio Perrozzi: la Cassazione respinge il ricorso

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di Fabrizio Perrozzi, difeso dagli avvocati Zeppieri e Biffa, contro il decreto della Corte di appello di Perugia che aveva confermato il decreto del Tribunale di Latina.

Il Tribunale di Latina, nel 2015, aveva applicato aFabrizio Perrozzi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 3 anni, disponendo inoltre la maxi confisca di beni mobili ed immobili e partecipazioni societarie formalmente intestate non solo a Perrozzi ma anche a soggetti terzi come il figlio e la compagna.

I beni sono stati ritenuti fittiziamente intestati a tali soggetti terzi e tutti riferibili a Fabrizio Perrozzi. Un decreto che fu parzialmente riformato dalla Corte di appello di Roma a luglio 2016.

La difesa di Perozzi chiedeva alla Corte d’Appello di Perugia (e prima ancora a quella capitolina) la rivalutazione del materiale posto a base dell’originario decreto applicativo della misura di prevenzione personale e patrimoniale, a seguito e sulla base dell’evoluzione giurisprudenziale e normativa.

La Corte d’Appello diede torto a Perrozzi, mentre ora la Cassazione respinge il nuovo ricorso poiché inammissibile. Gli ermellini hanno fatto esplicita menzione del “curriculum criminale” di Perrozzi che “consentiva di evidenziare la sua pericolosità sociale risalente ai primi anni ’90”.

Nello specifico, viene fatto riferimento a diversi episodi. Un reato di truffa arrivato a condanne nel 1995, nell’ambito della compravendita di un capannone industriale del valore di 300 milioni di lire. Una denuncia in stato di fermo da parte della Gendarmeria di S.Marino in relazione a reati di truffa aggravata, oggetto di investigazioni da parte Guardia di Finanza di Parma. Le misure cautelari, disposte rispettivamente 1’1/03/2006 ed il 12/04/2006 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pordenone nei confronti del Perrozzi in qualità di legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione della E.T.R. s.r.I., in relazione a reati di associazione per delinquere, truffa ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Una sentenza in data 13/07/2012, all’epoca non ancora definitiva, con la quale il Tribunale di Padova aveva riconosciuto Perrozzi responsabile di ulteriori fatti analoghi (frodi carosello).

Inoltre, viene ricordato la capacità reddituale e la sua sproporzione.

Nel 2015, la maxi confisca di beni – pari a circa 150 milioni di euro fu disposta dall’Ufficio Misure di Prevenzione della Divisione Anticrimine – su ordine del Tribunale di Latina che ha emesso il decreto ablativo.

“Dalle approfondite indagine è emerso, in maniera incontrovertibile – spiegava la Questura di Latina che eseguì la confisca -, come il Perrozzi ha, di fatto, tratto sostentamento e ricchezze esclusivamente da attività delinquenziali manifestando, con modalità sempre più elaborate, la sua spiccata capacità non solo a compiere ma anche ad organizzare, promuovere e gestire complesse trame criminali” tanto che il tribunale di Latina ha applicato all’imprenditore anche la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, per un periodo di tre anni nel comune di residenza.

“Il suo profilo criminale è ormai noto a tutti: a cominciare dagli anni ’90 l’imprenditore fu condannato per truffa e, diverse volte, indagato per dichiarazioni fraudolente mediante l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, violazioni norme per altre imposte dirette e indirette. Condannato nel 2010 alla pena ad anni 3 di reclusione per associazione per delinquere, false dichiarazione mediante uso ed emissioni di fattura per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L’ultima denuncia a suo carico è del novembre 2011 sempre per reati afferenti la disciplina del fallimento e bancarotta fraudolenta, per aver causato, con dolo o per effetto di operazioni dolose, il fallimento di una società.  Nel dicembre 2012 ha usufruito anche della prescrizione per dei reati finanziari commessi nel 2008”.

Il patrimonio si trovava non solo in provincia di Latina nel sud pontino ma anche a Padova, Arezzo, Porto Cervo, Porto Rotondo e ammonta a circa 150 milioni di euro. Furono confiscati ben 143 immobili – tra cui 13 ville, 21 appartamenti, 65 terreni ( casali, terreni seminativi, frutteti, uliveti, vigneti) autorimesse, capannoni, opifici, magazzini e negozi di cui 94 a Cisterna, 22 ad Arezzo, 19 tra Padova e la provincia, 3 a Porto Rotondo e due a Porto Cervo, uno a Roma, uno San Felice e uno a Terracina – quote societarie di diverse società, innumerevoli rapporti bancari e finanziari intestati al 58enne, ai suoi familiari e alle stesse società – tra cui 5 cassette di sicurezza in vari istituti di credito, 29 conti correnti accesi presso vari istituti bancari, 3 depositi di risparmio, una polizza assicurativa e 4 posizioni di titoli /fondi; e ancora 11 veicoli – di cui una Porche modello 997, una Porche modello panamera 4s, AstonMartin, Daimler Chrysler Fiat, 2autocarri Marca Iveco e Renault 3 motocicli e un quadriciclo.  

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