ESTORSIONE E RAPINA: CONDANNE DEFINITIVE PER “PATATINO” E “PROSCIUTTO”

Antonio Patatino Di Silvio, Giuseppe Romolo Di Silvio e Ferdinando Prosciutto Di Silvio
Antonio Patatino Di Silvio, Giuseppe Romolo Di Silvio e Ferdinando Prosciutto Di Silvio (foto da Facebook). In questo momento i due figli e il padre si trovano tutti e tre ristretti in carcere. "Romolo" è considerato un capo-famiglia dell'ala dei Di Silvio tra Campo Boario e Gionchetto: sta scontando la sua pena in carcere per l'omicidio Buonamano commesso insieme al nipote Costantino "Patatone" Di Silvio. Fu, insieme a Carmine Ciarelli e altri componenti delle famiglie rom il "leader" della guerra criminale contro la mala latinense nel 2010. I due figli sono stati arrestati per una rapina ed estorsione in ragione di un debito avuto con personaggi di Campo Boario anche loro coinvolti in inchieste e nella malavita locale

Tentata estorsione e rapina: confermate dalla Cassazione le condanne per i due figli del boss Giuseppe “Romolo” Di Silvio per una vicenda risalente ad agosto 2020

La Corte di Cassazione di Roma ha respinto i ricorsi dei due figli del boss del Giochetto di Latina, Giuseppe “Romolo” Di Silvio, contro la sentenza d’appello che li condannava: 7 anni e 6 mesi per Antonio Di Silvio “Patatino” (31 anni), 3 anni e 6 mesi per Ferdinando Di Silvio “Prosciutto” (26 anni).

La corte d’appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza del giudice per l’udienza preliminare di Latina di data 2 luglio 2021 con cui gli imputati Antonio Di Silvio e Ferdinando Di Silvio erano stati condannati alle rispettive pene in quanto ritenuti responsabili del reato di rapina aggravata, nonché di due distinte ipotesi di tentata estorsione. Con la sentenza d’appello, esclusa l’aggravante dell’utilizzo
dell’arma in relazione all’imputazione per rapina, le pene sono state ridotte e la sentenza di primo grado è stata confermata nel resto.

I due fratelli tramite i loro avvocati difensori hanno impugnato le rispettive sentenze. In particolare, Antonio Di Silvio lamenta innanzitutto la violazione di legge e la illogicità della motivazione poiché la sentenza di appello non si sarebbe confrontata con gli argomenti nell’atto di appello ed in particolare con la circostanza che i due principali testi di accusa, ossia le due vittime, si siano rifiutati di dichiarare alcunché adducendo il timore di ritorsioni, giustificazione rivelatasi falsa.

Alla fine la Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi.

L’episodio di tentata estorsione e rapina risale al 27 agosto 2020 quando Antonio detto Patatino fu arrestato dalla Squadra Mobile di Latina. A distanza di due settimane, la Polizia arrestò per il medesimo fatto il fratello più giovane Ferdinando detto Prosciutto. Entrambi, successivamente, a dicembre 2020 furono destinatari di un’altra misura cautelare derivante dall’indagine della DDA di Roma denominata “Movida” e, infine, nello scorso, autunno hanno subito l’ennesimo provvedimento con la maxi operazione antimafia denominata “Scarface”.

“Patatino fu fermato, nella flagranza del reato, subito dopo aver consumato una rapina ed un tentativo di estorsione nei confronti di un giovane che aveva accumulato un presunto debito di 2.500 euro afferente alla droga.

“Patatino” si era presentato presso l’abitazione del presunto debitore, a Campo Boario in Via Pionieri della Bonifica, e aveva minacciato il fratello di quest’ultimo puntandogli una pistola alla testa, subito dopo essere sceso in strada, trovatosi in presenza del presunto debitore, lo aveva minacciato facendogli intendere  di essere armato e gli aveva intimato di saldare il debito, incurante del fatto che la vittima rispondesse che non era con lui che lo aveva contratto. Entrambi i fratelli vittime di aggressione dei due Di Silvio fanno parte del giro della mala in zona Campo Boario.

Le indagini permisero di riscontrare, anche col ricorso ad attività di natura tecnica, il concorso nel reato dei due fratelli, facendo in buona sostanza emergere che “Prosciutto”, intervenuto sul posto su richiesta del fratello “Patatino”, aveva preso parte attiva al tentativo di estorsione, usando personalmente violenza sulla vittima, colpendolo al volto e causandogli  lesioni che la parte offesa non denunciava per espresso timore di ulteriori e peggiori ritorsioni.

I due fratelli, con la forza, si impossessarono di alcuni effetti personali quali una felpa, un paio di ciabatte, un IPod e un paio di occhiali da vista.

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