“I PUBBLICANI”, VIOLENZE E PESTAGGI A LATINA. ARTUSA: “MAI PICCHIATO PEZZANO. DA QUANDO SONO USCITO DAL CARCERE, SONO PERSEGUITATO”

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Operazione “I Pubblicani” a Latina: ascoltato in Tribunale l’unico che ha scelto il rito ordinario, Alessandro Artusa

Prima che fosse esaminato l’unico imputato del processo, il 60enne Alessandro Artusa, il pubblico ministero Martina Taglione, davanti al III collegio del Tribunale di Latina del terna di giudici La Rosa-Sergio-Romano, ha interrogato il suo ultimo testimone: uno dei Carabinieri che ha svolto le indagini, il quale ha confermato che l’auto dentro la quale fu fatto salire la vittima del pestaggio, oggetto di questo procedimento, era effettivamente del predetto Artusa.

Alessandro-Artusa
Alessandro Artusa

Il 60enne di Latina, da natali messinesi, è accusato di estorsione, lesioni aggravate dall’aver agito in più persone e detenzione di un coltello. Nella scorsa udienza di febbraio, ad essere ascoltato un altro Carabiniere del Nucleo Investigativo di Latina, che ha partecipato all’ascolto delle conversazioni ambientali all’interno della Bmw Station Wagon, in uso ad Alessandro Artusa che fu intercettato mentre parlava con Roberto Ciarelli, altro imputato nelle stesso processo ma che è stato già giudicato, a Roma, col rito abbreviato.

Il militare dell’Arma aveva spiegato che gli investigatori erano sulle tracce di Artusa e di Ciarelli per ipotesi di atti intimidatori e affari intorno allo spaccio di droga. Il 25 maggio 2021, così come ha riportato il Carabiniere, Artusa parla con Roberto Ciarelli su questioni che molto probabilmente avevano a che fare con affari di sostanze stupefacenti, in riferimento a un calabrese, ossia Gianluca Pezzano – co-imputato e già condannato, oltreché ad essere parte offesa in quanto vittima del pestaggio – che avrebbe acquistato la droga. A fare da tramite un’altra co-imputata e co-condannata, Cristina Giudici. Le sentenze per coloro già condannati in due gradi di giudizio risulterebbero, almeno per Giuseppino Pes, non ancora definitive, poiché appellate in Cassazione. Per la cronaca, oggi, 2 maggio, Pes, chiamato a testimoniare dalla difesa di Artusa, si è avvalso della facoltà di non rispondere.

I due uomini, Artusa e Pes, come noto, sono stati condannati per l’omicidio del beneventano Francesco Saccone freddato nel 1998 in Piazza Moro a Latina. Artusa ha scontato 22 anni di reclusione per quei fatti.

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Tornando al processo odierno, Artusa, interrogato dal suo avvocato difensore Maurizio Forte, ha spiegato di non aver mai conosciuto Gianluca Pezzano, prima del momento in cui, accompagnando in auto Roberto Ciarelli, lo aveva incontrato davanti al Comando Dei Vigili del Fuoco in Piazzale Carturan, a Latina.

“Ho parlato con lui perché me lo sono trovato in auto – ha detto Artusa – ma non ho mai alzato le mani contro di lui. Lui stesso non mi conosce, tanto che in una intercettazione mi chiama Antonio. Mai incontrato in vita mia, né fatto affari legali o illegali con lui”.

Artusa, che si è detto campione europeo di arti marziali, ha spiegato di essere amico di Roberto Ciarelli e di averlo allenato anche con il pugilato. Il 60enne non ha voluto rispondere alle domande del Pm Taglione che gli chiedeva conto della condanna per omicidio. Anzi, piuttosto stizzito e anche ripreso dal Presidente del Collegio, Mario La Rosa, il 60enne ha spiegato più volte di non essere “un delatore” e di voler rispondere solo sulle cose che lo riguardano. Senza contare che, dopo i 22 anni di carcere scontati, Artusa si è definito praticamente un perseguitato, dal momento che nel giro di pochi anni è stato già coinvolto in più fatti giudiziari, come, ad esempio, la condanna a 5 anni di reclusione per detenzione di chili di droga insieme ad altri coimputati comminata proprio dal magistrato La Rosa, in veste di giudice per l’udienza preliminare. Un fatto, la condanna, che lo stesso Artusa ha ricordato in aula all’oggi Presidente del III Collegio.

Per quanto riguarda il fatto contestato a lui – ossia aver partecipato al pestaggio del calabrese Pezzano insieme a Ciarelli e Pes -, Artusa ha detto di aver guidato la sua auto e di aver accompagnato Ciarelli da Pezzano che gli doveva “9 sacchi”. Tradotto: 9mila euro per l’acquisto di droga. “Ero in auto con Ciarelli e poi venne Pezzano e ci siamo spostati perché dovevano parlarsi”. Il 60enne, però, non ricorda che tutti e tre andarono nel terreno a Campo Boario la cui proprietà è riferibile a Candido Santucci, altro personaggio noto alle cronache giudiziarie pontine. “Non ricordo cosa successe tra Ciarelli e Pezzano, non sono qui a fare il delatore. Io sono rimasto in auto, qualcuno forse ha litigato e io sono sceso a fare da paciere“.

E quando il giudice La Rosa gli ricorda una delle intercettazioni in cui Artusa dice “Forse c’ho il calabrotto sotto mano”, l’uomo ha spiegato: “Mi riferivo ad altra persona“. E per quanto riguarda la frase captata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, guidati dal tenente colonnello Antonio De Lise, in cui faceva riferimento “a qualche Pes”, Artusa è netto: “Non c’entrava niente con Giuseppino Pes”.

Destinatario di un provvedimento di sorveglianza speciale, Artusa ha utilizzato lo stesso documento per difendersi. “Il Questore di Latina mi definisce un astuto e scaltro delinquente. E allora – rivolto ai giudici – come avrei potuto andare con la mia auto insieme ad altri pregiudicati per picchiare una persona?“.

L’udienza è praticamente finita qui, dal momento che l’altro testimone della difesa, Gianluca Pezzano, è risultato irreperibile, tanto che l’avvocato Forte ha chiesto al Tribunale di citarlo e faro accompagnare coattivamente. La scadenza della misura cautelare ai domiciliari per Artusa sarà ad agosto, ecco perché il Tribunale ha rinviato alla prossima udienza del 6 giugno per ascoltare Pezzano, dopodiché sarà stabilita l’ultima udienza prima della pausa estiva, in cui ci saranno le discussioni e la sentenza finale.

Il processo ad Artusa scaturisce dall’operazione “I Pubblicani”, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, ad aprile 2022, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma.

Gli altri imputati dell’operazione “i Pubblicani”, accusati, a vario titolo, dei reati di rapina, sequestro di persona, estorsione aggravata, lesioni personali aggravate dall’uso di armi, detenzione e porto illegali in luogo pubblico di arma comune da sparo, porto di armi ed oggetti atti ad offendere e traffico di sostanze stupefacenti, come detto, sono stati già condannati in due gradi di giudizio.

Artusa deve essere giudicato in ragione delle violenze che avrebbe messo in atto, in concorso, contro Gianluca Pezzano, in questo processo parte offesa. Nel quadro investigativo e processuale, Pezzano ha sì ceduto droga, ma risulta anche vittima di pestaggio e violenza a causa di debiti per la sostanza stupefacente. Una doppia punizione in due distinte occasioni: l’una che, secondo l’accusa, sarebbe stata compiuta dal trio Giuseppino Pes, Roberto Ciarelli e Alessandro Artusa, l’altra da Amine Harrada, l’uomo di origine marocchina condannato per essere stato l’esecutore della violenza ai danni del medesimo Pezzano.

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