DELITTO BERGAMINI, CONDANNA CONFERMATA PER IL GENERO: “OMICIDIO VOLONTARIO”

Antonino Zappalà

Picchiata e uccisa a Latina dal genero: confermata la sentenza di condanna per omicidio a carico di Antonio Zappalà

La Corte d’Appello di Roma, su richiesta del procuratore generale, ha confermato la condanna a 21 anni e 7 mesi di reclusione per Antonio Salvatore Zappalà. L’uomo è stato condannato per l’omicidio volontario della suocera Nadia Bergamini avvenuto a gennaio 2022. Respinta la richiesta della difesa, rappresentata dall’avvocato Antonio Messina del Foro di Santa Maria Capua Vetere, che chiedeva la derubricazione del reato da omicidio volontario a omicidio preterintenzionale, oltreché all’assoluzione per gli altri due capi d’imputazione: resistenza a pubblico ufficiale e lesioni contro il padre dello stesso imputato, all’epoca dei fatti domiciliato in Via Casorati a Latina insieme al figlio, alla moglie di quest’ultimo e alla vittima.

Confermate le provvisionali da 50mila euro a ciascuna delle due figlie di Nadia Bergamini, tra cui per l’appunto l’ex compagna di Zappalà, assistite dagli avvocati Antonio Orlacchio e Leonardo Palombi. Il risarcimento civile, così come deciso in primo grado, sarà stabilito in sede di causa civile.

A giugni scorso, la Corte d’Assise del Tribunale di Latina, presieduta dal giudice Gian Luca Soana – a latere il giudice Fabio Velardi -, insieme alla giuria popolare, aveva condannato Antonio Salvatore Zappalà alla pena di 21 anni e 7 mesi. Il Tribunale aveva concesso all’uomo le attenuanti generiche, condannandolo all’interdizione dai pubblici uffici e anche al pagamento delle spese. Una sentenza mitigata rispetto alle richieste del Pm Marco Giancristofaro che, al termine della requisitoria nella scorsa udienza, aveva chiesto per Zappalà l’ergastolo.

Zappalà si trova in carcere dal 15 gennaio 2022 quando fu arrestato dagli uomini della Squadra Mobile e Volante di Latina. Nell’appartamento di Via Casorati, a Latina, secondo la ricostruzione degli investigatori e della Procura, la suocera di Zappalà,  Nadia Bergamini, fu trovata agonizzante a terra dalla figlia Stefania Cepollaro, all’epoca compagna del medesimo Zappalà, il quale si dimostrò confuso sull’accaduto, arrivando anche a negare di aver mai colpito la donna.

Per quanto stabilito dalle due sentenze di merito, invece, l’uomo avrebbe colpito più volte la suocera fino a farla cadere per terra. A dimostrarlo, sarebbero state anche determinate ferite sul corpo della 70enne, probabilmente presa a pugni a schiaffi dopo aver chiesto un favore domestico al genero. E a confermarlo, nel corso del processo di primo grado, anche le testimonianze tra cui le consulenti tecniche e mediche e soprattutto il padre di Zappalà che all’epoca del fatto viveva in casa con il figlio, la con-suocera e la nuora.

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Zappalà, secondo le indagini condotte dal sostituto procuratore Marco Giancristofaro, avrebbe percosso fino a far cadere per terra la suocera Debora Bergamini, disabile sulla sedia a rotelle, in preda a un accesso di ira. Il 46enne, nell’interrogatorio di garanzia, si era avvalso della facoltà di non rispondere.

Lo scorso 22 maggio, nel processo di primo grado, fu esaminato in aula l’imputato Antonio Salvatore Zappalà, visibilmente provato. L’uomo, scortato dagli agenti della Penitenziaria, si era seduto davanti alla Corte d’Assise ma il suo volto era completamente spento. Faceva fatica a parlare e, da seduto, muoveva su e giù, compulsivamente, la gamba sinistra.

Interrogato dal suo avvocato difensore Antonio Messina, Zappalà aveva chiesto di nuovo perdono così come aveva fatto a gennaio scorso quando rilasciò in aula dichiarazioni spontanee. Ad ogni modo, Zappalà aveva confermato di aver colpito al volto la donna e per di più di essersi accorto che l’anziana stava agonizzando: “Chiedo perdono ma non volevo che finisse così“. Alla domande del suo avvocato, “perché non ha finito la Bergamini?”, l’imputato aveva risposto tremante: “La mia intenzione non era ucciderla, volevo semplicemente farla stare più calma e non ne potevo più di quelle parole…l’ho rimessa sulla sedia a rotelle perché volevo aiutarla“.

Fu la Polizia a segnalare l’anomalia delle ferite riportate da Bergamini quando a gennaio 2022 fu trasferita in ospedale: quelle ferite non erano compatibili con una caduta e c’era stato sì un ictus, ma furono le ferite al volto ad essere decisive. Senza contare che lo stesso Zappalà, davanti agli agenti di Polizia giunti sul luogo dell’omicidio, diede un pugno a uno di loro per poi minacciare: “Non sapete chi sono io, non sapete quanti omicidi per mafia ho commesso“.

Anche la testimonianza di Stefania Cepollaro, la ex compagna di Zappalà e figlia di Nadia Bergamini, aveva confermato il quadro accusatorio.

Le stesse consulenze tecniche avevano fatto trovare il sangue della vittima sull’imputato e il DNA di Zappalà sotto le unghie della suocera: per il Pm era la prova che la donna si difese disperatamente con la mano destra per parare gli schiaffi. “La morte della vittima – disse il sostituto procuratore Giancristofaro – non è stata provocata da una caduta dalla sedie e a rotelle, ma dagli schiaffi ricevuti da Zappalà“.

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