ANTIMAFIA, PROVINCIA DI LATINA: POLITICI E PROFESSIONISTI PERMEABILI AI CLAN

mafia pontina
Sopra la provincia di Latina, sotto alcuni dei protagonisti citati dalla relazione Antimafia rilascia dalla Dia: Sergio Gangemi legato alla 'ndrangheta, Gianluca Di Silvio rampollo dell'omonimo Clan rom e uno schema parziale dell'Alleanza di Secondigliano che ha innestato nel territorio del sud pontino alcune delle sue cellule come, ad esempio, la consorteria Scotto che aveva base a Scauri: solo poche settimane fa è stata smantellata dall'operazione dei Carabinieri di Formia in un'indagine che durava dalla fine del 2015

È stata consegnata al Parlamento italiano e resa pubblica la consueta relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (luglio-dicembre 2019): per la provincia di Latina menzionati i clan del sud pontino, il sequestro a Sergio Gangemi, la mafia rom dei Di Silvio

Sono passati ventotto lunghi anni dalla prima relazione antimafia della Dia: era il 1992 e se confrontata con i consuntivi odierni la differenza è tanta. Nel ’92 uno snello documento da 46 pagine, oggi, e da qualche anno, un affresco composito e corposo di oltre 800 pagine.

Sì perché la lotta alla mafia è sicuramente evoluta, anche se a leggerle ogni sei mesi è più che un’impressione che le cose non si mutano.
I clan sono sempre più agguerriti e ramificati. Nulla cambia neanche nel territorio pontino dove i nomi per il sud pontino sono sempre gli stessi: Bellocco, Tripodo, La Rosa-Garruzzo, Bardellino, famiglie figlie di vecchie operazioni di forze dell’ordine e magistratura che però non sono riuscite a sradicare il potere di forza e pregnanza che hanno nel Basso Lazio. Anzi, ormai nel silenzio, queste consorterie è come se avessero trovato a Formia, Fondi, Gaeta, Castelforte ecc. un habitat talmente naturale da riuscire a mimetizzarsi come un Camaleonte insopprimibile, eterno.

E, ora, ci si mette pure il Covid-19 ad aiutare coloro che hanno accumulato talmente tanti soldi da essere gli unici, o quasi, ad avere fondi da investire nella cosiddetta ricostruzione italiana. La “paralisi economica” provocata dalla pandemia di coronavirus può aprire alle mafie “prospettive di arricchimento ed espansione paragonabili a ritmi di crescita che può offrire solo un contesto post-bellico“. Queste le parole di pietra che si leggono, complessivamente, nella relazione luglio-dicembre 2019 (le relazioni, come di consueto, ritraggono il territorio circa sei mesi prima rispetto alla data di pubblicazione).

Un’espansione mafiosa dovuta al Covid-19 che, di certo, non fa difetto nella provincia pontina nella quale la bussola malavitosa – che si muove nel Lazio “laboratorio criminale” (così definisce la Dia la Regione di Roma Capitale) – segna verso “riciclaggio ed il reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio, ove le risorse risultano investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione, nonché nell’acquisizione e nella gestione delle sale da gioco“.

E non mancano negli appetiti mafiosi pontini, la capacità predatoria di infiltrarsi negli appalti, nei lavori pubblici, insinuandosi in quella classe media di imprenditori che di domande se ne fa poche ma quando vede il lucro vuole solo risposte trovandole in chi ha i soldi.
Senza contare la permeabilità della classe politica, volutamente vulnerabile quando al centro del villaggio c’è l’edilizia e le città da trasfigurare.
C’è infatti, come spiega la relazione, “l’interesse delle consorterie criminali all’infiltrazione ed al condizionamento degli ambienti imprenditoriali ed economico-finanziari, a volte con il contributo di professionisti complici“. E “anche nell’ambito politico e amministrativo locale emerge talvolta un modello che vede il coinvolgimento di imprenditori nei settori dell’edilizia e del commercio, con rapporti collusivi-corruttivi finalizzati ad agevolare il rilascio di concessioni edilizie ovvero per ottenere l’aggiudicazione di appalti nei settori dei servizi pubblici“.

Non poteva mancare, per il capoluogo di provincia, il clan Di Silvio, quello dell’ala di Armando Lallà, sfiancato da inchieste e processi, con la consapevolezza, almeno di chi vuole ostinatamente capire, che la mafia rom a Latina è retta da almeno un altro arcipelago della famiglia Di Silvio e dai rivali Ciarelli che, quanto a narcotraffico, non sono da meno. Anzi. A testimoniarlo, la condanna di 12 anni comminata a Luigi Ciarelli per aver importato dal Sud America oltre 80 kg di “coca” purissima” presso il porto di Livorno. Un approdo, quello toscano, che sta crescendo a dismisura in fatto di narcotraffico e chi lo utilizza non può non avere le giuste alleanze: sono 327 i chili di droga sequestrati nel porto di Livorno nel 2018 (+134% rispetto al 2017), mentre nel 2019 sono stati 1.100 chili (quasi il quadruplo). Emblematico al riguardo l’eccezionale sequestro, operato nel mese di maggio 2019 dalla Guardia di finanza e dall’agenzia delle Dogane di 644 kg di cocaina, suddivisi in panetti occultati all’interno di borsoni, rinvenuti in un container imbarcato su una nave battente bandiera portoghese, proveniente dallo scalo spagnolo di Algeciras.

E a testimoniare ancora che i Ciarelli non sono un pericolo da sottovalutare, pur non avendo da tempo i riflettori puntati, ci sono anche i fatti minimi come l’arresto datato 2018 nei confronti del compagno di una giovane rampolla della famiglia di stanza al Pantanaccio, bloccato insieme a Fabio Criscuolo vecchia conoscenza della mala pontina: manco a sbagliarsi, trasportavano diversi chili di cocaina.

Non può, infine, passare inosservato la citazione specifica all’operazione “Gerione” con cui Guardia di Finanza e DDA di Roma hanno sequestrato il patrimonio di Sergio Gangemi, l’uomo legato alla ‘ndrangheta, che a Latina, Aprilia e Roma non solo aveva investito ma era anche entrato nel tessuto della borghesia. Tutti lo conoscevano e tutti lo salutavano negli aperitivi della città da bere pontina: gente comune, professionisti e politici. Ad aiutarlo, tanti prestanomi, anche di personaggi insospettabili e persino arrivati sino a posti importanti all’interno del sindacato Ugl.

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LA RELAZIONE DIA SULLA PROVINCIA DI LATINA

Il capoluogo e la provincia di Latina si caratterizzano per la compresenza di vari tipi di organizzazioni criminali. Proiezioni di quelle mafiose tradizionali (camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra) convivono e fanno affari con quelle autoctone, anche queste ultime tese a perseguire i propri interessi con modalità mafiose.

Il Sud Pontino si caratterizza, infatti, per la presenza di personaggi legati a vari gruppi criminali, quali ad esem- pio esponenti delle ‘ndrine calabresi dei BELLOCCO, dei TRIPODO, degli ALVARO e dei LA ROSA-GARRUZZO. Sono, inoltre, nel tempo risultate operative proiezioni delle cosche reggine AQUINO-COLUCCIO di Marina di Gioiosa Jonica e COMMISSO di Siderno. Una recente conferma dell’attualità del coinvolgimento di soggetti di matrice calabrese nei traffici di stupefacenti condotti sul territorio pontino si è avuta con l’operazione “Selfie, del maggio 2019.

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Da rilevare che, nel semestre, la provincia è stata oggetto di un’attività che ha evidenziato come questo territorio sia oggetto di interesse delle cosche ai fini di riciclaggio. Il 20 novembre 2019 nell’ambito dell’operazione Gerione”, la Guardia di finanza ha infatti sequestrato, ad un noto pregiudicato1196 contiguo alla ‘ndrangheta, beni per oltre 10 milioni di euro nelle province di Roma, Latina, Milano e Reggio Calabria. Nel commentare quest’operazione, il Procuratore di Roma ha affermato che “…Latina ha un tessuto economico più importante rispetto ad altre realtà regionali, con il Mercato Ortofrutticolo di Fondi che, anche se soppiantato di recente dal Car di Guidonia, rappresenta uno dei centri agroalimentari tra i più significativi del sud. Per questo motivo, come Ufficio abbiamo deciso di creare un ‘pool’ di magistrati che in collaborazione con la procura di Latina indaga in modo specifico su questa porzione di territorio, in cui si sono sviluppate nel tempo realtà criminali autoctone, sul modello di Ostia, per i collegamenti con pezzi della camorra e della ‘ndrangheta”.

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SUD PONTINO: I CLAN DI CAMORRA DELOCALIZZANO QUI – Sono poi attivi sempre in quest’area elementi dei clan camorristici facenti capo ai CASALESI, ai BIDOGNETTI, ai BARDELLINO, ai MOCCIA, ai MALLARDO, ai GIULIANO, ai LICCIARDI, ai SENESE ed agli ZAZA. Per i sodalizi campani, vista la contiguità geografica, il sud pontino costituisce la naturale “area di delocalizzazione” per esportare traffici illeciti in aree “meno affollate”. Sono inoltre praticati il riciclaggio ed il reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio, ove le risorse risultano investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione, nonché nell’acquisizione e nella gestione delle sale da gioco.

Si è avuta, inoltre, conferma del fatto che le illecite attività delle famiglie DI SILVIO e CASAMONICA devono essere ricondotte nei canoni dell’azione mafiosa. Con sentenza del 19 luglio 2019 è stata infatti riconosciuta – per la prima volta nel territorio pontino- l’aggravante del “metodo mafioso”1199, sulla base delle risultanze delle ope- razioni “Alba Pontina” e “Alba Pontina 2”1200, del 2018, per soggetti legati ad un ramo della famiglia DI SILVIO. “Questa è la storia di Latina degli ultimi 20 anni”. Sono le prime parole della motivazione della sentenza, la quale conclude che “Il clan DI SILVIO rappresenta una associazione di stampo mafioso di nuova formazione, territorialmente insediata a Latina, di dimensioni per lo più familiari, la cui forza di intimidazione deriva dalla fama criminale raggiunta dal clan nel Sud del Lazio, ancorché si manifesti necessariamente con le tradizionali forme di violenza e minaccia, così assoggettando la popolazione locale alle regole prevaricatrici della cosca”.

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Nella sentenza vengono evidenziati anche indicatori fattuali quali: l’ampiezza e l’indeterminatezza del programma criminale, la varietà e molteplicità dei reati contestati principalmente connotati da violenza, la rigorosa organizzazione gerarchica interna, il rispetto riservato al capo clan, la stabile incidenza egemonica in un determinato ambito geografico, la disponibilità costante di armi e la conflittualità con altri gruppi locali. Particolarmente significativo il punto in cui si legge nella motivazione che “…tutte le fasce sociali, indistintamente, erano sottomesse alla forza prevaricatrice ed intimidatoria della nota famiglia rom: cittadini comuni, piccoli imprenditori, professionisti (commercialisti e avvocati) financo gli stessi criminali comuni dovevano piegarsi alle regole criminali dettate dai DI SILVIO”.

MAFIA ROM E ALTRE OPERAZIONI – L’operatività del clan DI SILVIO si è palesata anche nel semestre in riferimento, in particolare, il 3 ottobre 2019, a conclusione dell’operazione “Cerbero dei Carabinieri. L’indagine ha individuato 6 affiliati al clan, responsabili dei reati di estorsione in concorso, aggravata dal metodo mafioso. Dall’attività investigativa è emerso come gli indagati facessero valere la forza di intimidazione di tipo mafioso all’interno di istituti penitenziari, tra l’altro costringendo un soggetto, detenuto presso la Casa Circondariale di Latina, ad effettuare ripetuti pagamenti per conservare la propria incolumità personale.

Il 3 dicembre 2019, l’Arma dei carabinieri, nell’ambito dell’operazione Scudo, ha dato poi esecuzione all’or- dinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Latina nei confronti di 8 persone indagate, a vario titolo, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, usura. Le indagini hanno consentito, in particolare, di individuare due gruppi criminali, collegati da rapporti di reciproco interesse, di cui uno operante ad Aprilia e dedito all’usura e alle conseguenti attività estorsive di recupero crediti; l’altro capeggiato da esponenti del clan DI SILVIO – era principalmente dedito allo smercio di sostanze stupefacenti.

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È quindi evidente che, anche nel sud-pontino, il primario interesse criminale è correlato al mercato degli stupe- facenti. Al riguardo, appaiono significative le investigazioni condotte nel semestre nell’ambito carcerario.
In data 16 settembre 2019, nell’ambito delle indagini convenzionalmente denominate “Astice” e “Petrus”, i Carabinieri, in collaborazione con il Nucleo investigativo della Polizia penitenziaria del locale carcere, hanno dato esecuzione ad un’OCC nei confronti di 36 soggetti, ritenuti responsabili di traffico di sostanze stupefacenti, con base dello spaccio a Pontinia. A gestire l’organizzazione vi era un soggetto che, anche dall’interno del carcere di Latina, ove si trovava ristretto, riusciva, attraverso i propri familiari in visita e la complicità di alcuni agenti, ad impartire direttive all’esterno. Le indagini hanno documentato un’attività di spaccio con diverse fonti di approvvigionamento, tra cui vari fornitori di nazionalità albanese.

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Il successivo 18 novembre 2019, l’Arma dei carabinieri, in collaborazione con la Polizia penitenziaria nell’ambito dell’indagine “Masterchef” ha eseguito un’OCC, emessa dal GIP del Tribunale di Latina, nei confronti di 6 soggetti per spaccio e detenzione aggravata di sostanze stupefacenti. Le indagini hanno consentito di individuare il canale di approvvigionamento attraverso cui le sostanze stupefacenti venivano introdotte nella Casa Circondariale di Latina.

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Spostando l’attenzione verso la parte sud della provincia, si segnala l’operazione “Coast to Coast 2”, conclusa dalla Polizia di Stato nell’agosto 2019 con l’esecuzione di 4 OCC. L’indagine ha interessato il Sud pontino ed il Cassinate, mettendo in luce una forma di riorganizzazione delle piazze di spaccio di Gaeta, Formia, Fondi e Cassino, a seguito di precedenti arresti nei confronti dell’organizzazione dei clan SPADA-MORELLI.

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Pur in assenza di evidenze nel semestre, occorre infine ribadire che, come è emerso nel primo semestre del 2019, resta evidente l’interesse delle consorterie criminali all’infiltrazione ed al condizionamento degli ambienti imprenditoriali ed economico-finanziari, a volte con il contributo di professionisti complici. Anche nell’ambito politico e amministrativo locale emerge talvolta un modello che vede il coinvolgimento di imprenditori nei settori dell’edilizia e del commercio, con rapporti collusivi-corruttivi finalizzati ad agevolare il rilascio di concessioni edilizie ovvero per ottenere l’aggiudicazione di appalti nei settori dei servizi pubblici. Un settore particolarmente esposto è quello dello smaltimento dei rifiuti, che soffre di una cronica carenza di strutture moderne per il trattamento, situazione che potrebbe favorire logiche clientelari e corruttive da parte di sodalizi criminali.

Anche il territorio di Aprilia si è caratterizzato per l’operatività di proiezioni mafiose. Investigazioni del pas- sato hanno messo in luce come il territorio sia stato utilizzato come crocevia dei traffici di stupefacenti. È stata segnalata la presenza di esponenti delle ‘ndrine dei GALLACE, degli ALVARO di Sinopoli (Reggio Calabria) e GANGEMI e di soggetti campani vicini ai CASALESI.

Nell’agro pontino è infine presente, durante i cicli di raccolta stagionale, anche lo sfruttamento della manodopera clandestina presso le aziende agricole, favorito dalla presenza di un consistente numero di cittadini extra- comunitari, soprattutto provenienti dai Paesi del sub-continente indiano.


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