TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI NEL CENTRO ROTTAMI A CISTERNA, LA DIFESA CHIEDE IL NE BIS IN IDEM

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Centro Rottami srl
Centro Rottami srl - Cisterna di Latina. La CENTRO ROTTAMI SRL, è stata costituita nel 1985 per operare nel settore del recupero dei rottami ferrosi e non ferrosi, continuando l'attività svolta in precedenza, nel medesimo settore e iniziata nell'immediato dopoguerra dal Sig. Gennaro Del Prete, papà dell'attuale Amministratore, Leopoldo Del Prete. Tale attività è nata a seguito dell'inizio del recupero dei rottami e residuati bellici lasciati dalla sbarco alleato di Anzio nel 1945; al tempo, era obbligatorio, conferire il materiale bellico raccolto, all'Agente di Governo. Successivamente, venuta meno la figura dell'Agente di Governo, la raccolta dei rottami è stata indirizzata verso le prime acciaierie elettriche che, nel contempo, avevano iniziato a produrre ferro con nuove tecnologie. Nel 1965, fu acquistato un appezzamento di terreno di circa 7.000 mq. ubicato nell'allora periferia di Cisterna dove l'attività di raccolta, stoccaggio e trasformazione in balle (adeguamento volumetrico del materiale) è continuata fino al 1993. Nel 1994, l'attività è stata trasferita in un moderno stabilimento ubicato nella Zona Industriale del Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale del Lazio (Roma – Latina) in Via Grotte di Nottola n.7 04012 Cisterna di Latina (LT), su un terreno di oltre 80.000 mq. L’area attualmente coperta da fabbricati, di circa 8.000 mq., è costituita da n.2 capannoni, palazzina uffici – servizi – abitazione, officina – servizi operai – ristoro, cabina consegna ENEL e cabina di trasformazione

Furono 27 le persone arrestate nel maggio 2020 per traffico illecito di rifiuti ad opera della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma: il focus dell’inchiesta era rappresentato dal Centro Rottami di Cisterna. A distanza di quattro anni, non si è ancora aperto il dibattimento

Neanche oggi, 17 settembre, non si è aperto il dibattimento per il processo che vede come principale imputato, per traffico illecito di rifiuti, il patron della della Centro Rottami srl di Cisterna di Latina (al momento in amministrazione giudiziaria), Leopoldo Del Prete, oltreché al figlio Gennaro Del Prete e ai nomadi che, secondo l’accusa, agevolarono il traffico illecito di rifiuti.

A maggio, si sarebbe dovuta celebrare la prima udienza del processo ma il II collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Francesca Coculo, ha dovuto rinviare a oggi per via di un legittimo impedimento di uno degli avvocati difensori. A sostenere l’accusa il pm della Procura/DDA di Roma, Luigia Spinelli, titolare dell’indagine insieme all’allora sostituto procuratore della DDA, Corrado Fasanelli.

Nell’udienza odierna, vi è stata una corposa e composita questione preliminare sollevata dall’avvocato Mario Antinucci che difende i Del Prete. Il legale ha presentato una duplice istanza per chiedere la revoca parziale del sequestro da 16 milioni di euro e sollevare la genericità dei capi imputazione. Inoltre, l’avvocato ha invocato la richiesta del principio ne bis in idem, in quanto il presente processo sarebbe la “copia” di quello che vede coinvolto a Roma il medesimo Leopodo Del Prete e che portò, nel 2022, a un altro maxi sequestro da parte della Guarda di Finanza nell’ordine di 6,5 milioni di euro. Infine, il legale ha presentato le relazioni di due tecnici ingegneri.

Questioni preliminari ritenute infondate dal Pm Luigia Spinelli la quale ha dovuto riservasi sulla richiesta di revoca parziale del sequestro in modo tale da leggere la documentazione presentata dalla difesa. Il Tribunale si è riservato sulle istanze presentate e deciderà il prossimo 26 novembre.

L’operazione da cui scaturisce il processo odierno è stata eseguita a maggio 2020 e ha visto il coinvolgimento dei Carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Roma, dei Carabinieri forestali del Nipaaf di Latina e Roma e dalla Guardia di finanza pontina. Ci furono arresti e il sequestro da 16 milioni di euro, poi annullato dal Riesame di Roma.

Le parti offese – Regione Lazio e Comune di Cisterna di Latina – non si sono costituite parti civili in udienza preliminare e, secondo la legge Cartabia, non potranno più farlo.

Le indagini che hanno portato agli arresti di quattro anni fa sono partite da un primo supplemento datato febbraio 2019, nell’ambito del procedimento penale relativo al monitoraggio del Centro raccolta rifiuti di Mostacciano, a Roma: all’epoca furono coinvolte 23 persone. Era stata scoperta una vera e propria filiera del traffico illecito di rifiuti che partiva dal centro raccolta Ama di Mostacciano per finire a Cisterna e che vedeva coinvolti tre dipendenti della municipalizzata dei rifiuti romani infedeli; rientravano nell’indagine, anche in quel caso, imprenditori – tra cui il 63enne Leopoldo Del Prete che ebbe la misura dell’obbligo di firma – e rom (la famiglia Sejdovic).

L’operazione fu condotta dai Carabinieri e dagli agenti della Polizia locale sempre su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Roma. I tre dipendenti Ama, come emerse dalle indagini, chiudevano un occhio e in cambio di quello che in gergo chiamavano “il caffè”, ovvero una mazzetta di 30-50 euro, permettevano a piccoli imprenditori di scaricare all’interno dell’area rifiuti speciali, tra cui scarti di edilizia. Poi subentravano i rom e in particolare la famiglia dei Sejdovic che a loro volta prelevavano invece rifiuti elettrici e metallici, li bruciavano nei campi nomadi per estrarre i metalli e poi rivenderli in altri centri di raccolta gestiti da privati, tra cui quello di Cisterna di Latina e la Ferrauto di Fiumicino. Durante un controllo gli investigatori avevano capito che il materiale sottratto a Mostacciano finiva a Cisterna e che nel centro rottami veniva catalogato come “rifiuto cessato” o “non rifiuto” con la dicitura “Eow”.

Nell’inchiesta del 2020, le dinamiche evidenziate dagli investigatori non cambiano di molto. Secondo gli inquirenti, il traffico illecito dei rifiuti avrebbe avuto come hub la Centro Rottami srl di Leopoldo Del Prete a Cisterna di Latina, accusato di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”. Del Prete avrebbe ricevuto e gestito illecitamente ingenti quantitativi proprio presso la struttura di Cisterna, in violazione della normativa ambientale. Il sequestro, realizzato dalle forze dell’ordine, è ingente: 16 milioni di euro calcolato in base a ciò che scrive il gip di Roma che ha firmato l’ordinanza di arresto e che spiega come Del Prete abbia: “piegato tutta la gestione della sua attività aziendale ad una sistematica violazione di norme in materia ambientale, finalizzata alla creazione di un enorme traffico illecito di rifiuti, volto a produrre profitti illeciti per almeno 16 milioni di euro tra gli anni 2017e 2018“.

“Ci sono costi enormi, non solo sociali ed ambientali, a carico della collettività, dovuti al fatto che l’irregolare ripulitura dei rifiuti genera danni per l’ambiente e la salute pubblica, si pensi ai roghi tossici nei campi rom, provocati spesso per ripulire il rame e altri metalli dalle guaine o altro, con conseguente immissioni nell’ambiente di sostanze tossiche come le diossine, ma anche costi per bonificare le aree e rimuovere i rifiuti” – così, ancora, nell’ordinanza, il gip del Tribunale di Roma, Nicolò Marino, che ha accolto le richieste delle misure cautelari, a carico degli odierni arrestati, formulate dal sostituto procuratore della DDA capitolina Desirée Digeronimo.

“Il modello di gestione dell’azienda studiato da Leopoldo Del Prete – ha scritto il gip – costituisce un’illecita concorrenza a fronte di aziende che in maniera regolare gestiscono i rifiuti con i relativi costi che, contrariamente a quanto fa Del Prete, non vengono scaricati sulla collettività”.

“Per comprendere la straordinaria gravità dell’illecita condotta si ponga mente ai gravissimi danni prodotti all’ambiente e alla salute pubblica attraverso la sommatoria di tutti i casi riscontrati dagli inquirenti e documentati in atti. Anche l’analisi a campioni, documenta una attività d’impresa in toto improntata a una gestione palesemente illecita e priva di scrupolo alcuno”.

“Emblematiche – scrive ancora il gip – le immagini delle entrate al Centro Rottami in cui in alcune ore si hanno carovane di mezzi carichi di ogni sorta di rifiuto con vari equipaggi intenti a selezionare la merce o ripulirla”.

“Esiste una vera e propria filiera del rifiuto che va dalla raccolta, alla cernita, ripulitura, vendita e trasporto per poi conferirli al Centro Rottami dove frazionano le modalità di pagamento in contanti sotto i 3 mila euro con fatture e autofatture”.

A processo, oltreché a Leopoldo e Gennaro Del Prete, ci sono Vito Prò, Samir Marzouki, Ekrem Ahmetovic, Dzvad Seferovic, Emilio Magrini, Fabrizio Laurenzano, Renato Montagnola, Samuele Magrini, Davide Capraro, Giuseppe Marsala, Francesco Stella, Massimo Lorello, Giorgio Antonetti, Antonino Rasizzi, Edin Sejdovic, Ekrem Ahmetovic (61 anni), Claudio Stella, Anello Tuzi, Davide Di Roma, Paolo Di Prospero, David Adzovic, Orlando Deloriè, Bruno Basso e il moldavo Dorin Sandu.

I rifiuti speciali e urbani, pericolosi e non pericolosi, provenienti da privati, società o ditte individuali prive di iscrizione all’albo dei gestori ambientali, raccolti e trasportati in violazione della normativa sullo smaltimento dei rifiuti, sarebbero stati accettati dal Centro Rottami in assenza della prescritta autorizzazione di legge.

Del Prete – colto, nelle captazioni degli investigatori, a telefonare al Presidente dell’Aira, Associazione Industriali Riciclatori Auto, per chiedere di modificare le regole che consentono solo ai conferitori di rifiuti muniti di documentazione di accedere ai centri rottami come il suo – avrebbe fatto apporre sulla documentazione contabile – fiscale rilasciata per i rifiuti conferiti, la falsa certificazione “EoW” (rifiuto cessato o non rifiuto), mentre invece sarebbero stati rifiuti urbani. Rifiuti ricevuti illecitamente, perché il centro è autorizzato a prendere soltanto quelli speciali.

Del Prete dovrà rispondere anche del reato di “impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita”, perché avrebbe impiegato o trasferito denaro proveniente dall’attività illecita per ostacolare l’identificazione della sua provenienza. Secondo quanto emerso dagli accertamenti, Del Prete avrebbe delegato il figlio, Gennaro Del Prete (omonimo del fondatore del Centro Rottami, suo nonno), amministratore della Genovi srl, ad operare sui conti correnti della Centro rottami, con la richiesta all’istituto di credito dell’emissione di titoli necessari ad acquistare un magazzino in provincia di Terni. Gennaro Del Prete avrebbe emesso assegni per 810mila euro per il pagamento dell’immobile acquistato dalla Genovi srl, di proprietà di Leopoldo Del Prete e della moglie. In corso c’era anche una trattativa per l’acquisto di altri due immobili; anche se in una conversazione captata dagli investigatori si parla addirittura di una trentina di appartamenti, un magazzino a Terni e e l’azienda vinicola denominata “Fontana di Papa” sulla Via Nettunense per la somma di 700.000 euro.

La ditta di Del Prete, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, “è di fatto “aperta” a qualsiasi soggetto che voglia conferire rifiuti, in particolare metallici o comunque con valore economico” e “le sue strutture, sia tecnico-amministrative che finanziarie, sono utilizzate per la gestione di ingenti quantitativi di rifiuti illecitamente conferiti”.

Gli affari di Leopoldo e Gennaro Del Prete, secondo gli inquirenti, non si fermavano esclusivamente allo smaltimento illegale dei rifiuti metallici e dei Raee. I proventi, milioni di euro, in parte venivano reinvestiti per “conquistare nuove fette di mercato anche oltre frontiera, come l’esportazione di alluminio in Ucraina”, attività che aveva permesso alla Centro Rottami srl di aumentare esponenzialmente il proprio fatturato, anche del 90% da un anno all’altro (secondo gli inquirenti incassava 30mila euro al giorno); in altra parte venivano “auto-riciclati” attraverso una società gemella, la Genovi srl, attraverso operazioni immobiliari ritenute false documentate per quasi 1 milione di euro: la Centro Rottami acquistava dalla Genovi srl attraverso assegni circolari intestate ad altre aziende “cedenti”.

Non lieve il quadro dei nomadi residenti nelle baraccopoli di Via di Salone e via Salviati, alla periferia est della Capitale, che avrebbero fatto sparire tonnellate di rifiuti tossici e speciali.
A conferire i rifiuti, infatti, erano “trasportatori” sia italiani sia bosniaci, esponenti di spicco di alcune note famiglie legate ai campi rom capitolini. L’inchiesta parte proprio da una serie di furti avvenuti fra il 2017 e il 2018 presso il centro di raccolta Ama di Mostacciano, a Roma, riconducibili, secondo gli investigatori, al “gruppo criminale facente capo a Zajko Sejdovic”, residente in un insediamento irregolare di via Casilina, che prelevava i rifiuti Raee (in genere elettrodomestici, come frigoriferi e lavatrici). “Si pensi ai roghi tossici nei campi rom – scrive il gip Marino – provocati spesso per ripulire il rame e altri metalli dalle guaine o altro, con conseguente immissioni nell’ambiente di sostanze tossiche come le diossine”. Tra gli arrestati, risultano Dzevad Seferovic e Ekrem Ahmetovic, esponenti del campo di via Salviati, a Tor Sapienza, nel quale da tempo sono usuali roghi e fumi neri.

I rom, nel caso svelato dall’inchiesta della DDA romana, prelevavano nella Capitale rifiuti dai  cassonetti oppure presso negozi ed esercizi commerciali in genere, per poi recarsi nell’insediamento abusivo, diventato una vera e propria discarica (l’entrata è dalla parte di Via Collatina Vecchia), dove separavano i rifiuti, mettendo da parte il materiale più remunerativo come i metalli da conferire.

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