“VIVERE CON L’AUTISMO”, LE SFIDE DELL’ASSOCIAZIONE “SCHIERARSI”

L’associazione “Schierarsi” di Aprilia interviene sul tema dell’autismo, evidenziando la storia di un ragazzo di 19 anni

“In Italia – spiega una nota di “Schierarsi” – non esistono dati certi sui numeri delle persone con autismo, ma si stima che possano essere 600/700mila; negli U.S.A. si parla si 1 persona su 54. Stefano ha 19 anni, non parla e ha bisogno di essere supportato anche a livello farmacologico. Il suo è un autismo severo: spesso esprime il disagio nei confronti della sua difficoltà di comunicazione e di vita attraverso l’aggressività, spesso con la violenza imponendosi dal punto di vista fisico. È un ragazzone alto 1,70 per 85 kg. Stefano ha 19 anni e non è autonomo.

Negli anni il suo autismo è andato regredendo, e, con il passaggio all’età adulta la situazione si è ancor più complicata. La sua frequenza scolastica è stata bloccata proprio a causa di questa sua aggressività: evitare un Tso era prioritario per evitare il peggio! Stefano ha 19 anni ma ha l’età mentale di un bambino di poco più di 4 anni.

La sua terapia farmacologica, che dovrebbe accompagnarlo per tutta la vita non è stata stabilizzata: continua a prendere uno psicotico adatto ad un bambino in età evolutiva. Da un anno non riesce ad essere preso in carico da una struttura pubblica: passare dalla Neuropsichiatria infantile alla Psichiatria adulta è veramente un’impresa ardua.

Dipartimenti di Salute Mentale ormai saturi, senza personale , che ti elemosinare una consulenza farmacologica ( per giunta sbagliata!) e ti indirizzano poi ad una UOC ADULTI provinciale che però non esiste. Quali dovrebbero essere le priorità quando si vive con la disabilità in un territorio dove regna “ il nulla cosmico?”.

“Si parla continuamente di diagnosi precoce, ma il problema è che manca completamente il passo successivo ossia quello della presa in carico delle ASL non solo in età evolutiva ma anche in età adulta. La carenza dei servizi edili personale specializzato la fa da padrone..

La famiglia, una volta ricevuta la diagnosi, deve poter entrare in una rete di servizi che, insieme al proprio figlio/a la ponga al centro, costruendo, mattone dopo mattone un percorso di terapia e di vita che comprende non solo la stessa terapia ma anche la scuola e il tempo libero. Il progetto di vita è fondamentale ma purtroppo nella maggior parte dei casi, rimane solo scritto sulla carta.

L’art.14 della Legge 328 riconosce il diritto al progetto individuale per la realizzazione della piena “ integrazione o meglio Inclusione delle persone disabili “, invece si fanno progetti, spot e nessun investimento in qualcosa di stabile. Stabilizzare un progetto, che deve essere cucito su ogni singola persona, garantirebbe efficacia e unottimizzazione di risorse umane ed economiche.

Ma la carenza di professionisti e risorse non aiuta le famiglie. Ulteriore priorità non meno importante è la qualità e la quantità della formazione degli insegnanti, degli operatori, degli assistenti sociali e , perché no, anche dei professionisti. Occorre essere in grado di analizzare ogni singola persona con i suoi problemi e le sue esigenze per poter estrarre dalla cassetta degli attrezzi gli strumenti più adatti”.

Articolo precedente

RIO MARTINO, VIA MASSARO E PIAZZALE EDISON. ALLE INTERROGAZIONI “RISPOSTE INSODDISFACENTI”. PER IL PORTO È BUIO PESTO

Articolo successivo

“A GONFIE VELE”, ATER SODDISFATTA DEL TAR: “IL 14 MARZO AL VIA IL CONTRATTO PER IL PROGETTO”

Ultime da Politica