SI PENTONO IN DUE NEL CLAN CIARELLI: SVOLTA NELLE INDAGINI ANTIMAFIA

Ferdinando Ciarelli detto "Furt"

Clan Ciarelli: colpo di scena nel mondo della malavita pontina, si pentono uno dei boss della famiglia, Ferdinando “Furt” Ciarelli, e Andrea Pradissitto

A riportare la notizia è Latina Oggi. Secondo il quotidiano, i due avrebbero iniziato a rilasciare dichiarazioni alla Direzione Distrettuale Antimafia da tempo, con la conseguenza che i loro più stretti famigliari sono ad oggi nel programma di protezione.

L’unico della famiglia, invece, a dissociarsi sarebbe stato Roberto Ciarelli, figlio di “Furt” e Rosaria Di Silvio, già noto alle cronache e con un suo peso nell’ambiente della “mala” pur avendo appena 25 anni. Roberto Ciarelli fu “protagonista” del brutale pestaggio del vigilantes al Carrefour del Piccarello e di un altro episodio significativo: in carcere, insieme al ras di Latina Scalo, Gianfranco Mastracci, costrinse un detenuto a cambiare cella in ragione dell’assoggettamento dovuto al suo cognome.

La casa confiscata dei Ciarelli/Di Silvio in Via dei Sabini
La casa dei Ciarelli/Di Silvio in Via dei Sabini è stata confiscata in seguito al processo Caronte. Per oltre 4 anni dal provvedimento è rimasta nella disponibilità di Rosaria Di Silvio, moglie di Ferdinando Furt Ciarelli (condannato in Caronte). È stata necessaria l’ennesima bravata dei figli per mettere in pratica il provvedimento della magistratura

Un cognome che, però, adesso, dopo la svolta clamorosa dovuta alla decisione del padre di collaborare con la giustizia, comincia ad essere destabilizzante.

È presumibile, anzi quasi certo, che sia il 58enne “Furt” che il genero Andrea Pradissito, 31 anni, che ha sposato la figlia del primo, Valentina Ciarelli, abbiano deciso di collaborare con al DDA dopo l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 22 febbraio scorso quando sono stati di nuovo accusati, stavolta con l’aggravante mafiosa, del delitto di Massimiliano Moro. Oltreché a loro, ad essere indagati e arrestati, Simone Grenga, considerato dagli inquirenti l’autore materiale dell’omicidio, e Ferdinando “Macù” Ciarelli.

Leggi anche:
OMICIDIO MORO: ECCO PERCHÈ E COME È STATO IL LATINENSE CHE VOLEVA FAR FUORI I CIARELLI

Il 34enne Grenga ha sposato Valentina Veronica Ciarelli, figlia di un altro boss del Pantanaccio, quel Luigi Ciarelli condannato in primo grado per il maxi-carico di droga arrivato dal Sudamerica a Livorno, e recentemente indagato, per associazione mafiosa, nell’operazione Reset. Il 38enne “Macù”, invece, è figlio del leader dell’intero clan del Pantanaccio, Carmine “Porchettone” Ciarelli, il cosiddetto recuccio del suddetto quartiere.

Da destra Ferdinando Ciarelli, Carmine Ciarelli e Pasquale Ciarelli
Da destra Ferdinando Ciarelli, Carmine Ciarelli e Pasquale Ciarelli

Un “regno” che, ora, rischia di essere definitivamente sotterrato dal fatto che “Furt” è fratello del boss Carmine e al pari suo era considerato un capo. Tutti e due figli del capostipite Antonio Ciarelli, il suo voltafaccia al crimine è dovuto, con tutta probabilità, alla prospettiva di passare chissà quanti altri anni dietro le sbarre. Infatti, sia “Furt” che Pradissitto stanno scontando una condanna durissima, rispettivamente 18 anni e 10 mesi e 14 anni, derivante dal processo Caronte, scaturito, come noto, dalla mattanza di tre omicidi – su tutti quelli di Moro e Fabio “Bistecca” Buonamano – e diverse gambizzazioni dopo gli spari del 25 gennaio 2010 davanti al Bar Sicuranza proprio ai danni di Carmine Ciarelli che si salvò miracolosamente dall’agguato prospettato dalla fazione non rom della mala pontina (Moro, Nardone ecc.). Accusati di nuovo, e di un omicidio mafioso per giunta, significa passare dentro la patrie galere altri anni e anni ancora. Ma se la decisione di un giovane come Pradissitto poteva essere prospettabile, quella di Furt, comunque ancora relativamente giovane (58 anni), rappresenta un vero e proprio spartiacque nel mondo del crimine pontino. A collaborare con la giustizia, infatti, è un boss. E questa è la prima volta nella storia di Latina città: Agostino Riccardo e Renato Pugliese, benché quest’ultimo figlio di un altro boss (Costantino “Cha Cha” Di Silvio), erano affiliati; Maurizio Zuppardo ed Emilio Pietrobono persino personaggi di seconda fila nelle dinamiche del Clan Di Silvio (sponda Gionchetto). Sia Pugliese che Zuppardo, inoltre, hanno avuto un passato come confidente e informatore di Polizia.

Renato Pugliese e Agostino Riccardo
Renato Pugliese e Agostino Riccardo, i collaboratori di giustizia, ex affiliati del clan Di Silvio: le loro dichiarazioni sono state dirimenti per l’operazione eseguita dalla Squadra Mobile di Latina e coordinata dalla DDA di Roma “Alba Pontina” (poi scaturita nel processo omonimo). L’indagine è stata condotta dai pm Spinelli, De Lazzaro e Zuin

Il peso della decisione di Ferdinando “Furt” Ciarelli può essere decisivo e debordante, per di più apripista per altri pentimenti e il definitivo scardinarsi della mala rom a Latina.

COSA POTRANNO RACCONTARE – Ferdinando “Furt” Ciarelli, che ha sposato Rosaria Di Silvio, sorella del boss di Campo Boario Armando “Lallà” Di Silvio, processato a Latina per associazione mafiosa nel noto procedimento “Alba Pontina”, è in carcere da anni, così come il genero Pradissitto. Epperò “Furt” può dettagliare l’escalation del Clan Ciarelli, raccontando sia gli anni ottanta che sopratutto gli anni novanta (quando respinsero l’assalto al mercato della “mala” di un clan legato alla camorra come quello dei Mendico) e gli anni zero, ossia il periodo del consolidamento decisivo con la loro potenza criminale spinta al massimo e il definitivo assoggettamento del territorio. E non possono mancare i loro rapporti con imprenditori, politici, pezzi grossi della società cosiddetta civile e deviati di Stato di cui ci sono tracce e per cui a loro, i Ciarelli, è stato consentito molto se non proprio tutto.

Andrea-Pradissitto
Andrea Pradissitto

Anche Pradissitto potrà ripercorrere la sua ascesa criminale, prima nella batteria di giovani in erba, tra cui il primo collaboratore di giustizia dissociatosi dai clan rom, Renato Pugliese, composta sotto la leadership del defunto Massimiliano Moro. E poi, il passaggio al Clan Ciarelli, tramite il legame sancito dal matrimonio con la figlia di “Furt”, Valentina Ciarelli.

Ma soprattutto, entrambi, almeno inizialmente, avranno dato agli investigatori della Squadra Mobile di Latina gli elementi decisivi per incastrare i colpevoli dell’omicidio di Massimiliano Moro di cui sono accusati e per cui sono stati arrestati a febbraio scorso.

UNA STORIA CHE STA FINENDO – Crolla un mondo con il pentimento di un boss come Ferdinando Ciarelli detto “Furt”, uomo capace di unire due clan, Ciarelli e Di Silvio, e talmente rispettato da poter partecipare alle intimidazioni, con tanto di spari, sotto la casa dell’ormai defunta Velia Casamoneco, nonna dei fratelli Travali e sorella del “re di Roma” Vittorio Casaomonica, quando una delle figlie di suo cognato “Lallà”, Sara Genoveffa, fece una fuitina con uno dei fratelli dei suddetti Travali, Alessandro Anzovino, considerato un “tossico” e per questo non all’altezza di stare con la figlia di un boss.

E pensare, inoltre, che a inizio giugno, quando Latina Tu diede la notizia della morte del padre anagrafico e criminale dei fratelli Travali, Giuseppe Travali detto “Peppone”, la moglie di Simone Grenga, nonché figlia di uno dei fratelli di “Furt”, Luigi Ciarelli, ossia Valentina Veronica Ciarelli, scrisse su Facebook in riferimento all’articolo: “Non vi smentite mai, fate solo pena non lasciate neanche riposare in pace le persone…vergognatevi di quello che scrivete: prima si diceva siete più falsi dei cinesi oggi si dice siete più falsi di Renato Pugliese e Agostino Riccardo!“.

Chissà se adesso quegli epiteti saranno rivolti anche verso suo zio e il compagno della cugina.

Articolo precedente

OMICIDIO DESIRÉE MARIOTTINI: 2 ERGASTOLI, TUTTI CONDANNATI. UNO DEI 4 FUORI DAL CARCERE

Articolo successivo

PRIVERNO: TROVATO CON HASHISH, MARIJUANA E XANAX. DENUNCIATO MINORENNE

Ultime da Cronaca