PUROSANGUE, PROSEGUE IL PROCESSO IN ABBREVIATO: ASCOLTATA UNA TESTIMONE

Operazione Purosague: nel procedimento che si svolge con rito abbreviato, sono arrivate le richieste di condanna

A marzo, nell’udienza che si svolge davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Rosalba Liso, furono accolte le parti civili: Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”. A finire davanti al Gup capitolino, sette imputati che hanno scelto il rito abbreviatoRoberto Ciarelli, il 26enne figlio di Ferdinando “Furt” Ciarelli (numero del clan del Pantanaccio), e la madre Rosaria Di Silvio (sorella dell’altro capo dei Di Silvio, Armando detto “Lallà); Maria Grazia Di Silvio e la figlia Valentina Travali; il 35enne Francesco Iannarilli; infine Costantino Di Silvio detto “Patatone” e Gianluca Di Silvio, uno dei figli del boss Armando detto “Lallà”, già condannato con sentenza passata in giudicato per associazione mafiosa nel processo “Alba Pontina.

Nel processo con rito ordinario, invece, che è iniziato lo scorso 11 gennaio presso il Tribunale di Latina, sono nove gi imputati: si tratta di Manuel Agresti, Carmine “Porchettone” Ciarelli, Antoniogiorgio Ciarelli, Ferdinando “Furt” Ciarelli, il 25enne Ferdinando Ciarelli, Ferdinando Ciarelli detto “Macu”, Pasquale Ciarelli e Rosaria Di Silvio.

Per quanto riguarda il rito abbreviato ci sono posizioni diverse: se Ciarelli junior, già noto a cronache e forze dell’ordine, recentemente condannato nel processo scaturito dall’operazione “I Pubblicani”, è naturalmente considerato un affiliato al clan omonimo, “Graziella” Di Silvio e Valentina Travali sono riconducibili al sodalizio capeggiato dai fratelli Angelo e Salvatore Travali. Iannarilli, invece, deve rispondere di un’estorsione con l’aggravante mafiosa commessa in concorso con il medesimo Roberto Ciarelli, Matteo Ciaravino e Andrea Pradissitto, cognato del suddetto Roberto Ciarelli, oramai ex affiliato al clan e collaboratore di giustizia. Peraltro, Ciarelli junior si è dissociato pubblicamente dalla collaborazione con lo Stato da parte di Pradissitto, la cui moglie Valentina Ciarelli è entrata nel programma di protezione.

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Iannarilli è accusato di aver minacciato nel carcere di Latina a fini estorsivi l’avvocato di Latina coinvolto nei processi “Arpalo” e “Arpalo 2” e un tempo molto vicino all’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta.

Per quanto riguarda Roberto Ciarelli, oltreché a questo capo d’imputazione, deve rispondere di un’altra estorsione mafiosa nei confronti di un ulteriore avvocato di Latina a cui non voleva pagare l’affitto di casa. “Ti devi mangiare il cazzo, ci devi lasciar perdere stronzo, c’hai 70 anni domani muori“, queste le frasi che Ciarelli junior avrebbe proferito nei confronti del legale, peraltro marito di una nota esponente politica del capoluogo (leggi al link di seguito). E, inoltre, il rampollo del clan è chiamato a difendersi anche dall’accusa di minaccia mafiosa nei confronti di un giovane, responsabile di aver parcheggiato l’auto dove non avrebbe dovuto in zona pub a Latina e, in seguito, destinatario di intimidazioni: ossia una promessa di dar fuoco al suo locale. Ancora, lo stesso 26enne è accusato di altre violenze tra la zona pub e altri ambiti, come ad esempio quella di aver costretto l’attuale collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo a riparargli una tenda per un locale della zona Pub che pagava il pizzo al medesimo Roberto Ciarelli.

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Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali sono giudicate per aver tentato di estorcere la compagna di un carcerato a sua volta intimidito da Carmine Ciarelli detto Porchettone (capo dell’omonimo clan) e dal figlio Pasquale Ciarelli. Per loro due, la difesa ha chiesto il rito abbreviato condizionato all’ascolto di due testimoni, solo una dei quali è stato ammesso. Quest’ultima è stato ascoltata nella giornata di oggi, 2 maggio: si tratta della madre di una delle parti offese che, con la sua deposizione, ha escluso il coinvolgimento di entrambe le donne: Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali.

Gianluca Di Silvio deve rispondere di una estorsione ai danni di un uomo di Latina, commessa nel 2013, e di aver portato fuori dalla sua abitazione un’arma da sparo. Tutti reati aggravati dal 416 bis, essendo lui considerato parte dell’associazione mafiosa retta dal padre “Lallà”, e commessi in concorso con il fratello deceduto Samuele Di Silvio e Matteo Ciaravino (processato col rito ordinario a Latina). Infine, Costantino Di Silvio detto “Patatone”, in carcere per il delitto di Fabio Buonamano detto “Bistecca”, avvenuto nel 2010 nell’ambito della guerra criminale pontina, è accusato di aver estorto, nel 2013, con l’aggravante mafiosa, lo stesso uomo di Latina, finito nelle grinfie di Gianluca Di Silvio, al quale avrebbe detto “ti brucio il negozio se non mi dai 30mila euro…te porto alla stalla a torturarti…tu c’hai da perde”.

Il prossimo 8 giugno è prevista la requisitoria del Pm della Procura/DDA di Roma, Luigia Spinelli, che renderà note le richieste di condanna a carico dei sette imputati.

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