PROCESSO KARIBU, DIFESA CHIEDE ESCLUSIONE DI LAVORATORI E SINDACATI. OLTRE 3 MILIONI I DEBITI CON LO STATO

Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo
Liliane Murekatete e Marie Therese Mukamitsindo

Caso Karibu-Aid: è iniziato il processo per elusione fiscale a carico di suocera e moglie del deputato ex Alleanza Verdi-Sinistra Aboubakar Soumahoro

Non potevano mancare le telecamere e i cronisti, fuori dal Tribunale di Latina, per la prima udienza che si è svolta stamani, 24 gennaio, davanti al giudice monocratico Simona Sergio. Il processo è quello che, contestando l’elusione/evasione fiscale, vede sul banco degli imputati la fondatrice della cooperativa Karibu, Marie Therese Mukamitsindo, i figli, Liliane Murekatete, moglie del deputato Aboubakar Soumahoro, e Michel Rukundo, più la ex collaboratrice della coop, Ghislaine Ada Ndongo. Tranne Murekatete, erano tutti e tre presenti in aula, alla presenza degli avvocati difensori Lorenzo Borrè e Francesca Roccato, del Pubblico Ministero, Andrea D’Angeli, e degli avvocati di parte civile Giulio Mastrobattista, Atina Agresti e Michele Calleri. Presente in aula anche il segretario di Uiltucs Latina, Gianfranco Cartisano.

Come noto, il destino giudiziario per altri due imputati del processo, Richard Mutangana e Christine Ndyanabo Koburangyira, sarà stabilito in primavera. Per entrambi il giudice per l’udienza preliminare Pierpaolo Bortone, lo scorso dicembre, dopo aver rinviato tutti a giudizio, ha disposto una udienza stralcio, il prossimo 26 aprile, sempre davanti al giudice Simona Sergio. I due imputati, infatti, sono al momento irreperibili e l’udienza servirà a verificare se nel frattempo siano stato raggiungi dalle notifiche.

Ad essere contestati, come detto, l’evasione fiscale e i reati tributari in merito alla gestione della cooperativa e dei suoi satelliti, su tutti il Consorzio Aid e Jumbo Africa, considerata dalla magistratura un vero e proprio veicolo per far arrivare i soldi in Ruanda e altri paesi esteri. Tutti devono rispondere dei reati fiscali: dall’evasione alle fatture false.

L’udienza odierna ha visto darsi battaglia gli avvocati difensori e quelli delle parti civili sulla costituzione di quest’ultime nel processo. Il Giudice per l’udienza preliminare Bortone, con un’ordinanza di dieci pagine, aveva già accolto la costituzione di parte civile da parte dei lavoratori della cooperativa Karibu e del consorzio Aid (trenta persone in tutto) e anche quella del sindacato che difende i loro interessi, quelli di operatori non pagati o addirittura mai pagati: la Uiltucs Latina del segretario Gianfranco Cartisano. Parti civili anche i commissari liquidatori di coop Karibu, Francesco Cappello, e consorzio Aid, Jacopo Marzetti, nominati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy negli scorsi mesi. Dopo i sequestri derivanti dalla prima inchiesta, gli ispettori del ministero di Adolfo Urso hanno proposto l’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa in quanto hanno ravvisato l’ipotesi di insolvenza delle società avendo maturato debiti in particolare verso l’erario: oltre 3 milioni di euro con l’Agenzia delle Entrate. I lavoratori, invece, chiedono come parti civili 30 mila euro a testa, mentre il sindacato Uiltucs Latina ha fatto richiesta per 100mila euro.

Gli avvocati difensori Borrè e Roccato hanno di nuovo eccepito, così come in udienza preliminare, sull’ammissibilità delle parti civili. La tesi è che i danni risarcibili sono sono quelli derivanti da condotta diretta, mentre, in questo caso, il reato dell’elusione fiscale derivante da fatture false non sarebbe andato a discapito dei lavoratori, bensì ed esclusivamente dell’Agenzia delle Entrate la quale, però, non si è costituita parte civile. Per la difesa la costituzione di parte civile, hanno motivato gli avvocati difensori, citando la sentenza di Cassazione numero 18481 del 2023 e la legge Cartavia, deve avere correlazione tra capo di imputazione e eventuale danno, oltreché alla contestualizzazione temporale dei fatti.

In sostanza, secondo al difesa degli imputati, non c’è nesso diretto tra il fatto che le cooperative non pagavano le tasse e l’erario, e la circostanza per cui non venivano corrisposti gli stipendi ai lavoratori. Il danno morale e patrimoniale, inoltre, sarebbe solo futuribile anche per la stessa coop Karibu, ormai in liquidazione. Nessun legame, quindi, tra gli stipendi che non hanno percepito i lavoratori e le condotte contestate agli imputati che eludevano le tasse (Irap e Ires). Alla stessa maniera, per la difesa, non è legittimato neanche il sindacato che per la difesa non ha subito alcun danno. Tutto il collegio difensivo, quindi, ha chiesto al giudice Sergio di escludere dal processo le parti civili.

Il Pm D’Angeli si è rimesso al giudizio del Tribunale, mentre l’avvocato di parte civile, Giulio Mastrobattista, ha considerato le eccezioni della difesa assolutamente pletoriche, poiché già dibattute in udienza preliminare: “Sentire dire che non vi è stato danno morale – ha spiegato il legale – crea l’orticaria, ma basta richiamare l’articolo 36 della Costituzione (nda: Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge)”.

Inoltre, secondo il legale, a cui si sono associati gli altri avvocati di parte civile, l’evasione fiscale inficiava evidentemente sul pagamento degli stipendi dei lavoratori, oltreché al fatto che il sindacato è sì legittimato perché ha assistito i lavoratori sia per questo procedimento che per l’altro che contesta truffa e frode fiscale, la cui inchiesta è stata chiusa sempre a dicembre scorso. “È grazie al sindacato Uiltucs – ha detto l’avvocato Mastrobattista – che sono nate le due inchieste”.

Il giudice Sergio si è riservata sulle eccezioni preliminari e ha fissato un mini calendario per le prossime udienza. Il 23 aprile, verranno ascoltato un poliziotti e due militari della Guardia di Finanza che hanno condotto le indagini; fissate anche altre due date per un processo che potrebbe essere spedito: 28 maggio e 27 novembre.

Per quanto riguarda l’altra indagine che contesta alla stessa Marie Therese Mukamitsindo e ai figli Liliane Murekatete e Michel Rukundo frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e auto-riciclaggio (indagati anche i figli Richard Mutangana e Aline Mutesi), a fine novembre il Riesame aveva respinto i ricorsi che chiedevano l’annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare per Mukamitsindo, Murekatete e Rukundo, con le prime due ai domiciliari e il terzo destinatario della misura dell’obbligo di dimora nella provincia piemontese dove attualmente risiede.

LE TAPPE VERSO IL PROCESSO PER EVASIONE FISCALE – La vicenda giudiziaria è molto articolata. A febbraio 2022, un passaggio giudiziario aveva lasciato presagire di come le indagini condotte dalla sezione della polizia giudiziaria della Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza di Latina, con il coordinamento dei sostituti procuratori Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli, fossero solide o comunque avessero tenuto anche di fronte ai ricorsi degli indagati. Tanto è che l’udienza preliminare odierna è stata poi fissata a giugno scorso.

Il Tribunale del Riesame di Roma, infatti, aveva respinto il secondo ricorso presentato da Marie Therese Mukamitsindo e dal figlio Michel Rukundo che chiedevano la revoca dell’interdizione di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare imprese e uffici direttivi di persone giuridiche, per la durata di 1 anno. La misura, disposta dalla Procura di Latina, che contesta a madre e figlio l’evasione fiscale, ha previsto anche un sequestro da oltre 650mila euro, di cui 639.455,28 euro nei confronti di Muakmitsindo e il rimanente a carico di Rukundo e dell’altra figlia Liliane Murekatete, compagna del deputato del Gruppo Misto, Aboubakar Soumahoro.

A gennaio 2023, il collegio dei giudici del Riesame di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, aveva respinto invece i ricorsi presentati dalla fondatrice della coop Karibu, Marie Therese Mukamitsindo, e dal figlio Michel Rukundo, assistiti dagli avvocati Luca Marafioti e Fabio Pignataro.

Mukamitsindo e il figlio Rukundo chiedevano la revoca dell’altra misura disposta dal Giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Molfese, cioè quella in riferimento ai sequestri.

Il Riesame con il secondo provvedimento piuttosto netto aveva respinto il ricorso contro l’interdizione a operare con la pubblica amministrazione, presentato dagli stessi avvocati Marafioti e Pignataro. Nel motivare il rigetto del ricorso, i giudici del Tribunale di Roma avevano evidenziato un quadro non proprio a favore di madre e figlio, stigmatizzando la gestione dei fondi pubblici ottenuti grazie alla cooperativa Karibu e ai suoi satelliti: “un sistema fraudolento” con cui la coop avrebbe sottratto “importi significativi all’imposizione fiscale“.

“La personalità” dei due ricorrenti “oltre a essere indicativa di una certa spregiudicatezza, si inserisce in un sistema connotato da rilevanti opacità nella gestione degli ingenti fondi assegnati alla cooperativa sociale e agli altri enti coinvolti“. Fondi, peraltro, che secondo il Riesame, sono stati utilizzati per scopi difformi dalla ragione per cui venivano erogati come, ad esempio, un acquisto di beni di lusso la negozio romano del marchio “Ferragamo”, nonché destinati all’estero in circostanze non chiarite.

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