‘NDRANGHETA, OPERAZIONE TRITONE TRA ANZIO E NETTUNO: IN 66 RISCHIANO IL PROCESSO

La Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ha concluso le indagini sulla ‘ndrina trapiantata sul litorale di Anzio e Nettuno

La DDA ha messo un punto sulla maxi indagine che, a febbraio scorso, ha portato all’esecuzione di 65 arresti nei confronti dei soggetti legati alla ‘ndrangheta, da tempo di stanza tra Anzio e Nettuno. L’inchiesta, coordinata dai procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e dai sostituti Giovanni Musarò e Francesco Minisci, raggiunse il suo culmine 8 mesi quando a finire arrestati nell’operazione “Tritone” dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma, con l’ausilio dei Comandi Provinciale di Reggio Calabria, Latina, Rieti, Viterbo e dello Squadrone “Cacciatori Calabria”, furono in 65 persone (39 in carcere e 26 agli arresti domiciliari) gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata at traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso.

Ai vertici di ben due sodalizi legati alla ‘ndrangheta di Santa Cristina d’Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle in provincia di Catanzaro, secondo l’ipotesi della magistratura, sono Giacomo Madaffari, Bruno Gallace e Davide Perronace.

Gli scopi della locale tra Anzio e Nettuno erano molteplici: acquisire la gestione e/o il controllo di attività economiche nei più svariati settori (ad esempio ittico, della panificazione, della gestione e smaltimento dei rifiuti, del movimento terra); commettere delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuatecontro la pubblica amministrazione e in materia di armi e stupefacenti; affermare il controllo egemonico sul territorio, realizzato anche attraverso accordi con organizzazioni criminose omologhe e mediante infiltrazioni nelle amministrazioni comunali; infine, di procurarsi ingiuste utilità.

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L’avviso di conclusione indagini è stato destinato a ben 66 coinvolti nell’inchiesta Antimafia. Ora, come da norme, avranno venti giorni di tempo per presentare memorie o chiedere di essere interrogati, dopodiché potrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio e il conseguente processo.

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