ALBA PONTINA, DIFESA DI LALLÀ: “RICCARDO È PAZZO”. PM E PARTI CIVILI RIBADISCONO: “DI SILVIO UN CLAN MAFIOSO”

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Alba Pontina: oggi udienza fiume in Tribunale presso la Corte d’Assise, il processo per mafia a carico del Clan Di Silvio alle battute finali

Dapprincipio, il Tribunale ha rigettato la richiesta avanzata dal collegio difensivo di ascoltare di nuovo il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo. La difesa, infatti, chiedeva una nuova audizione in merito a due circostanze: la prima riferibile alla supposta inattendibilità del pentito rispetto ad un episodio emerso in un processo per un omicidio di camorra. Riccardo si sarebbe accordato con un altro pentito per risultare più credibile. Una richiesta che il Pm Luigia Spinelli ha respinto ribadendo che anche in quel processo, in terra campana, Agostino Riccardo risulta attendibile. La seconda circostanza è riconducibile all’episodio che ha visto Riccardo, nel 2019, di nuovo arrestato per maltrattamenti nei confronti dell’ex compagna, per una storia che ha coinvolto anche un poliziotto, in seguito sospeso dal servizio e sospettato di avere avuto una relazione con la suddetta compagna del pentito.

Armando Lallà Di Silvio
Armando Lallà Di Silvio

Il Tribunale, presieduto dal Gianluca Soana, ha rigettato la richiesta dal momento che entrambe le vicende non sono all’oggetto dei fatti trattati nel processo “Alba Pontina”.

Archiviata la questione, in seguito alla sostituzione di un componente del collegio giudicante i Pm Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro hanno riproposto in Aula una requisitoria bis dei fatti di “Alba Pontina”, in formato ridotto rispetto alla scorsa udienza (durò circa nove ore), partendo dall’excursus criminale dei clan rom della città di Latina e ripercorrendo tutti i passaggi essenziali della criminalità di marca sinti che ha portato al processo odierno.

A chiusura della requisitoria-bis, il Pm De Lazzaro ha ribadito le richieste di condanna, correggendo su un errore materiale trovato nei verbali dell’udienza precedente. Come noto, gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, violenza privata, riciclaggio e reati elettorali.

Per Armando Di Silvio la Procura ha chiesto l’assoluzione per l’estorsione madre ai danni del ristoratore di Sermoneta Scalo e la riqualificazione per un altro capo che diventa tentata estorsione: in tutto rimane la proposta alla Corte per 25 anni di reclusione. 15 anni sono stati chiesti per il genero di “Lallà”, Federico Arcieri, con le attenuanti generiche. Cade l’associazione mafiosa per la moglie di Armando, Sabina De Rosa, la figlia Sara Genoveffa, e le nuore Angela Di Silvio e Francesca De Rosa: per loro rispettivamente chiesti 15 anni per la prima e 11 anni per le ultime tre. Infine, per Giulia Di Silvio chiesti sei anni e 50mila euro di multa, mentre per Tiziano Cesari 6 anni e 6mila euro.

Le donne del Clan Di Silvio arrestate nell'operazione Alba Pontina
Le donne del Clan Di Silvio arrestate nell’operazione Alba Pontina. Tra di loro anche Angela e Sara Genoveffa, ora nei guai per aver chiesto il reddito di cittadinanza da ristrette ai domiciliari

A parlare, dopo i sostituti procuratori De Lazzaro e Spinelli, le tre parti civili: Regione Lazio rappresentata dall’avvocato Carlo D’Amata, Comune di Latina dall’avvocato Francesco Cavalcanti e Associazione Caponnetto dall’avvocato Licia D’Amico. Particolarmente efficace l’intervento dell’avvocato del Comune Francesco Cavalcanti che ha insistito sulla pervasività del Clan Di Silvio in un contesto mafioso relativamente piccolo come quello di Latina. L’avvocato Cavalcanti ha ricordato anche un episodio sconcertante di una vittima ascoltata in Aula nel corso del processo quando il Clan non si fermò neanche di fronte alla malattia della madre della persona estorta.

Dopo le parti civili, è toccato agli avvocati del collegio difensivo: ascoltati, con le loro arringhe, Emiliano Vitelli, Emanuele Farelli e Oreste Palmieri difensore del boss Armando Di Silvio detto Lallà.

Non ha lesinato critiche, l’avvocato Palmieri, all’attuale Sindaco di Latina che si costituisce parte civile e che si autoproclama argine alla criminalità, sostituendosi alla magistratura. Curioso l’episodio (già noto) che l’avvocato Palmieri ha ricordato in Aula: si riferiva alla circostanza, captata dalle intercettazioni della Squadra Mobile di Latina che ha condotto le indagini di “Alba Pontina, in cui il figlio di Armando, Gianluca Di Silvio (già condannato per associazione mafiosa in due gradi di giudizio nei processi che si sono celebrati a Roma) parla con un interlocutore ammettendo di avere votato nel 2016 Damiano Coletta come Sindaco e di essersene subito dopo pentito.
Durante la conversazione, come ha rammentato in aula l’avvocato Palmieri, Gianluca Di Silvio dice all’interlocutore di aver votato Coletta perché era il padre ad averglielo suggerito “per provare uno nuovo”. Ecco, secondo il ragionamento dell’avvocato, Coletta si costituisce parte civile nei confronti di qualcuno che l’ha votato.

Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

Eppoi, su Agostino Riccardo e, in secondo luogo, su Renato Pugliese, le maggiori bordate. Per l’avvocato “Riccardo è pazzo“, un attore chiamato alla bisogna in svariati processi, che si è immedesimato a tal punto nel suo ruolo da collaboratore da spingersi a confermare realtà senza averle vissute. “Ludopatico, drogato, ma non stupido” – ha detto l’avvocato in aula.
Per l’avvocato Palmieri, la ragione del pentimento dei due collaboratori di giustizia è ascritta nella paura di rimanere in carcere, dopo avere turlupinato, per i carichi di droga rubati, clan feroci e criminali come quello dei Gallace o dei Moccia, o personaggi di peso nel crimine pontino come Giuseppe D’Alterio detto ‘O Marocchino. Deprecabile, infine, che ad accusare il suo assistito sia uno come Riccardo “che ha picchiato la compagna”. Per l’avvocato Palmieri il suo assistito Armando Di Silvio non lo farebbe mai perché è “un uomo d’onore, di rispetto“.

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