PROCESSO SCHEGGIA, RICCARDO CONFERMA I RAPPORTI CON CETRONE. E SPUNTANO NOMI DI COMMERCIALISTI

Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

Processo Scheggia, a testimoniare in Aula il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo che conferma: “Curammo la campagna elettorale di Gina Cetrone”

Ad apertura del dibattimento odierno, il Collegio del Tribunale di Latina presieduto dalla Presidente Caterina Chiaravalloti ha accolto la richiesta dell’avvocato di Gina Cetrone, Lorenzo Magnarelli, in merito all’audizione in aula degli operatori di Polizia che, a giugno 2016, avrebbero pedinato Agostino Riccardo per tutelare l’imputata nonché ex consigliera regionale del Pdl. Acquisita, anche, come richiesto dai Pm Luigia Spinelli e Corrado Fasanelli nella scorsa udienza, la sentenza definitiva di Don’t Touch e le sentenze di Cassazione su Agostino Riccardo e Reanto Pugliese in merito al loro processo “stralcio” derivante da “Alba Pontina”.

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Come noto, il processo Scheggia vede sul banco degli imputati per estorsione, atti di illecita concorrenza, violenza privata, più gli illeciti connessi alle amministrative di Terracina 2016, tutti aggravati dal metodo mafioso, Gina Cetrone, l’ex marito Umberto Pagliaroli, e i tre Di Silvio – Armando detto Lallà e i figli Gianluca e Samuele. Più, per l’appunto, l’attuale collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

Ed è proprio Riccardo che oggi ha testimoniato in Aula, interrogato dal Pm Luigia Spinelli che ha scandagliato diffusamente tutti gli elementi raccolti in merito alla campagna elettorale per le Comunali di Terracina 2016 più l’estorsione contestata ai danni di un imprenditore di Pescara.

L’ex affiliato al Clan Travali e, a causa degli arresti dovuti all’operazione Don’t Touch, diventato fedele al Clan Di Silvio di Campo Boario, ha ripercorso le fasi della campagna elettorale, gli accordi presi a monte con Gina Cetrone e Umberto Pagliaroli e il meccanismo messo in atto per far sì che l’allora candidata al Consiglio Comunale di Terracina potesse avere il maggior spazio possibile.

Gina Cetrone
Gina Cetrone

La sua organizzazione, quella dei Di Silvio, ha detto Riccardo, garantiva un vero e proprio pacchetto: affissione dei manifesti, visualizzazione di quest’ultimi e compravendita voti. I proventi illeciti erano divisi tra la banda tramite la “stecca para per tutti“. Nelle premesse di inquadramento della vicenda, il Pm Spinelli ha chiesto a Riccardo di raccontare chi fosse nella sua precedente vita criminale e il latinense ha spiegato la sua affiliazione, ormai nota, aggiungendo alcuni elementi che finora non erano emersi. È stata, infatti, la Presidente del Tribunale Caterina Chiaravalloti a chiedere di scendere nello specifico quando Riccardo ha ricordato che lui era addetto alle estorsioni in casa Lallà, poiché aveva rapporti con “commercialisti e colletti bianchi”.

Conoscevo i commercialisti Alessandrini e Fontenova, gli altri nomi ora mi sfuggono“. Il cognome di Fontenova, di cui Riccardo non ha rammentato il nome di battesimo, rimanda a un commercialista noto di Latina peraltro in rapporti con Luciano Iannotta, con il quale sono stati rinviati a giudizio, nel marzo scorso, con l’accusa di bancarotta fraudolenta ai danni della Ferrocem Prefabbricati srl, società coinvolta in una delle operazioni di compravendita del Palazzo del Vescovo, l’immobile di via Mameli a Latina. Il nome di Fontenova (non indagato), inoltre, rientra anche nelle intercettazioni sfociate nell’inchiesta e poi processo “Dirty Glass” (vedi link di seguito) che inizierà presso il Tribunale di Latina il prossimo 1 luglio.

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E i colletti bianchi? Agostino, rispondendo alla Presidente Chiaravalloti, ha fatto il nome di Davide Lemma, Pasquale Maietta (“avevo rapportissimi con lui, ho fatto anche estorsioni”), Gina Cetrone, Umberto Pagliaroli, Michele Nasso e Raffaele Del Prete.

Per quanto riguarda Cetrone, Riccardo ha ribadito di averla conosciuta tramite l’ex Sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi che gliela presentò poco prima delle elezioni regionali del 2013: “Ci disse che era una persona di fiducia e che dovevamo farle campagna elettorale“. All’epoca Riccardo era affiliato al Clan Travali, tanto è che il collaboratore di giustizia ha dettagliato l’incontro avuto con Cetrone, via Di Giorgi: “Eravamo presenti io, Francesco Viola e Giancarlo Alessandrini“. Tutti uomini di fiducia dei Travali.

Riccardo ha specificato che Cetrone, per quella campagna elettorale del 2013 (non oggetto del processo Scheggia), avrebbe firmato loro due assegni del Monte Paschi di Siena per un totale di 80mila euro. In cambio, i voti della curva del Latina Calcio: preferenze che, secondo quanto detto e ribadito dal pentito, sarebbero poi andati non più a Cetrone ma all’attuale senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, allora in corsa per le Regionali del Lazio, per ordine di Pasquale Maietta “perché c’erano stati dei tradimenti politici tra di loro“. Una circostanza già emersa in passato.

Secondo Riccardo, il rapporto, però, proseguì per la campagna elettorale 2016 per il comunali di Terracina (oggetto del processo). Non prima che i Di Silvio respinsero con modi spicci ciò che rimaneva del Clan Travali i quali avrebbe voluto fare per Gina Cetrone la campagna elettorale: “Vera Travali (ndr: moglie di Francesco Viola e sorella di Angelo e Salvatore) messaggiava Cetrone offrendole di fare campagna elettorale“. Respinto anche il tentativo di Sabatino Morelli, affiliato al Clan Travali.

L’ex consigliera del Pdl avrebbe dato per Terracina 2016 soldi in contanti e in cambiali intestaste a Pagliaroli: 5mila euro per visualizzare, 7mila per la compravendita e altri 10mila euro, più altri 2 o 3mila euro.
Cetrone ci disse che si doveva vedere solo lei“. E loro eseguivano attaccando i manifesti dopo mezzanotte e riempiendo sia i bandoni che qualsiasi altro posto – dai lampioni della luce alla cabine telefoniche – “tanto – ha detto Riccardo – le multe non le pagava“.

A fare campagna elettorale per Cetrone, con i manifesti “selvaggi”, c’erano Riccardo, Gianluca e Samuele Di Silvio, Renato Pugliese, i fratelli Sicignano e Marco Mauti. Accordo cementato da Armando “Lallà” Di Silvio che si sarebbe recato di persona negli uffici a Terracina di Pagliaroli e Cetrone. Quando entrarono in rotta di collisione con Gianluca D’Amico e Matteo Lombardi, che affiggevano manifesti per Gianni D’Amico, candidato consigliere comunale per Corradini Sindaco, i Di Silvio, tramite Riccardo, contattarono il capozona a Terracina, ossia il rampollo dei Licciardi, Genny Marano, tramite l’ex candidato consigliere a Terracina (sia nel 2016 che nel 2021) nonché titolare di un’agenzia per bodyguard, Francesco “Ciccio” La Magna (coinvolto nell’inchiesta sul Clan Travali denominata Reset), così da trovare un accordo. Un accordo che fu raggiunto come ha poi ammesso, sempre quest’oggi, Gianluca D’Amico, interrogato dopo la testimonianza di Riccardo.

I due gruppi – Riccardo da una parte e D’Amico e Lombardi dall’altra – si videro per acquietare le divergenze sulla Pontina all’altezza di una pompa di benzina, allorché, poi, furono identificati da agenti di Polizia alle calcagna di Riccardo, all’epoca sorvegliato speciale. È sempre D’Amico ad aver confermato l’episodio. Il giovane di Terracina ha raccontato di quando a La Fiora vide i manifesti del padre strappati via dai bandoni e di come, una volta rivoltosi a Riccardo per spiegazioni, quest’ultimo gli disse che “loro erano gli zingari di Latina e che comandavano loro…altrimenti qui scoppia la terza guerra mondiale”. È D’Amico, oggi, ad avere spiegato che, in seguito, ha ceduto e si è messo d’accordo per i manifesti elettorali (su cinque spazi – ha spiegato come esempio D’Amico – tre andavano a Cetrone e due a D’Amico) perché ricercando su Internet il nome di Riccardo aveva capito la caratura criminale del tipo. Meglio non mettercisi contro. “Non attaccate su Gina Cetrone, altrimenti gli sparavamo” – ha detto in aula Riccardo. Un messaggio piuttosto eloquente.

Gianluca Di Silvio
Gianluca Di Silvio, uno dei figli di Armando detto Lallà e fratello di Pupetto e Samuele

Mi ero informato su chi fossero questi personaggi – ha detto D’Amico – così scelsi la strada del compromesso. Era palese – dopo lo scontro verbale avuto con Riccardo a La Fiora – che la campagna elettorale di Cetrone era sostenuta dagli zingari di Latina“.

Confermato da Agostino anche l’episodio in cui lui, Gianluca e Samuele Di Silvio andarono a prendere il sindaco di Sperlonga Armando Cusanilo andammo a prendere sulla Flacca” per condurlo a un evento elettorale di Cetrone a La Fiora.

Sul versante dell’estorsione all’imprenditore di Pescara, Riccardo ha confermato l’episodio aggiungendo che per Cetrone “facemmo altre due estorsioni che qui non ci sono contestate“. Secondo la ricostruzione di Riccardo, lui e i Di Silvio furono chiamati da Pagliaroli e in seguito Cetrone spiegò loro che l’imprenditore “era debitore di 60mila euro per una fornitura di vetro“. Si recarono a casa della madre di Cetrone, in località Capocroce (Sonnino), dove Cetrone e Pagliaroli chiarirono loro che questo imprenditore era indietro con i pagamenti e che avrebbero dovuto essere decisi. Fu così, secondo Riccardo, che parcheggiarono la loro Lancia grigia dietro l’auto dell’imprenditore una volta che questo era giunto a casa della madre di Cetrone e lì lo fu intimidito.
Sto pezzo di merda – ha detto Riccardo in riferimento alle parole che avrebbe detto loro Cetrone – appena arriva minacciatelo“. “L’imprenditore mi disse – ha spiegato Riccardo – che era stato un calciatore. Era un uomo altro un metro e novanta. Aveva paura e disse che pagando i soldi che gli chiedevano lo avrebbero rovinato“.

Il giorno dopo, Riccardo e i Di Silvio (Samuele e Gianluca), con il beneplacito di Lallà, andarono a Pescara dall’imprenditore insieme a Pagliaroli. Si videro in una piazza dove c’era una banca. È lì che l’imprenditore fece un bonifico a Cetrone da 15, 20mila euro. A Riccardo, Gianluca e Samuele Di Silvio – ha raccontato il pentito – l’imprenditore diede 1500 euro.

Pagliaroli, Riccardo e i due Di Silvio mangiarono a Pescara in attesa che Cetrone desse loro il via libera accordato solo dopo che il bonifico fu ricevuto. Al ritorno a Terracina, ha detto Riccardo, “Cetrone ci diede mille euro a ciascuno di noi tre, ringraziandoci per quello che avevamo fatto“.

Alla fine dell’udienza, Gina Cetrone ha dichiarato che quanto rappresentato da Riccardo è totalmente infondato, avendo lei stessa messo a disposizione elementi a favore della Procura. Elementi che – secondo l’ex consigliera regionale – erano all’interno del computer sequestrato dalla Procura medesima.

La prossima udienza del processo Scheggia verrà celebrata il 7 settembre, a partire dalle ore 12,30. A interrogare Agostino Riccardo sarà il collegio difensivo in seno al contro-esame.

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