“IL TEMPIO”, I LEPINI DELLA DROGA: I VIAGGI AL PARCO VERDE PER PRENDERE IL “SUPERGIGGIONE”

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LEPINI DROGA

Tra Roccagorga, Sezze, Priverno e la Ciociaria la rete dello spaccio: nell’operazione “Il Tempio” l’ipotesi non confermata dal Gip dei soldi della droga riciclati nel ristorante e nella società di uno degli indagati. I viaggi a Caivano e Roma per il reperimento dello stupefacente e quelli ad Amsterdam per modificare l’auto così da occultare la “merce”

L’operazione “Il Tempio”, eseguita dalla Squadra Mobile di Latina diretta dal Vice Questore aggiunto Giuseppe Pontecorvo, con il coordinamento dei sostituti procuratori Giuseppe Miliano e Valentina Giammaria, più il Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza, “si fonda – scrive il Giudice per le indagini preliminari Pierpaolo Bortone – sugli esiti dell’attività d’indagine” quale un “sequestro ingente di sostanze stupefacenti: 4 chili di cocaina, 4,5 chili di hashish, armi da fuoco, 2 autovetture elaborate con sistemi sofisticati per occultare e trasportare le sostanze stupefacenti, 3 cellulari “cripati” modello “Aquaris”, numerosi manoscritti riportanti pseudonimi e cifre, riferibili all’approvvigionamento e alla vendita al dettaglio degli stupefacenti“. È accertata – continua il Gip Bortone – “l’esistenza di un’articolata rete di spaccio nella provincia di Latina“.

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I PASSI DELL’INCHIESTA – L’indagine inizia a febbraio 2020 quando la Squadra Mobile arresta Andrea Asam di Roccagorga, trovato con 650 grammi di cocaina e, tramite la conseguente perquisizione domiciliare, in possesso di materiale riferibile alla spaccio e un pistola marca “Colt” calibro 38 special carica. A febbraio 2021, il 29enne Asam è stato condannato per tale episodio dal giudice del Tribunale di Latina Giuseppe Molfese a 6 anni e 8 mesi di reclusione col rito abbreviato.

Il secondo tempo dell’inchiesta si concretizza due mesi dopo quando, ad aprile 2020, vengono arrestati, fermati sulla Pontina, Stefano Cerilli ed Ennio Reffe detto “Il Pecora” responsabili in concorso tra loro di spaccio: trovati con 4 chili e 100 grammi di hashish e 2 chili e 400 grammi di cocaina. Nello stesso giorno, è arrestato in flagranza a Pontinia Angelo Di Veroli, suocero di Cerilli, per detenzione ai fini di spaccio di circa 150 grammi di hashish e marijuana, oltreché al possesso di armi e munizioni. A Frosinone, invece, gli agenti di Polizia, in una successiva perquisizione recuperarono in un appartamento 953 grammi di cocaina e 166 grammi di hashish.

A febbraio 2021, Ennio Reffe, 32 anni, originario di Ceccano ma residente a Patrica, è stato condannato in primo grado a quattro anni di reclusione, mentre a dicembre 2020 il 46enne Di Veroli, sempre in primo grado, ha subito, a sua volta, la condanna a tre anni e due mesi. Diverso destino processuale per Cerilli la cui posizione è stata stralciata. E sempre nello stesso procedimento, il giudice Pierpaolo Bortone ha rinviato a giudizio Enrico Berardi, 53enne setino ma residente a Priverno, oggi coinvolto nell’operazione Il Tempio, il cui processo è fissato per il prossimo 27 settembre. Per lui la misura cautelare degli obblighi di firma e un passato con precedenti di un certo peso: un arresto in Sardegna con oltre 2 chili di droga quasi quindici anni or sono e un altro arresto, due anni dopo, nel 2009, eseguito dalla Gdf di Roma. Un ultimo meno rilevante episodio alla Stazione di Priverno nel 2013: una ventina di grammi di droga.

Da queste operazioni, inizia la più articolata indagine denominata “Il Tempio” che oggi ha portato il sunnominato Gip Bortone a firmare l’ordinanza con le otto misure cautelari. Il linguaggio di chi è finito nella rete degli investigatori è definito criptico, proprio per eludere eventuali intercettazioni. “Posso passare?” – si legge in una delle intercettazioni captate dagli investigatori – “Devo caricare quelle tre cassette…tre cassette…quattro pacchi…10 cartoni di birra…un giga“.

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È proprio la loquacità dei destinatari della misura cautelare odierna i quali – scrive il Gip – “finiscono per fornire da soli la prova della tesi accusatoria“.

L’altro passaggio importante e dirimente dell’inchiesta è la perquisizione avvenuta il 10 settembre 2019 che costituisce il vero antefatto che sorregge tutta l’indagine della Squadra Mobile. La perquisizione avviene nel ristorante “Il Tempio dei Templari” gestito da Morgana Cerilli (indagata), anche amministratrice unica della società “Il Tempio dei Templari Srls”, nonché sorella di Stefano Cerilli che risulterebbe, secondo gli investigatori, “nullatenente”. Cerilli è, però, secondo la Squadra Mobile, il “leader indiscusso” del gruppo, definendosi “imprenditore” e consegnando la droga ai suoi acquirenti direttamente nel ristorante di famiglia “Il Tempio dei Templari” ubicato a Roccagorga. Ebbene, nella perquisizione del settembre 2019, la Squadra Mobile rinviene 150mila euro in contanti, un quadernone su cui erano annotate sigle e cifre, corrispondenti a quelle riportate sulle mazzette di soldi da 25mila euro con cui erano divisi i 150mila euro suddetti. Trovati anche un altro quaderno sul quale sono annotati pseudonimi di acquirenti e cifre corrispondenti, oltreché a un bilancino intriso di sostanza stupefacente.

Ecco, allora, che “la successiva attività di indagine – scrive il Gip nell’ordinanza – ha consentito di accertare che Cerilli ha gestito e condotto una fiorente attività di spaccio di sostanze stupefacenti, prevalentemente del tipo cocaina, avvalendosi del contributo di altri soggetti”.

E, infine, un ultimo episodio significativo è stato gestito dagli agenti della Squadra Mobile: l’arresto in flagranza di Michele Mastrodomenico (non indagato nell’indagine “Il Tempio”) per la detenzione di 22 grammi di cocaina, che gli fu ceduta da Stefano Cerilli. Mastrodomenico, peraltro, è un nome che ritorna in quanto risulta indagato in concorso nell’indagine della Procura di Latina sull’omicidio di Erik D’Arienzo, il figlio di “Topolino”. Era indagato insieme a Fabrizio Moretto, l’uomo di Sabaudia che, successivamente, come noto, è stato freddato a Bella Farnia a dicembre 2020 in Via della Tartaruga.

LE ACCUSE – 23 i capi d’imputazione, quasi tutti delineanti in episodi di spaccio e reperimento della droga, rapporti con gli assuntori e dinamiche del “gruppo. Gli unici dubbi del Gip Bortone – per cui “gli elementi raccolti non siano idonei a ritenere integrati gli estremi del reato” – sono in riferimento alle ipotesi contestate a Stefano Cerilli, alla madre Monia Ciampini e alla sorella Morgana Cerilli in merito alla “pulitura” dei soldi sporchi di droga nell’attività di ristorazione e in un’altra società di famiglia e all’emissione di fatture false.

Tra gli episodi più significativi, inerenti allo spaccio, vero core businnes di Cerilli and Co, c’è sicuramente quello che vede come protagonisti lo stesso Stefano Cerilli e Andrea Asam quando i due si recano a Caivano, al Parco Verde una delle più grandi piazze di spaccio d’Italia. Lì fanno salire un uomo che dice loro: “mo va piano piano, non te mette anda’…veloce”. Dopo poco, dalle intercettazioni si evince che i due hanno acquistato della droga da smerciare in seguito nella zona dei Lepini:

“Sì, sì – fa Asam a Cerilli – tutto ammucchiato, si spargeranno sicuro eh”. Al che Cerilli di rimando: “Eh so’ tanti…mettici prima…poi gli altri li nascondo nella borsa…non ci vonno più entra’”. I due, imboccata l’A1, tornano a Roccagorga e al ristorante di Cerilli – diventato un vero e proprio hub della droga – mettono in una borsa gli involucri di droga.

Non l’unico episodio di reperimento della droga: ce ne è un altro in cui lo stesso Asam, molto attivo nel gruppo Cerilli, arriva fino a un centro commerciale di Roma, “Euroma2”, per acquistare droga da un uomo che fa fatica a parlare italiano e ha un marcato accento spagnolo. La droga, inoltre, almeno in un episodio, veniva acquistata al quartiere della Capitale “Collatino”.

In un ulteriore episodio contestato a uno degli indagati, Gianni Mancini di Ardea, un assuntore romano gli dice: “Sto a veni giù, che sto a veni’ da Roma apposta per te e poi ritorno a Roma…prepara il supergiggione“. Sempre lo stesso acquirente dice a Mancini in un giorno a seguire: “Ottanta voglia di te…ok?“.

Quella, intesa come cocaina, di Angelo Di Veroli, titolare di un’attività ricreativa a I Gricilli di Priverno, però non si batteva. In una intercettazione tra tre uomini, tra cui uno vicino a Cerilli ma che non risulta indagato, si fa menzione alle “du botte” fatte la sera prima: “Quella di Angelo…non se cambia quella…l’ho fatta, me so fatte du botte ieri sera…sto ancora ubriaco…lavora lui…Angelo“.

Le cessioni di droga cristallizzate dagli investigatori vanno da 5 grammi fino a ingenti quantità come quella venduta da Asam a Ennio Reffe per oltre 3 chili di cocaina a Patrica, o quella smerciata da Cerilli a un soggetto non identificato per un quantitativo di 2 chili. È lo stesso Cerilli a dire all’uomo non riconosciuto dalla Squadra Mobile di aver dovuto subire un verbale a Cisterna senza poter avanzare nessuna lamentela per la multa: “Guarda questo verbale, guarda, 490 euro a Cisterna, capito? Mi so stato zitto lo sai perché? Sette chili di fumo portavo in macchina“.

A significare che gli scambi di droga del gruppo erano ingenti c’è un altro passaggio delle intercettazioni in cui Ennio Reffe dice a Stefano Cerilli di aver venduto 8 chili di droga: “Sei, sette, otto chili, ce li ho venduti a 45…due sono vendute addirittura a Bolzano, devo spedirle a Bolzano”. Lo spaccio, ad ogni modo, arrivava ovunque, anche a Colleferro, Roma, Frosinone. I ruoli centrali nello smercio sono rappresentati dalle figure di Stefano Cerilli, Ennio Reffe, Andrea Asam e Gianni Mancini (tutti e quattro da oggi agli arresti domiciliari). Subordinati a loro, Fabio Di Girolamo detto il Mozzarellaro, Nazir Asam, Enrico Berardi e Angelo Di Veroli (tutti destinatari della misura cautelare dell’obbligo di firma).

LE TECNICHE ELUSIVE DEL GRUPPO – È Andrea Asam a risultare possessore di un telefono “BQ modello Aquaris X2” che ha la peculiarità di mantenersi “criptato”. Ecco perché per gli inquirenti è stato impossibile estratte i dati contenuti poiché sia la memoria del sistema che il codice Imei si resettano automaticamente.

Altra accortezza tecnologica è emersa sull’auto di Asam: una Volvo V40 D2 modificata nell’alloggio dell’airbag lato passeggero asportato del meccanismo presente al suo interno così da creare un vano che permetteva l’occultamento e il trasporto della droga. A gennaio dello scorso anno – riporta una nota della Polizia di Latina – è stato seguito mentre si imbarcava su un volo internazionale diretto ad Amsterdam, dove si era recato per prelevare la propria auto. Il veicolo, in realtà, era stato precedentemente “spedito” in Olanda perché venisse appositamente modificato al suo interno, così da ricavare due vani nascosti per il trasporto dello stupefacente.

Da ultimo, anche quando furono arrestati, ad aprile 2020, Reffe e Cerilli, con l’ingente carico di droga, gli investigatori della Mobile trovarono un nascondiglio ricavato nel vano posteriore. E anche loro avevano disponibile un cellulare Acquaris col sistema criptato.


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