RUSPE SUL TERRENO CHE FU DEL CLAN CIARELLI

Via Goya, Latina. Qui, c'è il terreno confiscato a un appartenente al clan Ciarelli
via goya, Latina
Via Goya, Latina

Ieri, è stata liberata l’area di via Goya, nel quartiere Q3 a Latina, dove una baracca, frequentata da senza fissa dimora, occupava parte dei metri quadri confiscati, ormai quattro anni fa, a Ferdinando Ciarelli, detto Furt, uno dei capi del clan omonimo colpito da una condanna definitiva, nell’ambito del processo Caronte, a 18 anni e 10 mesi di pena in carcere.

L’intervento definito giornalisticamente con “ruspa”, un vocabolo molto di moda a causa della “prosa” di Matteo Salvini, è stato effettuato dalla Polizia Locale e dall’azienda speciale ABC con il Pronto Intervento Sociale del Comune di Latina.

L’area, di circa 1000 mq – ha spiegato in una nota il Comune – oggetto di confisca alla criminalità, sarà oggetto di un intervento di riqualificazione finanziato dalla Regione Lazio (ndr: 50mila euro per bonifica dell’area e il suo riutilizzo) in favore del Comune e dell’Istituto Tecnico e Professionale San Benedetto per un progetto di mantenimento delle colture arboree. La zona, vicina al Parco Comunale di via Cambellotti, ne rappresenterà il naturale prolungamento, offrendo ai residenti del quartiere un miglior servizio e a tutti i cittadini il recupero di un’area degradata”.

La casa confiscata dei Ciarelli/Di Silvio in Via dei Sabini
La casa dei Ciarelli/Di Silvio in Via dei Sabini è stata confiscata in seguito al processo Caronte. Per oltre 4 anni dal provvedimento è rimasta nella disponibilità di Rosaria Di Silvio, moglie di Ferdinando Furt Ciarelli (condannato in Caronte). È stata necessaria l’ennesima bravata dei figli per mettere in pratica il provvedimento della magistratura

Quei 1000 mq furono confiscatati nel 2015 con una delibera della Giunta di Zingaretti che dispose l’acquisizione al patrimonio della Regione Lazio. In seguito, con la delibera di giunta n. 533 del 30 novembre 2017, il Comune di Latina, nell’ambito di una convenzione sottoscritta con la Regione e l’Istituto Agrario San Benedetto, accettò il progetto presentato dall’istituto per la riqualificazione e l’uso a scopo sociale dell’area verde sita in Via Goya. Con la firma della convenzione, avvenuta ufficialmente il 29 gennaio 2018,  l’uso del bene fu concesso all’Amministrazione Comunale e al San Benedetto. I ragazzi del San Benedetto ora dovranno trasformarlo in un orto sociale nell’ambito delle attività di alternanza scuola-lavoro
Pur essendo su un terreno del quartiere Q3, zona da anni molto appetitosa per mire edilizie e progetti di una certa illogicità urbanistica (basti pensare alla storia della variante con l’interessamento della Procura di Latina), in quei pochi 1000 mq di certo non si poteva ottenere molto dal punto di vista speculativo. Se non, al contrario, avere un avamposto, peraltro vicino a una zona calda come quella di Viale Nervi e dei Palazzoni, dove riservare un terreno sempre pronto per nascondere o custodire qualcosa: in diverse indagini e processi, i clan zingari della città utilizzavano, direttamente o indirettamente (tramite loro “reggitori”), appezzamenti di terra dove sotterravano, per lo più, armi, al riparo da controlli e vigilanze.

Solo ipotesi, niente più. Fatto sta che via Goya rappresenta, come gli altri beni confiscati alle famiglie zingare, un pezzo di una città sotterranea che a poco a poco era sottratta, nel silenzio, ai latinensi.

Roberto Ciarelli
Roberto Ciarelli

Marito di Rosaria Di Silvio, in un vincolo non solo matrimoniale ma di due clan, i Ciarelli e i Di Silvio (quando all’epoca andavano d’amore e d’accordo), l’ex proprietario del terreno confiscato, Furt, è anche padre di due giovani virgulti, Roberto e Valentina, i quali, insieme al loro sodale Matteo Ciaravino (già noti nell’agenda criminale e giornalistica della provincia pontina per diverse vicende; Ciaravino coinvolto persino nell’omicidio di Matteo Vaccaro nel gennaio del 2011), cambiarono i connotati a un povero vigilante del Carrefour al Piccarello. In realtà, secondo le indagini e il processo, fu Roberto Ciarelli il vero protagonista del pestaggio: con il rito abbreviato in sede di udienza preliminare è stato condannato a due anni e quattro mesi di carcere per lesioni personali e violenza privata. Poi, a giugno del 2019, per problemi di rinvii dinanzi alla Corte d’appello è tornato in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

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