“PUROSANGUE”: ASSOLTE LA TRAVALI E “GRAZIELLA”, RIDOTTA CONDANNA PER CIARELLI JR

Operazione Purosangue: la Corte d’Appello si è pronunciata sulle posizioni dei condannati col rito abbreviato. Assolte due imputate

La Corte d’Appello di Roma, composta dai giudici Flamini-Pilla-D’Alessandro, si è pronunciata sui ricorsi presentati dai quattro imputati, coinvolto nell’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma denominata “Purosangue”, che avevano scelto in primo grado il rito abbreviato. L’operazione eseguita a giugno 2022 dalla Squadra Mobile di Latina ha portato alla sbarra, nel Tribunale di Latina, i capi-famiglia del clan Ciarelli tuttora a processo per reati aggravati dal metodo mafioso.

Per quanto riguarda gli imputati odierni, si tratta, invece, di Roberto Ciarelli, difeso dall’avvocato Pietro Parente e Andrea Palmiero, Maria Grazia Di Silvio, difesa dagli avvocati Giancarlo Vitelli e Pasquale Cardillo Cupo, Valentina Travali, difesa dall’avvocato Alessia Vita e Francesco Iannarilli.

A ottobre scorso, il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Rosalba Liso, aveva pronunciato la sentenza di condanna nei confronti dei quattro: 9 anni di reclusione per Roberto Ciarelli (riconosciuta l’aggravante mafiosa) e 2 anni a testa per gli altri imputati, Iannarilli, Di Silvio e Travali.

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Oggi, invece, la Corte d’Appello ha assolto Valentina Travali e la madre Maria Grazia Di Silvio perché il fatto non costituisce reato in merito a un tentativo di estorsione nei confronti della compagna di un carcerato a sua volta intimidito dal boss Carmine Ciarelli detto Porchettone (capo dell’omonimo clan) e dal figlio Pasquale Ciarelli.

Assolto perché il fatto non sussiste anche Roberto Ciarelli, ma solo per due capi d’imputazione. Si tratta di una estorsione subita dall’avvocato di Latina, Fabrizio Colletti, quest’ultimo avrebbe dato a Ciarelli circa 250 euro in due distinti episodi tra maggio e giugno 2019. E, inoltre, di una violenza privata contro un barista di un locale nella via dei pub di Latina. Rimane confermata, invece, l’aggravante mafiosa in capo a Ciarelli junior per l’estorsione compiuta sempre ai danni dell’avvocato Colletti, quando quest’ultimo si trovava in carcere in seguito agli arresti derivanti dall’operazione Arpalo (aprile 2018), in cui come noto è stato coinvolto l’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta.

Per quanto riguarda un altro capo d’imputazione, in cui Ciarelli junior viene accusato di violenza privata mafiosa ai danni di un operatore volontario della zona pub, la Corte d’Appello ha dichiarato il non doversi procedere nei suoi confronti per mancanza di querela da parte della vittima, secondo i nuovi dettami della Legge Cartabia.

Infine, sempre per Roberto Ciarelli, è esclusa l’aggravante mafiosa per una estorsione compiuta con la madre Rosaria Di Silvio e Manuel Agresti nei confronti di un altro avvocato di Latina che chiedeva conto dell’affitto di casa occupata dal 28enne di Latina. Esclusa l’aggravante del metodo mafiosa anche in ordine a un altro episodio di minaccia con coltello sempre ai danni del medesimo avvocato di Latina.

La Corte d’Appello ha quindi condannato Roberto Ciarelli alla pena di 8 anni, 4 mesi e 20 giorni, con una multa da 3mila euro. Confermata invece la condanna a 2 anni per Francesco Iannarilli in ragione dell’estorsione compiuta in carcere nei confronti di Colletti. Sia Ciarelli che Iannarilli dovranno rifondere le spese sostenute dalla parti civili – Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto” – per la somma di 2500 euro.

LA STORIA PROCESSUALE – A giugno 2023, al termine della requisitoria, il Pm della Procura/DDA di Roma, Luigia Spinelli, aveva formulato le richieste di condanna per i quattro indagati processati col rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma.

A marzo 2023, nell’udienza romana, furono accolte le parti civili: Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”. A finire davanti al Gup capitolino, come detto, quattro imputati che hanno scelto il rito abbreviatoRoberto Ciarelli, il 26enne figlio di Ferdinando “Furt” Ciarelli (numero due del clan del Pantanaccio); il 36enne Francesco Iannarilli, recentemente rinviato a giudizio in altro procedimento per estorsioni all’interno del carcere di Latina; e, infine, due personaggi non affiliate al clan Ciarelli, ma piuttosto note alle cronache giudiziarie: Maria Grazia Di Silvio, condannata di recente, in appello, per una estorsione mafiosa, e la figlia Valentina Travali.

La più dura delle richieste del Pm era stata nei confronti di Roberto Ciarelli, violento rampollo già qualificatosi per diverse condanne e inchieste a suo carico: per lui il Pubblico Ministero aveva chiesto una pena a 12 anni di reclusione. Per quanto riguarda Iannarilli, Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali la richiesta di condanna era stata di 6 anni e 7 mesi di reclusione.

Sono diverse le posizioni degli indagati: se Ciarelli junior, è naturalmente considerato un affiliato al clan omonimo, “Graziella” Di Silvio e Valentina Travali sono riconducibili al sodalizio capeggiato dai fratelli Angelo e Salvatore Travali. Iannarilli, invece, doveva rispondere dell’estorsione con l’aggravante mafiosa commessa in concorso con il medesimo Roberto Ciarelli, Matteo Ciaravino e Andrea Pradissitto, cognato del suddetto Roberto Ciarelli, oramai ex affiliato al clan e collaboratore di giustizia. Peraltro, Ciarelli junior si è dissociato pubblicamente dalla collaborazione con lo Stato da parte di Pradissitto, la cui moglie Valentina Ciarelli (e sorella di Roberto Ciarelli) è entrata nel programma di protezione. Iannarilli è accusato di aver minacciato nel carcere di Latina a fini estorsivi l’avvocato e imprenditore di Latina coinvolto nei processi “Arpalo” e “Arpalo 2” e un tempo molto vicino all’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta.

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Per quanto riguarda Roberto Ciarelli, oltreché a questo capo d’imputazione, doveva rispondere di un’altra estorsione mafiosa nei confronti di un ulteriore avvocato di Latina a cui non voleva pagare l’affitto di casa. “Ti devi mangiare il cazzo, ci devi lasciar perdere stronzo, c’hai 70 anni domani muori“, queste le frasi che Ciarelli junior avrebbe proferito nei confronti del legale, peraltro marito di una nota esponente politica del capoluogo (leggi al link di seguito). E, inoltre, il rampollo del clan era chiamato a difendersi anche dall’accusa di minaccia mafiosa nei confronti di un giovane, responsabile di aver parcheggiato l’auto dove non avrebbe dovuto in zona pub a Latina e, in seguito, destinatario di intimidazioni: ossia una promessa di dar fuoco al suo locale.

Ancora, lo stesso 26enne era accusato di altre violenze tra la zona pub e altri ambiti, come ad esempio quella di aver costretto l’attuale collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo a riparargli una tenda per un noto e frequentato (dai teenager) locale della zona Pub che pagava il pizzo al medesimo Roberto Ciarelli.

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