PIZZO E PESTAGGI NEL CARCERE DI LATINA: A GIUDIZIO MASTRACCI E IANNARILLI

Gianfranco Mastracci
Gianfranco Mastracci

Pizzo per la protezione nel carcere di Latina: al centro del nuovo processo Gianfranco Mastracci e Francesco Iannarilli

Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, ha rinviato a giudizio per estorsione, minacce e lesioni il 38enne Gianfranco Mastracci e il 36enne Francesco Iannarilli, entrambi noti a cronache giudiziarie e forze dell’ordine.

I due dovranno rispondere alle accuse di aver soverchiato e pestato diversi detenuti dentro il carcere di Latina, vessati e minacciati al fine di pagarli in termini di soldi e altri beni materiali. Il processo avrà inizio il prossimo 19 febbraio. È stato il pubblico ministero Simona Gentile a chiedere per entrambi il rinvio a giudizio. I due imputati sono difesi dagli avvocati Vita, Ricci e Marcheselli.

Tra i fatti contestati, che sono datati nell’anno 2018, ci sono una serie di episodi violenti come un’aggressione contro un detenuto per avere una stecca di sigarette e altri pestaggi in modo tale da farsi pagare una sorte di pizzo all’interno del carcere. Sotto minaccia o in qualche caso picchiati, le vittime erano costrette a sborsare denaro tramite bonifici su carte prepagate da famigliari delle medesime vittime.

Un modus operandi piuttosto diffuso e che si è imparato a conoscere in alcune inchieste degli ultimi anni le quali hanno avuto per protagonista inanimato il carcere di Via Aspromonte. Mastracci è stato condannato già per un episodio simile, costola dell’operazione Masterchef che aveva messo in luce un giro di droga sempre all’interno del carcere di Latina. Per quell’episodio, il 38enne pontino minacciò un altro detenuto per far sì che questo lasciasse libera la cella a favore di Roberto Ciarelli, personaggio violento coinvolto in più processo e figlio del boss del Pantanaccio, Ferdinando Ciarelli detto “Furt”.

Alla fine, dopo le minacce rivolte al detenuto da Mastracci, quest’ultimo fu costretto a cambiare cella in ragione dell’assoggettamento dovuto al cognome di Ciarelli, il noto clan rom della città di Latina.

Anche Iannarilli è stato coinvolto in un fatto affine all’interno del carcere di Latina e sempre nel nome del clan Ciarelli che, a Via Aspromonte, come hanno ricostruito alcune indagini della DDA di Roma, dettava legge. Iannarilli, infatti, nel processo che si sta svolgendo a Roma, con rito abbreviato, deve rispondere di un’estorsione con l’aggravante mafiosa commessa in concorso con il medesimo Roberto Ciarelli, Matteo Ciaravino e Andrea Pradissitto, cognato del suddetto Roberto Ciarelli, oramai ex affiliato al clan e collaboratore di giustizia. Si tratta del processo derivante dall’inchiesta di DDA capitolina e Squadra Mobile di Latina denominata “Purosangue” che contesta al clan Ciarelli il 416 bis.

Iannarilli è accusato di aver minacciato, in combutta con gli altri tre, un noto avvocato e imprenditore di Latina, un tempo molto vicino all’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta. In cambio della protezione da queste minacce, l’avvocato versò, tramite un famigliare, la somma di 2mila euro al sodalizio di origine rom. La vittima ha già testimoniato in Tribunale nel processo che si tiene a Latina col rito ordinario, confermando il quadro accusatorio.

Per gli inquirenti, naturalmente, le minacce fatte da Iannarilli all’avvocato furono in qualche modo concordate con i Ciarelli.

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