Riprende il processo derivante dall’inchiesta “Ottobre Rosso”: alla sbarra Gianluca Tuma e due ritenuti suoi sodali
Nell’udienza di oggi, 15 novembre, che si è svolta davanti al Collegio presieduto dal Giudice del Tribunale di Latina Francesco Valentini, ha avuto luogo la testimonianza di un Ispettore di Polizia che ha avuto un ruolo preminente nell’analisi e dello studio della situazione reddituale, patrimoniale e societaria di Gianluca Tuma.
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Il sostituto procuratore di Latina Antonio Sgarrella, Pubblico Ministero nel processo in corso, ha chiesto il giudizio immediato per i tre imputati accusati, a vario titolo, di tentata estorsione e intestazione fittizia di beni. Ad essere arrestati nell’operazione “Ottobre Rosso”, eseguita a novembre 2021 dallaSquadra Mobile di Latina, e oggi giudicati presso il Tribunale di Latina, Gianluca Tuma, Stefano Mantovano e il fratello di Tuma, Gino Grenga.
L’inchiesta nasce da una denuncia di un uomo vessato da due degli odierni indagati: Tuma e Mantovano. Una vicenda lunga, durata dal novembre 2017 fino al gennaio 2020, quando il soggetto sottomesso si decide a denunciare. E proprio questa presunta vittima è stata ascoltata ad aprile in Aula, senza che chiarisse se sia stato minacciato o meno.
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Nell’ambito dell’inchiesta da cui è scaturito il processo, sono stati compiuti gli approfondimenti investigativi, anche di natura patrimoniale, che hanno documentato come il principale indagato, Gianluca Tuma – già coinvolto, e successivamente condannato, nell’operazione di polizia “Don’t touch”, per intestazione fittizia di beni – avesse nel tempo attribuito a propri complici la titolarità di società o quote sociali, allo scopo di eludere la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale a cui è sottoposto dal 2019 che prevede, tra l’altro, il divieto di ottenere licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio.
Emerse, infatti, che varie attività commerciali nel campo della ristorazione e pub, aperte tra Latina, Terracina e San Felice Circeo, erano gestite di fatto da Tuma avvalendosi però di intestatari fittizi, ossia degli altri due indagati, i quali avrebbero agito nelle vesti di amministratori e soci. Ulteriori accertamenti investigativi evidenziarono progetti imprenditoriali di espansione del gruppo, soprattutto nella città di Roma.
Nell’udienza odierna, l’Ispettore di Polizia ha ripercorso gli aspetti dell’indagine sul versante dei redditi e degli investimenti dei tre co-imputati, in particolare modo di colui che è ritenuto la testa del mini-sodalizio: Gianluca Tuma.
L’agente di Polizia ha passato in rassegna la geografia delle società di Tuma, ricordando di come quest’ultimo è stato colpito dal sequestro-confisca dei beni per un valore di oltre 3 milioni di euro nel 2017, sul quale – ha fatto notare al controesame l’avvocato difensore, Melegari – pende anora il giudizio di una nuova sezione della Corte d’Appello, dopo che la Cassazione ha rinviato ad essa.
Il provvedimento del 2017, ad ogni modo, secondo la ricostruzione del poliziotto, evidenzia la sproporzione tra redditi, patrimonio e società, ossia la discrasia tra redditi dichiarati e investimenti del nucleo familiare di Tuma e del Tuma stesso. L’ispettore ha snocciolato una serie di dati e numeri sulla situazione reddituale e patrimoniale di Tuma, sostenendo l’evidenza di alcuni saldi in negativo.
Successivamente, l’ispettore di polizia ha ricostruito anche redditi e investimenti e patrimoni dei coimputati Gino Grenga e Stefano Mantovano, considerati prestanome di Tuma.
Un’udienza tecnica all’interno della quale non è mancato però un momento di tensione quando il Pm Sgarrella ha chiesto rispetto nei confronti del testimone e del Tribunale da parte di Grenga, responsabile, secondo il magistrato, di avere un atteggiamento non consono. L’imputato è stato invitato dal Collegio a gesticolare e sottolineare di meno le fasi dell’escussione del testimone.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Melegari, Palmieri e Zeppieri e