OTTOBRE ROSSO, DALL’ESTORSIONE ALLE TESTE DI LEGNO: ECCO I DETTAGLI

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Operazione “Ottobre Rosso”: l’inchiesta che ha portato agli arresti di Gianluca Tuma, Gino Grenga e Stefano Mantovano, tutti e tre di Latina, si origina da un tentativo di estorsione. Da lì, la scoperta che Tuma continuava a gestire tre attività commerciali tramite i prestanome

Gianluca Tuma, per via della sorveglianza speciale comminatagli nel 2019, non poteva fare ancora l’imprenditore. Destinatario di una confisca di beni, annullata a settembre 2021 dalla Cassazione con rinvio in Corte d’Appello, Tuma, secondo gli investigatori della Squadra Mobile e la Procura di Latina, non aveva cessato le sue attività imprenditoriali. Reiterava la sua occulta regia e muoveva come burattini/faccendieri i suoi sodali, dalle operazioni societarie fino alle più banali pratiche burocratiche in banca. In testa, come evidenziato anni fa con l’operazione di polizia “Don’t touch, società in franchising (pare il marchio di riconoscibilità sia un pallino per il Nostro) e passaggi di mano. Anni fa puntava a società di edilizia, logistica, catene di supermercati e merci, ora un Tuma più in tono minore: pub e locali.

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La scoperta della sua “imprenditoria” tramite prestanome, senza capacità reddituali di investimento, è avvenuta grazie alla denuncia di un uomo minacciato da Tuma e Mantovano, entrambi 51enni, per la restituzione del denaro in capo a due assegni. E anche per quanto riguarda la ricostruzione della sua attività illecita attraverso società gestite da terzi – si tratta del “marchio” Le Streghe, con locali a Latina, San Felice (dove Tuma si trasferisce ogni estate) e Terracina -, decisiva è stata la testimonianza di un ex sodale, prima sfruttato e poi estromesso dall’attività che gestiva da oltre dieci anni.

Gianluca Tuma (immagine da Report)
Gianluca Tuma (immagine da Report)

Nel provvedimento odierno, si è concretizzato anche il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di cinque società intestatarie delle tre attività nei tre comuni pontini suddetti: sigilli a La Casa della Morgana srl, Morgana srl, Pizza 1 Srl, Str srl e Amal Srls. E, forse, non è finita qui perché nelle carte dell’indagine spunta un diverso procedimento, ancora non noto, per cui è stata ascoltata una persona un tempo a Tuma vicino.

TENTATA ESTORSIONE – L’inchiesta condotta dalla Squadra Mobile di Latina e dal sostituto procuratore Antonio Sgarrella nasce da una denuncia di un uomo vessato da due degli odierni indagati: Tuma e Mantovano. Una vicenda lunga, durata dal novembre 2017 fino al gennaio 2020, quando il soggetto sottomesso si decide a denunciare.

È Tuma a chiedere all’uomo, che successivamente denuncerà il tentativo di estorsione, di versare due assegni sul suo suo conto corrente per motivi ignoti. Come beneficiario, Tuma scrive il nome dell’uomo come beneficiario di due assegni da 6.835 euro ciascuno emessi da Bruno Cutillo. Quest’ultimo non è nuovo alle cronache, con precedenti di polizia per bancarotta fraudolenta, lesioni, ricettazione, estorsione. L’uomo, originario di Aprilia, è stato coinvolto a gennaio scorso in un’indagine della Guardia di Finanza di Venezia, accusato di possedere alcune società cosiddette cartiere in Veneto nell’area di Treviso. Lo si ricorda, peraltro, per aver sparato, nel 2015, contro il compagno della ex a Latina, in Via Piave, all’altezza del supermercato Maurys. Il destinatario dei tre colpi di pistola fu Roberto Spinazzola, romano. Cutillo disse di aver sparato per vendetta e fu condannato a 3 anni.

Tornando al tentativo di estorsione, l’uomo, d’accordo con Tuma per gli assegni, viene successivamente contattato da Cutillo, non un tipo facile evidentemente, che gli chiede la restituzione degli assegni. I due si incontrano a Latina e Cutillo gli consegna due assegni intestati all’uomo e con l’importo di 6.850 euro. L’uomo versa sul suo conto ma dopo una ventina di giorni scopre che gli assegni sono andati protestati.

Al che, secondo gli inquirenti, subisce una minaccia di Cutillo che gli rinfaccia di averli messi all’incasso. Passa un po’ di tempo e l’uomo viene contattato, a più riprese, dal gestore di uno dei locali, il pub di Latina, in quel momento sodale e testa di legno di Tuma, che gli dice, per conto del 51enne pontino, di recuperare gli assegni oppure di restituire la somma totale. Al gestore del locale, l’uomo consegna la documentazione ma non i soldi.

Gino Grenga
Gino Grenga

Da qui comincia l’incubo poiché il soggetto viene prima cercato da Tuma a casa che, non trovandolo, intima alla moglie di dire al marito di farsi vivo. Poi, viene raggiunto da Stefano Mantovano. C’è un problema insormontabile, però. L’uomo non ha incassato gli assegni e non dispone della cifra che, in totale, ammonta a 13mila 700 euro. Non pochi spiccioli. È Mantovano stesso a dire all’uomo di sistemare la questione altrimenti “sarebbe finita male”. Non è finita.

Dopo qualche tempo, siamo nel gennaio 2020, l’uomo, dopo aver già denunciato per le angherie subite, racconta che sotto casa sua, a Latina, nei pressi di un distributore di benzina, un nugolo di persone – una decina in tutto – stava discutendo in maniera molto animata. Tra di loro, Tuma, Cutillo e Mantovano più altri compreso qualche nome omissato. Un episodio oscuro ma significativo di un certo mondo.

LE SOCIETÀ E I LOCALI DI TUMA – Tutto ruota attorno alla sorveglianza speciale di Tuma che non gli permetterebbe di continuare a fare attività imprenditoriale. Sul punto specifico, il Giudice per le indagini preliminari Giuseppe Cario ricorda che la Corte di Cassazione ha annullato, rinviando la decisione alla Corte d’Appello, il provvedimento impugnato da Tuma stesso. Ma, come nota il Gip, la sorveglianza speciale è stata emessa a marzo 2019 e l’annullamento della Cassazione è del giugno 2021. Dunque, per il Gip, quei due anni trascorsi dal provvedimento alla pronuncia degli ermellini non hanno costituito nessuno stop alla sorveglianza. Il ricorso di Tuma, scrive il Gip, “non ha effetto sospensivo”. Dunque – questo è l’assunto degli inquirenti – Tuma non poteva operare come imprenditore né tantomeno possedere società conto terzi. Il che peraltro avrebbe significato incappare nello stesso reato per cui è stato condannato nel processo “Don’t Touch” e che gli si contesta oggi con l’operazione “Ottobre Rosso”: l’intestazione fittizia di beni.

Tuttavia, Tuma ha continuato a lavorare come imprenditore, intestando le cinque società oggetto di sequestro al fratellastro Gino Grenga e all’amico Mantovano, tutte nel campo della ristorazione e dei pub; tre locali tra Latina, San Felice Circeo e Terracina. Il marchio è quello molto conosciuto de “Le Streghe” che lo stesso 51enne avrebbe voluto esportare a Roma in Piazza Euclide, come rilevato dai detective della Squadra Mobile. Le società oggetto di sequestro sono passate di mano, persino con contratti d’affitto e cessione di rami d’azienda, e con un unico denominatore comune: erano sempre riconducibili a Gianluca Tuma, il quale gestiva, ordinava, controllava, addirittura le attività di somministrazione cibi e bevande. Era suo il circuito economico-finanziario tramite il quale – come si legge nell’ordinanza del Gip di Latina – “ha trasferito fraudolentemente l’intestazione delle quote di partecipazioni al capitale delle società a persone di sua fiducia, evitando così che le stesse potessero essere oggetto di un eventuale seguito della misura di prevenzione patrimoniale”.

Stefano Mantovano

Oltreché a Grenga e Mantovano, sono individuati come prestanome Youssef Islam Fathy e il padre Fathy, i cui arresti richiesti dalla Procura sono stati rigettati dal Gip Cario poiché il più giovane, estromesso dall’attività che gestiva da oltre 10 anni – il noto pub a Latina – si è distaccato da Tuma.

“Il fine e il piano di Tuma – si legge in un altro passo dell’ordinanza – era quello di far confluire i profitti delle attività commerciali esercitate come insegna “Le Streghe” nelle casse delle società “Morgana srl” e “La Casa della Morgana srl” sotto forma di canoni di affitto percepiti dalla Str Service srl (ndr: che lo stesso Tuma definisce in un’intercettazione la società da “battaglia”) che formalmente ne aveva affittato i rami aziendali. Voleva aprire stesso locale a Roma, Piazza Euclide, con marchio Le Streghe, tramite società Pizza1 srl che ha acquistato il locale con l’insegna Bar Toma’s”. Operazione in spregio alla misura di sorveglianza speciale che gli vietava, ad esempio, di conseguire licenze per l’esercizio di attività imprenditoriali come sarebbe stato nel caso del locale nella Capitale.

L’inchiesta dimostra come le società erano tutte riferibili a Tuma, seguendo nei vari accertamenti tecnici e di intercettazioni telefoniche l’operato degli amministratori fittizi. Non mancano in questo susseguirsi di passaggi di amministratori e titolarità delle società imprevisti come una cambiale protestata in capo alla società “La Casa della Morgana srl”. In quel caso è Mantovano a recarsi alla banca per conto di Tuma. D’altra parte il fratello dell’imprenditore Massimiliano Mantovano, come viene rivelato dagli inquirenti, dipendeva da Tuma come quando gli chiede i soldi per la benzina: “Mo c’ho da fa questo – dice Mantovano a Tuma – vado a piglia’ Roberto (ndr: Bergamo, ex candidato al Consiglio Comunale di Latina nel 2016 e sotto processo per voto di scambio insieme a due personaggi vicini al Clan Travali)…non è il caso che me lasci qualche spiccio in più? Devo fa’ minimo 15 euro de benzina, Giallu’ sto proprio secco”.

Succede però un imprevisto e riguarda Youssef padre e figlio. Un imprevisto che porterà persino Islam junior ad essere fermato da Tuma, in bicicletta, e subire uno sputo contro l’auto. Tuma avrebbe tentato anche di colpirlo con la bicicletta su cui viaggiava, considerato che non poteva guidare per via della sorveglianza speciale. E pensare che nel 2017 fu Tuma a dire a Islam junior che Le Streghe avrebbe avuto un incremento al proprio commercio: “Mi chiese di aiutarlo e mi propose di collaborare insieme – racconta Islam junior – per la creazione e la crescita del mio locale. Lo gestisco da 12 anni e l’amministratore è mio padre”. Poi, la svolta negativa perché il 31enne decide di andare in Questura perché era finito nella rete del 51enne: prima si entra in un’attività e poi la si prende con le buone o con le cattive. “Sto facendo questa denuncia – dice Islam agli inquirenti – perché Tuma, Grenga e Mantovano hanno messo in atto delle azioni estorsive finalizzate solo a rilevare la mia azienda”.

La goccia che fa traboccare il vaso è quando i due Youssef si vedono addebitati il pagamento della Micro-car del figlio di Tuma tramite delle buste paga false. Tanto più che Youssef junior (verso il quale Mantovano avrebbe ragione di risentimento per l’arresto subito da un parente, Simone Vertaglia) sarebbe il vero gestore del locale di Latina, da oltre 10 anni fino al 2020, e a un certo punto si ritrova senza più la sua azienda in merito a una cessione ad altra società sempre riconducibile a Tuma e trasformato un dipendente, insieme al padre, anche per far ottenere a Tuma stesso in finanziamento per la Micro-car del figlio.

Non solo: in altro contesto, dopo che Islam junior era riuscito a contenere l’espropriazione del suo locale grazia alle spiegazioni di un notaio, il 31enne si vede di fronte a Le Streghe di Via Aprilia (il suo pub) un furgone pronto a caricare tutto. Alla guida del mezzo, Grenga e Mantovano.

In questi frangenti, durati anni, viene coinvolto anche Youssef senior che si dimostra vittima di intestazioni più che sfruttatore di una situazione considerata illecita. Da sodali e teste di legno, i due diventano, denunciandolo, l’ostacolo all’ennesima ascesa imprenditoriale di Gianluca Tuma il quale, a differenza di altri scenari d’indagine, stavolta viene sorpreso dagli inquirenti a parlare al telefono. Una mossa inusuale da uno che, nella sua carriera oggetto d’indagine da un trentennio, aveva dimostrato scaltrezza anche in questo: parlare al telefono lo stretto necessario.

Tra le pieghe dell’indagine, anche un incontro tra gli indagati odierni e Alessandro Maragno, il giovane 31enne di Latina, incensurato e insospettabile, arrestato a luglio 2020 perché custodiva un arsenale di armi e altri oggetti nella sua casa di Viale Kennedy.

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