SMOKING FIELDS, LA TESTIMONE DEL NIPAAF: “CAOS E ODORE TERRIBILE. DOVEVO TOGLIERMI I VESTITI DOPO I SOPRALLUOGHI”

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Operazione Smoking Fields: è ripreso il processo che vede sul banco degli imputati 18 persone coinvolte nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. Dall’indagine scaturì il sequestro degli impianti di compostaggio di Pontinia, Sep e Sogerit

Si è svolta, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Clara Trapuzzano, una nuova udienza del processo scaturito dall’inchiesta per traffico illecito di rifiuti che aveva come base l’impianto di compostaggio denominato “Sep”, a Mazzocchio (Pontinia). Ad essere esaminata dal Pm Rosalia Affinito e contro-esaminata dal collegio difensivo degli avvocati era presente una militare dei Carabinieri Nipaaf di Latina che, sin dal 2015, ha lavorato alle due indagini incrociate sullo stabilimento della famiglia Ugolini. Come noto, infatti, a indagare sul compost della Sep fu dapprincipio la Procura di Latina, con il sostituto Giuseppe Miliano, e, in seguito, la Direzione Distrettuale Antimafia di Roma. La magistratura ha condotto le indagini portate avanti per l’appunto dal Nipaaf e dal Distaccamento della Polizia Stradale di Aprilia.

Prima dell’inizio della testimonianza, il Tribunale ha preso atto del decesso di Franco D’Innocenti, uno degli imputati difesi dall’avvocato Nicolò Giglio.

L’attività di investigazione sulla Sep, come ha ricordato la Forestale del Nipaaf di Latina, è iniziata nel 2014 ed è proseguita l’anno dopo fino al primo step significativo di questa storia: il primo sequestro dell’impianto di Mazzocchio, che in realtà vedeva come gestore di fatto sempre Vittorio Ugolini, insieme al figlio Alessio, vale a dire i due principali imputati di questo processo che contesta il traffico illecito di rifiuti. Il custode nominato aveva competenze di contabilità, ha detto la testimone, e non era un tecnico che poteva gestire un impianto come quello della Sep.

Già nel 2015 – ha spiegato la testimone – continuavano ad arrivare segnalazioni di miasmi. A novembre 2015 il Nipaaf entrò nell’azienda per verificare autorizzazioni e tipologia dei rifiuti e del compost in uscita. Il rifiuto organico in ingresso, però, era fuori norma e “sporco”, tanto che si produceva meno compost e più rifiuto. Secondo il Nipaaf, il compost finito alla Sep, in realtà, in molti casi, presentava gradi di non conformità talmente elevati da non poter essere considerando ammendante: “Fumava e c’era percolato tutto attorno al compost che avevamo preso in visione nei tre lotti custoditi dentro la Sep“.

Basti pensare che “nel 2014 fino a tutto il 2015, la Sep ha deciso di respingere un solo conferimento di rifiuti da trasformare in compost”. La tesi accusatoria è che la Sep non faceva selezione e prendendo anche i conferimenti “sporchi” di rifiuti in entrata non avrebbe mai potuto realizzare un prodotto compost di qualità e soprattutto a norma. I controlli sin dal 2015 furono effettuati con Arpa Lazio, l’agenzia per l’ambiente regionale, e gli aspetti critici non sarebbero mancati: dai sistemi di insuflaggio dell’ossigeno spenti ai lotti di compost non tracciati, né separati tra di loro e che emettevano miasmi.

A gennaio 2016, le analisi dell’Arpa avrebbero certificato che i tre lotti di compost verificati da Nipaaf e Arpa nel novembre 2015 sarebbero stati in realtà rifiuti e non certo ammendante da spargere sui terreni. Sempre in quel gennaio 2016, i Forestali fecero un nuovo sopralluogo per capire meglio ed emerse che i lotti di compost non erano stati campionati correttamente: significa che mentre l’autorizzazione della Provincia di Latina prevedeva che quei lotti di composto fossero venduti solo dopo 90 giorni, ossia il tempo richiesto per produrre un compost di qualità, in realtà alla Sep il campionamento durava appena 48 giorni. E dove finiva quel compost non essiccato correttamente e ancora percolante di liquido e fumante? Tramite contratti di tipo gratuito veniva accolti nei terreni di diverse aziende agricole del circondario, senza contare gli sversamenti fuori provincia, come, ad esempio, nei terreni ad Ardea scoperti in fase di indagine dalla Polizia Stradale di Aprilia.

Ad ogni modo, secondo la Forestale, dentro l’azienda Sep: “C’era talmente un caos che neanche loro sapevano la tracciabilità dei lotti di compost“. Non solo perché, seconda la testimone, quando il Nipaaf si recò in azienda a verificare i lotti di compost si rese conto che “invece di ulteriori 11 lotti che avrebbero dovuto essere custoditi in azienda, ne trovammo solo 3“. Secondo l’accusa, questa è la prova che il compost non era di qualità perché prodotto in fretta e furia e, successivamente, fornito agli agricoltori. Il businness che interessava ai gestori della Sep, secondo la DDA, era ottenere sempre più rifiuti in entrata, ossia il vero guadagno dell’impresa.

Come ribadito da altri testimoni che sono stati esaminati in un processo potenzialmente ancora lungo, la militare dei Forestali ha ricordato “le emissioni moleste che i residenti del luogo continuavano a segnalare. In effetti, più ci avvicinavamo alla Sep, più sentivamo un odore terribile, fastidioso, un odore impossibile. Tornavo a casa e dovevo spogliarmi e togliermi i vestiti. La borsa di cuoio doveva rimanere fuori per giorni per togliere l’odore. La gente lamentava emicranie, nausee, la puzza era persistente e noi ricevevamo continue segnalazioni”.

La Forestale, inoltre, venne a conoscenza che prima della realizzazione della Sep, il Comune commissionò uno studio all’Università di Napoli che espresse dubbi logistici e strutturali sulla realizzazione dell’impianto. Rilievi che evidentemente non furono da monito tanto che lo stabilimento fu realizzato.

Tuttavia, anche dopo il primo sequestro del 2017 disposto dalla Procura di Latina, le criticità dell’impianto continuarono, ha chiarito la testimone, successivamente contro-esaminata da un agguerrito collegio difensivo. “Ad aprile 2018 relazioniamo che c’erano ancora criticità, solo per alcune cose lo stabilimento aveva ottemperato. Ad esempio non funzionavano gli scrubber che avrebbero dovuto abbattere gli odori“. È in quell’anno che anche la DDA e la Polizia Stradale di Aprilia iniziano a interessarsi dell’impianto e a intercettare gli indagati, in primis Vittorio e Alessio Ugolini, Mario Reale e Luca Fegatelli, ex dirigente Regione Lazio nell’area rifiuti. Al contempo anche la Procura di Latina dispone le intercettazioni condotte dal Nipaaf: “Emerse che volevano smaltire il compost. In una intercettazione, Vittorio Ugolini che dice al figlio Alessio Ugolini che dovevano liberarsi del compost, non potendo più sversare sui terreni ad Ardea”. È in questo frangente che spunta il nome di Stefano Pappa, dipendente della discarica Adrastea di Roma, imputato nel processo odierno.

È, inoltre, nelle intercettazioni che uno dei consulenti degli Ugolini, l’imputato Marco Reale, si sarebbe lamentato con Vittorio Ugolini dicendo che “il materiale del compost era bagnato e che si faceva fatica a farlo girare per arueggiarlo e farlo seccare. Era Reale – ha detto la testimone – a chiedere perché c’erano 20 centimetri d’acqua nel capannone della Sep“. Si sarebbe trattato, per l’appunto, di percolato derivante da un compost non corrispondente ai requisiti. E inoltre, sempre durante i sopralluoghi menzionati nel dalla militare del Nipaaf, emerse che “le biocelle funzionavano ma alcune erano spente e venivano accese di notte per risparmiare, ce lo disse Vittorio Ugolini“.

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DI COSA SI STA PARLANDO – Il processo, che è stato rinviato per la deposizione di un investigatore della Poliziia Stradale di Aprilia, contesta, come noto, il traffico illecito di rifiuti che portò, quasi cinque anni anni fa, al sequestro dell’impianto di Mazzocchio, Sep, più gli altri impianti che facevano capo alla famiglia romana Ugolini. Insieme a Vittorio e Alessio Ugolini, principali imputati, ci sono nel processo anche le parti civili: i Comuni di Pontinia, Cori e Ardea, oltreché all’associazione Fare Verde onlus, un’altra società srl, un privato cittadino, l’associazione Accademia Kronos e le aziende appartenute a Ugolini. Si tratta, ovviamente, di quelle aziende che furono oggetto di sequestro a giugno 2019 e che sono al momento sotto amministrazione giudiziaria della commercialista Carmen Silvestri: Sep e Sogerit di Pontinia, Demetra (società che si occupa di trasporti dei rifiuti) e Adrastea, la società titolare della discarica di inerti in Via Canestrini a Roma. Entrambe le società, Sep e Sogerit, ora in amministrazione giudiziaria, si sono costituite anch’esse come parti civili nel processo.

Ad essere imputati, oltreché agli Ugolini, anche Alessandro D’Innocenti, amministratore della Sogerit e ritenuto dagli inquirenti prestanome degli Ugolini; Sergio Mastroianni, titolare del laboratorio Osi di Isola del Liri (provincia di Frosinone) che ha effettuato i rapporti di prova (ritenuti falsi) sul compost prodotto dalla Sep; Luca Fegatelli, ex dirigente della Regione Lazio nel settore rifiuti e nello stesso tempo consulente delle varie società amministrate dalla famiglia Ugolini. E ancora: Stefano Pappa, Nazzareno Toppi, Ugo Pazienti detto Mauro, Mario Reale, Marco Sanna, Stefano Volpi, Iulian Rosca, Ion Cosmin Toader, Giovanni Bonaiuto, Fabrizio Carletti, Gianfilippo Coronella e Alfonso Gaito.

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