PARLA A TU PER TU COL BOSS ROM: SORVEGLIANZA SPECIALE PER SALVATORE DI STEFANO - Latina TU

PARLA A TU PER TU COL BOSS ROM: SORVEGLIANZA SPECIALE PER SALVATORE DI STEFANO

Salvatore Di Stefano
Salvatore Di Stefano

Il Tribunale di Roma – Sezikne misure di prevenzione ha comminato la sorveglianza speciale per tre anni a Salvatore Di Stefano

È stata accolta la proposta dei Carabinieri di Latina riguardo alla sorveglianza speciale per Salvatore Di Stefano, padre di Fabio e Alessandro legati al clan Di Silvio capeggiato dal boss Giuseppe Di Silvio detto Romolo (l’ala del sodalizio rom con base al Gionchetto di Latina).

Classe 1968, siciliano di Aci Sant’Antonio in provincia di Catania, Salvatore Di Stefano è un personaggio trapiantato a Latina dopo aver fatto parte di una cosca catanese e aver commesso diversi gravi reati: si va dagli omicidi (ne contano sei i militari dell’Arma) alle estorsioni. Dopo una vita da affiliato, Di Stefano sceglie di collaborare con lo Stato ma, dopo un po’, come capita sovente, si pente di essersi pentito ed esce dal programma di protezione.

Nel frattempo, Di Stefano era stato trasferito con la famiglia a Latina dove i figli si fanno ben presto largo negli ambienti criminali della città. Fabio Di Stefano detto “il siciliano” si sposa con la figlia di Romolo Di Silvio (Angelina Di Silvio detta Pellanera), con la quale apre un bar a Latina, successivamente colpito da interdittiva antimafia; Alessandro Di Stefano si lega invece alla sorella di un altro personaggio di peso del clan del Gionchetto, Costantino “Patatone” Di Silvio. È Fabio Di Stefano ad acquisire i galloni maggiori all’interno dei quadri del sodalizio rom, tanto da diventare praticamente il numero due del clan insieme ai figli di Romolo.

I Di Stefano e i Di Silvio, insieme ad altri affiliati, vantano nel loro “curriculm” criminale anche il complesso completamente abusivo a Borgo San Michele, successivamente sequestrato dalla Procura di Latina.

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Il padre, Salvatore Di Stefano, diventa noto alle cronache di Latina quando, insieme ai figli Alessandro e Franco (il terzo degli eredi), è protagonista di una rissa da Far West dentro il centro commerciale Latina Fiori (un episodio che ha comportato nel 2017 la prima condanna). Motivo della rissa? Il furto di una borsa, pare.

Ma non è naturalmente questo episodio ad aver fatto scattare la proposta della sorveglianza speciale da parte dei Carabinieri di Latina. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il coinvolgimento di Salvatore Di Stefano nell’inchiesta di DDA capitolina e Squadra Mobile di Latina denominata “Scarface” che ha colpito duramente il clan di Romolo Di Silvio. Processato col rito abbreviato a Roma, Salvatore Di Stefano rimedia una condanna a 3 anni e 8 mesi.

L’episodio in cui è coinvolto fa scattare la proposta dei Carabinieri di Latina poiché dimostra di come Salvatore Di Stefano ha ancora dalla sua l’alone criminale massimo a Latina, tanto da poter parlare a tu per tu con un capo del Clan Ciarelli, Luigi Ciarelli, quando nasce una disputa tra il figlio Fabio Di Stefano e un figlio del boss rom, Marco Ciarelli.

L’EPISODIOL’estorsione ha riguardato Simone Di Marcantonio (condannato anche lui con l’aggravante mafiosa ed ex nominato dal sottosegretario della Lega Claudio Durigon nell’Ugl Lazio) ed è importante perché, secondo la DDA, avrebbe potuto scatenare una vera e propria guerra tra i Di Silvio ala Romolo e i Ciarelli. A essere protagonista dell’episodio anche un attuale collaboratore di giustizia: Emilio Pietrobono che ha contribuito con le sue dichiarazioni all’operazione “Scarface”.

Tutto nasce dal fatto che Pietrobono aveva il ruolo di prestanome della Gdo Service srl, una società riconducibile a Simone Di Marcantonio. Siamo nel 2019, Emilio Pietrobono, muratore ma soprattutto corriere della droga per conto di Di Stefano, vero reggente del clan di Romolo da quando lui è in carcere, utilizza dei soldi dal conto della Gdo service srl per consegnarli a Di Stefano: 12mila e 500, non briciole e forse anche di più. Istigato da Di Stefano, non in buoni rapporti con Di Marcantonio (secondo Pietrobono “lo aveva fatto arrestare tre o quattro anni prima”), Pietrobono preleva la somma per acquistare sostanza stupefacente e poi rivenderla.

Pietrobono racconta di essere amministratore fittizio della Gdo service srl dal novembre 2018 per espressa richiesta di Di Marcantonio. Peraltro Pietrobono, come rivelato dall’inchiesta di Fanpage su Durigon, siede all’interno anche della società Gestione&Soluzioni di Sabaudia.

Ad ogni modo, scoperto il prelievo, Di Marcantonio, per recuperare i soldi, si rivolge a una delle figure più emergenti del Clan Ciarelli: Marco Ciarelli, figlio di Luigi Ciarelli già condannato in secondo grado per narcotraffico dal Cile e imputato anche nell’operazione Reset per reati aggravati dal metodo mafioso (sarebbe stato il fornitore di hashish dei fratelli Travali).

Marco Ciarelli, insieme a un altro noto personaggio alle Forze dell’Ordine, Manuel Agresti, non può che agire in un solo modo, secondo le leggi della mala. I due, Ciarelli e Agresti, sequestrano Pietrobono, minacciandolo con una pistola. “Marco mi diceva – racconta Pietrobono in uno dei verbali resi alla DDA – che i soldi di quell’assegno non erano di Di Marcantonio ma dei Ciarelli”. Accompagnano in banca Pietrobono, gli intimano di bloccare l’assegno circolare con gli oltre 12mila euro del conto della GDO.

Pietrobono non si dà per vinto e riesce a contattare Fabio Di Stefano che insieme al fratello Alessandro raggiunge i sequestratori e il sequestrato nei pressi della banca. Di Stefano e Ciarelli parlano, sono tranquilli. Poco prima, infatti, Di Stefano con il padre Salvatore si era recato da Luigi Ciarelli, il padre di Marco, all’epoca detenuto ai domiciliari. La discussione captata dagli investigatori è accesa.

Luigi CIARELLLI: “…TU AVANZI, IO AVANZO…”
Fabio DI STEFANO:”…OGNUNO PRENDE I SUOI, CHE MI FREGA A ME
Luigi CIARELLI :”…NON SO ADESSO COME È LA SITUAZIONE…PARLO CONI I MIEI FIGLI, LORO MI SPIEGANO BENE, DOPO TI SPIEGO…PERÒ TI DICO GIÀ IN PARTENZA, SE PERDI SONO PROBLEMI TUOI FABIO…”
Fabio DI STEFANO “…SÌ, PERÒ FA CHE MI VA A BLOCCARE L’ASSEGNO, NO”
Luigi CIARELLI: “…TE L’HA IIA BLOCCATO MIO FIGLIO…
Fabio DI STEFANO: “…SEQUESTRATO E STANNO A FA BLOCCA L’ASSEGNO NO?…”
Luigi CIARELLI: “..SONO PROBLEMI SUOI FABIO, NON SONO PROBLEMI MIEI, CAPITO? STAI IN MEZZO ALLA STRADA COME STA IN MEZZO ALLA STRADA PURE LUI…”
Fabio DI STEFANO: “…E QUINDI I SOLDI NON LI PERDO, ZÌ…TI PARLO PROPRIO CHIARO, I SOLDI NON LI PERDO…”

Al che vista la temperatura alta – dopo tutto, seppure fiaccato da arresti, Luigi Ciarelli è un boss – il padre di Di Stefano, Salvatore Di Stefano, interviene per pacificare: “ASPETTA UN ATTIMO, SCUSA UN ATTIMO…”. E riferito al figlio, visto che Luigi Ciarelli non avrebbe mosso un dito: “SE LO VAI A BLOCCARE TE L’ASSEGNO?”.

Alla fine dei giochi, Fabio Di Stefano parla con Marco Ciarelli e trovano una soluzione che prevede soldi per entrambi: “Marcoli’, guarda se tu vai a casa, io so’ andato a parla’ co papà tuo, perché non sapevo come rintracciatte e papà tuo si è arrabbiato come giustamente, dice “a Fa’ ma vieni qua…m’ha strillato…però poi ha parlato co papà mio perché, vabbe’ loro c’hanno cinquant’anni e se capiscono”. Di Stefano ha già incassato l’assegno che Marco Ciarelli voleva far bloccare a Pietrobono e, dopo il colloquio col padre, lo stesso Ciarelli junior desiste.

La caratura criminale di Di Stefano è questa: la possibilità di parlare con Luigi Ciarelli e venire a capo di una situazione. Ecco perché scatta la sorveglianza speciale: Salvatore Di Stefano avrà l’obbligo di dimora, non dovrà frequentare pregiudicati e non potrà rincasare più tardi delle ore 21 né uscire di casa prima delle ore 6,30. 

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