OMICIDIO GIUROIU, RICCARDO INCHIODA ANGELO TRAVALI: ”DECISE LUI”. POI AMMETTE DI AVER SENTITO PUGLIESE UNA VOLTA NEL 2019

Salvatore e Angelo Travali
Salvatore e Angelo Travali

Omicidio Giuroiu: è ripreso il dibattimento che vede sul banco degli imputati i fratelli Angelo e Salvatore Travali

È ripreso il processo – davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina presieduta dal Giudice Gian Luca Soana, a latere il Giudice Fabio Velarsi, più la giuria popolare – sull’omicidio del rumeno Nicolas Adrian Giuroiu avvenuto il pomeriggio dell’8 marzo 2014 in via Macchiagrande, a Borgo Sabotino, per cui sono stati condannati con sentenza passata in giudicato Mirko e Manuel Ranieri e Ionut Ginca.

Ad essere ascoltato oggi, 6 dicembre, in aula di Corte d’Assise, il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, ex affiliato del clan Travali e, successivamente, organico al clan Di Silvio capeggiato da Armando Di Silvio detto ”Lallà”. Riccardo è stato esaminato dal Pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Corrado Fasanelli, e dal collegio difensivo composto dagli avvocati Giancarlo Vitelli, Italo Montini e Camillo Irace.

Il movente dell’omicidio, infatti, così come stabilito dalla sentenza definitiva, è che Giuroriu è stato ammazzato perché sfruttava due ragazze, facendole prostituite, legate l’una a Ginca e l’altra a uno dei due fratelli Ranieri, Manuel. Per tale ragione il rumeno fu ucciso e i fratelli Travali, secondo la DDA, aiutarono nell’impresa omicida i tre condannati per rafforzare sul territorio la loro forza intimidatoria. Peraltro i Ranieri, sempre secondo gli organi investigativi, erano affiliati al clan Travali tanto è che Manuel Ranieri è imputato, insieme a tutto il sodalizio retto dai due fratelli Travali, nel processo Reset che contesta l’associazione mafiosa. Come noto, il processo odierno sull’omicidio Giuroiu per cui i Travali devono rispondere di concorso in omicidio con l’aggravante mafiosa è nato proprio dal procedimento denominato Reset, ossia è stato stralciato nelle fasi preliminari dalla Corte d’Assise.

Giuroiu fu, come ricostruito dagli agenti di Polizia di Stato esaminati nelle scorse udienze, prima speronato in auto dai due Ranieri e Ginca, poi colpito a morte da colpi d’arma da fuoco e, infine, gettato in un pozzo agricolo a Olmobello, nel Comune di Cisterna di Latina.

Una versione che Riccardo conferma in pieno nell’esame durato circa due ore e dove non sono mancati scontri accesi e durissimi tra il Pm Fasanelli e in particolare l’avvocato Vitelli e tra quest’ultimo e il collaboratore di giustizia. Presente in aula anche l’avvocato Benedetta Manasseri in rappresentanza delle parti civili: Associazione Caponnetto e, in sostituzione dell’avvocato dell’ente, il Comune Latina.

Prima di esaminare Riccardo, il Pm Fasanelli ha rinunciato alla testimonianza prevista di un altro collaboratore di giustizia: Andrea Pradissitto, ex affiliato al clan rom Ciarelli.

Riccardo è comparso in video-collegamento da una località protetta e ha testimoniato non come imputato per reato connesso. “Io – ha spiegato il collaboratore di giustizia – facevo parte del clan di Angelo e Salvatore Travali. Premetto che conosco Angelo Travali da 30 anni, la nostra organizzazione criminale era attiva anche nel 2014 – l’anno dell’omicidio Giuroiu – e mi occupavo di estorsioni, politica e droga. Io e Angelo stavamo sempre insieme, con Salvatore c’era un’amicizia. Stavamo tutti i giorni insieme e commentavano reati come estorsioni e spaccio. Francesco Viola – ha proseguito Riccardo stimolato dalle domande del Pm per ricostruire il quadro criminale dell’epoca – è il cognato di Angelo Travali, è lui che mi ha insegnato a fare le estorsioni. Salvatore Travali era un gradino sotto ad Angelo Travali che comandava…Costantino Di Silvio Cha Cha, invece, era un supervisore”.

Conosco Manuel Ranieri, era un affiliato, mentre Mirko era più piccolo. I fratelli Ranieri erano comandati dai Travali, e facevano parte del gruppo di fuoco che premevano il grilletto, oltreché a occuparsi per il clan di droga da spacciare”.

Per quanto riguarda il fatto specifico dell’ammazzamento efferato di Giuroiu, Riccardo è netto: ”Io so per quale motivo fu ucciso. C’erano due ragazze che venivano fatte prostiture da Giuroiu e i fratelli Ranieri, aizzati dai Travali, lo uccisero. L’omicidio fu deciso ai Palazzoni in Viale Nervi: c’erano i fratelli Travali, i Ranieri, Renato Pugliese, Francesco Viola e io. Angelo decise che la vittima doveva morire, ha progettato l’omicidio e ha partecipato allo speronamento facendo la staffetta con la sua smart bianca”.

Accanto a lui, come già emerso nelle scorse udienze, e secondo l’accusa, il fratello, Salvatore Travali.

“Una delle due ragazze – ha confermato Riccardo – era la compagna di Manuel Ranieri e i Travali non accettavano che la vittima dell’omicidio (nda: Giuroiu) la facesse prostituire. All’epoca Angelo Travali era sorvegliato speciale, quindi la macchina – la Smar completamente bianca – non era intestata a lui, era frutto di una estorsione da parte di Angelo stesso e Gianluca Ciprian”.

Ma perché Angelo Travali era così interessato a far uccidere Giuroiu, un tizio che neanche conosceva? A rispondere ci pensa sempre Riccardo: ”Quando fu ucciso questo ragazzo, Angelo Travali doveva far capire che comandava lui, doveva imporre il terrore a Latina e provincia. Dopo l’omicidio, dal momento che nella Squadra Mobile c’erano agenti di Polizia infedeli, Travali fu chiamato da Riccardo Pasini”. Quest’ultimo è stato già processato e assolto nel procedimento “Don’t Touch” che mise alla sbarra il sodalizio Cha Cha/Travali per la prima volta (tutti condannati) e tuttora si trova a processo nel procedimento denominato Reset in cui gli si contestano sempre le accuse di aver agevolato il clan tramite spifferi che provenivano dall’agenti di Polizia, all’epoca in servizio alla Squadra Mobile, Carlo Ninnolino.

Secondo Riccardo, fu Pasini a chiamare Angelo Travali e riferirgli che Ninnolino gli aveva detto che, dalle immagini in possesso degli inquirenti che indagavano sull’omicidio Giuroiu, si vedeva l’auto di Travali nelle fasi dell’agguato tramite una telecamera. A distanza di anni, proprio in questo processo, è stato mostrato il video dell’inseguimento.

“Ero presente vicino allo stadio quando ci fu l’incontro con Pasini”. Riccardo entra anche nei dettagli: “Angelo Travali mi disse che l’omicidio fu esemplare, furono attinti tra i 10 e 15 colpi di pistola. Le armi erano di Angelo che possedeva un arsenale. Le armi erano sempre a disposizione del clan e tenute da una persona, Teresa, ai Palazzoni. Teneva la retta. C’erano anche altre armi in Viale Nervi, proprio lì ho fatto trovare una glock alla Squadra Mobile dopo la gambizzazione del tabaccaio Marco Urbani. I Travali si erano appropriati abusivamente di cantine e contatori alle case popolari e ai Palazzoni erano nascosti le armi nelle cantine”.

“Il Capo della Mobile (nda: all’epoca Tommaso Niglio) mi diede appuntamento alla stazione di Latina Scalo e lì c’era anche Ninnolino che non sapevo essere colluso con i Travali e gli dissi dove era la Glock”. Insomma, per il collaboratore la disponibilità di pistole e fucili era illimitata e furono i Travali a dare ai Ranieri le armi per uccidere Giuroiu. ”Furono date per l’omicidio, ma ci sono stati tanti episodi in cui le armi sono state date per altri attentati e gambizzazioni”. Una santabarbara a disposizione del clan, circostanza emersa già in altri processi riconducibili ai Travali.

“Angelo sapendo dell’informazione dal poliziotto che gli aveva detto che si vedeva la sua auto, mi disse che doveva andare da Ciprian. Travali era preoccupato delle dichiarazioni di un altro imputato”. A destare ansia ad Angelo Travali era Adrian Ginca che, una volta arrestato per l’omicidio, stava redendo dichiarazioni alla Procura. Un particolare, questo, che in udienza ha generato tensioni tra il collaboratore di giustizia e l’avvocato Vitelli. Vedremo perché.

“Uccidere Giuroiu – ha proseguito Riccardo – doveva essere eclatante, esemplare, Travali era un sanguinario. All’omicidio materiale hanno partecipato i Ranieri e uno straniero”. Si riferisce a Ginca, poi successivamente condannato per l’uccisione del suo connazionale: “che fece l’infame e di questo aveva paura Travali”.

L’omicidio fu commesso nel pomeriggio e deciso la mattina”. Così ha sostenuto Riccardo perché “Travali doveva far capire alla città di Latina che non si scherzava”.

L’avvocato Montini, una volta finito l’esame del Pm, ha contestato Riccardo perché a verbale aveva dichiarato che di fianco a Travali, sulla Smart bianca, c’era uno straniero. Al che, il pentito ha precisato che lo straniero era nella macchina di Ranieri, mentre di fianco ad Angelo Travali c’era il fratello Salvatore.

Tuttavia, il contro-esame più accesso è stato quello dell’avvocato Vitelli il quale ha cominciato il suo intervento chiedendo a Riccardo se era vera la dichiarazione, emersa nella primavera 2021, per cui l’attuale premier Giorgia Meloni avesse dato soldi al clan per la campagna elettorale del 2013. Una domanda non accolta dalla Corte e il cui non accoglimento è stato sollecitato vigorosamente dal Pm: un argomento che col processo Giuroiu non ha niente a che vedere, nonostante l’avvocato abbia spiegato che è importante verificare l’attendibilità del pentito. Questa, in effetti, risulta da tempo una strategia difensiva che è ormai prassi al Tribunale di Latina nell’ambito dei processi sui clan rom, dove ad avere un ruolo decisivo sono i collaboratori di giustizia. E Riccardo è particolarmente preso di mira.

L’avvocato Vitelli ha cercato di evidenziare l’estraneità di Riccardo al clan Travali poiché fu escluso dall’indagine “Dont Touch” ( di ottobre 2015). Ma il collaboratore ha risposto sempre nel merito: ”Io divento confidente di polizia dopo la gambizzazione di Urbani, ad agosto 2014”. E perché non parlò ai poliziotti dell’omicidio Giuroiu già sette anni fa, ha chiesto l’avvocato. “Io sapevo tutto – ha risposto Riccardo – ma confidai al capo della Mobile Niglio solo quello che mi chiedevano, ossia l’arma che sparò a Urbani”.

Dopo altre contestazioni per supposte discrasie tra le dichiarazioni di Riccardo oggi e quelle rese a verbale alla Direzione Distrettuale Antimafia nei 180 giorni concessi dalla legge che iniziano dal momento della collaborazione con lo Stato, l’avvocato Vitelli ha incalzato l’ex affiliato al clan chiedendo se si siano sentiti per telefono con Riccardo Pugliese dopo essere diventati collaboratori di giustizia.

“Io non lo vedo dal 2016 – ha detto Riccardo. Poi l’ammissione. ”Quando uscì dai domiciliari, Pugliese mi chiamò col telefonino dell’agenti di polizia Renzo Battisti, ma ci sentimmo dopo i 180 giorni in cui si devono rendere le dichiarazioni. Abbiamo parlato solo del fatto che avevamo fatto la scelta giusta a pentirci. Furono solo 2 minuti nel 2019, poi basta, mai più”.

Al che ne è nata una polemica in aula tra Pm, avvocato e collaboratore sull’attinenza della circostanza in merito a un omicidio che non ha nulla a che vedere con l’episodio. Secondo l’avvocato Vitelli, infatti, Riccardo sarebbe stato imbeccato da poliziotti in merito a una estorsione contestata nel processo madre denominato ”Reset”. Un aspetto delicato e che ha creato nervosismo in aula: infatti, il poliziotto Battisti è stato protagonista di una storia imbarazzante poiché intrecciò una relazione con l’ex moglie di Riccardo, ne scaturì anche un processo per maltrattamenti da parte del collaboratore. E persino un secondo procedimento, ricordato da Vitelli, per cui a Riccardo sarebbe stato suggerito cosa dire a verbale in merito a un episodio estorsivo, rientrato in altra indagine. Va detto, però, che quest’ultimo procedimento è stato archiviato.

Ma Riccardo ha voluto ribadire che nessuno della polizia giudiziaria gli ha mai detto cosa dovesse dichiarare. “L’avvocato Vitelli – ha detto il pentito – difendeva il poliziotto Battisti. Ma io ho fatto 150 interrogatori e mi sono auto accusato di 400 estorsioni. Solo una volta Battisti, in buona fede, mi aiutò a ricordare su un episodio di estorsione”.

Poi, come se fosse una tenzone personale, il collaboratore di giustizia ha detto rivolto a Vitelli: “Lei andò a casa di Ermanno D’Arienzo (nda: noto criminale pontino e padre biologico di Angelo Travali) per dire che Ginca aveva parlato e stava facendo dichiarazioni in Procura”. Dichiarazioni che hanno fatto salire il livello di tensione in aula, già rilevante, a una vera e propria diatriba tanto che il Presidente della corte d’Assise, Gian Luca Soana, è stato costretto a riprendere sia Vitelli che Riccardo, richiamandoli a non fare più polemiche: da un lato, secondo il magistrato, c’è un andazzo che non va bene nelle continue contrapposizioni tra avvocati e collaboratori; dall’altro Riccardo deve attenersi a rispondere senza commentare.

Ricapitolando, la testimonianza di Riccardo ha confermato alcuni punti dirimenti per l’accusa. La proposta di uccidere Giuroiu fu avanzata dai Ranieri, ma fu Angelo Travali a dare il benestare, aggiungendo che avrebbe partecipato anche lui all’esecuzione. L’omicidio fu compiuto nell’immediatezza: non dopo 2,3 giorni come ha contestato l’avvocato Irace a Riccardo che avrebbe dichiarato così a verbale, ma dopo poche ore. Dalla mattina al pomeriggio, Giuroiu è diventato un uomo morto. Un omicidio che, successivamente, secondo Riccardo, fu raccontato da Travali in una sala scommesse in viale Nervi, alla presenza di tutto il clan.

La prossima udienza è stata fissata per il 12 gennaio 2023: ad essere ascoltato Adrian Ginca, collegato dal carcere rumeno. Sarà presente anche un interprete.

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