OMICIDIO GIUROIU, PARLA PUGLIESE: “ANGELO TRAVALI FOMENTÒ I RANIERI PER AMMAZZARE IL RUMENO”

Renato Pugliese
Renato Pugliese, uno dei due collaboratori di giustizia nel processo Alba Pontina

Omicidio Giuroiu: quarta udienza di dibattimento che vede sul banco degli imputati i fratelli Angelo e Salvatore Travali

È ripreso il processo, presso il Tribunale di Latina, sull’omicidio del rumeno Nicolas Adrian Giuroiu avvenuto il pomeriggio dell’8 marzo 2014 in via Macchiagrande, a Borgo Sabotino, per cui sono stati condannati con sentenza passata in giudicato Mirko e Manuel Ranieri e Ionut Ginca.

A sedere sul banco degli imputati nel procedimento in corso Angelo e Salvatore Travali che devono rispondere di omicidio con l’aggravante per mafiosa. Come noto, il processo è una branca di quello più complessivo scaturito dall’indagine denominata “Reset” la cui prossima udienza è stata fissata il 30 giugno e che contesta l’associazione mafiosa al cosiddetto clan Travali.

Nell’udienza che si è svolta il 27 giugno scorso, è stato mostrato dall’accusa, rappresentata in aula dal Pm della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Corrado Fasanelli, il video dell’inseguimento, datato 8 marzo 2014 (giorno dell’omicidio del rumeno), immortalato dalle telecamere di video-sorveglianza posizionate su Strada Alta a Borgo Sabotino che ripresero le varie fasi: una Dacia Sandero, occupata dai Ranieri e Ginca, che inseguiva la vettura – una Toyota – guidata dal prossimo all’ammazzamento, Giuroiu, e occupata anche da una delle due ragazze rumene, all’epoca fidanzata di Ginca, avviata alla prostituzione dall’ucciso.

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Il movente dell’omicidio, infatti, così come stabilito dalla sentenza definitiva, è che Giuroriu è stato ammazzato perché sfruttava due ragazze rumene, facendole prostituite, legate l’una a Ginca e l’altra a uno dei due fratelli Ranieri, Manuel. Per tale ragione il rumeno fu ucciso e i fratelli Travali, secondo la DDA, aiutarono nell’impresa omicida i tre condannati per rafforzare sul territorio la loro forza intimidatoria. Peraltro i Ranieri, sempre secondo gli organi investigativi, erano affiliati al clan Travali tanto è che Manuel Ranieri è imputato nel processo Reset di prossimo inizio.

È in quel video che, dopo le due auto di inseguito/ucciso e inseguitori/killer, passa a distanza di pochi minuti la Smart di Angelo Travali il quale, secondo l’accusa, si trovava insieme al fratello Salvatore.

A dar manforte all’accusa rappresentata dal Pm Fasanelli, oggi, 13 settembre, dinanzi alla Corte d’Assise presieduta dal Giudice del Tribunale di Latina Gian Luca Soana, è stato ascoltato il primo collaboratore di giustizia della storia giudiziaria di Latina città: Renato Pugliese, il figlio del boss di origine rom Costantino “Cha Cha” Di Silvio.

Non poche le schermaglie tra accusa e difesa prima che Pugliese fosse ascoltato. Il Pm ha fatto presente di avere messo a disposizione il verbale reso agli inquirenti dell’8 marzo 2017 avente ad oggetto i contenuti della collaborazione di Pugliese e il verbale del 21 dicembre 2016, ossia quello in cui l’ex affiliato ai clan Travali e Di Silvio (sponda Armando “Lallà” Di Silvio) mostrò i primi segnali di una volontà di una collaborazione con lo Stato.

È nel verbale del 2017 che Pugliese accenna ai fratelli Ranieri e fa riferimento all’omicidio Giuroiu: fatti di cui poi parla nel verbale del 30 gennaio 2020, che costituisce una pietra miliare per l’indagine Reset da cui nasce il processo sull’omicidio del giovane rumeno.

Schermaglie tra accusa e difesa, si diceva, che scaturiscono dalla richiesta della difesa di trascrivere per intero il verbale del gennaio 2020 a cui il Pm Fasanelli si è opposto dal momento che vi sono molti omissis riferibili a procedimenti in essere o comunque rientrati in processi paralleli. Ad ogni modo la Corte d’Assise, dopo un’ora di dibattimento tra le parti, ha rigettato la richiesta di trascrizione dando ragione all’accusa e avviando così l’escussione di Renato Pugliese.

Il collaboratore di giustizia – già condannato per associazione mafiosa, estorsioni e indagato per associazione con i Travali – ha ripercorso la sua storia criminale: dai primi reati con il più grande dei figli di “Lallà”, Giuseppe Pasquale Di Silvio, fino all’educazione criminale nella batteria di Massimiliano Moro per arrivare agli affari di droga con il clan Travali. “

“Vendevo droga – ha detto Pugliese – Successivamente sono rimasto deluso, ho deciso di collaborare e non è stato semplice. Ho fatto questa scelta per liberarmi anche perché volevano uccidermi. Ho creduto nei giudici Spinelli, De Lazzaro, Zuin, nell’avvocato che mi segue da anni, e sto pagando i miei errori anche perché sono in carcere“.

“Dal maggio 2013 fino a ottobre 2015 sono stato con Travali. Conosco sia Mirko che Manuel Ranieri, lavoravano per Angelo, soprattutto Manuel. Vendevano droga, ho fornito loro cocaina, erba e fumo. Manuel Ranieri era a disposizione di Angelo nel settore della droga. Manuel era uno dalla pistola facile, poteva essere uno che sparava a bruciapelo. Dell’omicidio Giuroiu a quanto so è successo a causa di una ragazza prostituta di cui Manuel si era innamorato”.

“Giuroiu chiedeva dei soldi per lasciarla stare e non farla più battere, è per questo che è stato ucciso. Ho appreso per strada che Giuroiu è stato ammazzato e so che c’era con i Ranieri anche anche un altro ragazzo, un rumeno (nda: Ginca)”.

Pugliese ha sostenuto che fu lo lo stesso Manuel Ranieri a rendergli noto di avere problemi con Giuroiu poiché questo voleva 10mila euro per lasciare stare la ragazza rumena di cui si era innamorato così da non farla più prostituire. A Pugliese, Ranieri doveva dei soldi e chiese all’attuale “pentito” di posticipare il pagamento proprio perché in quel momento aveva a che fare con Giuroiu il quale, a sua volta, chiedeva soldi. “È questa la somma, 10mila euro, chiesta da Giuroiu a Manuel Ranieri – ha detto Pugliese – e la sua risposta è che l’hanno mandata al camposanto. Io quella ragazza l’avevo intravisto solo una volta, ma non sapevo niente della prostituzione, né Manuel mi aveva mai detto di essersi innamorato”.

“Ho parlato dell’omicidio Giuroiu anche con Angelo Travali – ha detto Pugliese video collegato dal carcere in cui si trova recluso -. Io non volevo che si sparasse mai, mi interessava solo vendere la droga e non avere problemi”. Ma sparare significava avere status criminale e questo sia secondo l’accusa che secondo Pugliese era l’obiettivo di Angelo Travali: accreditarsi nel mondo della mala non solo come trafficante di droga ma anche come sanguinario spietato.

“Da Angelo – ha continuato Pugliese – ho saputo dell’omicidio”. Travali si sarebbe fatto forte di queste violenze poiché – questo il concetto alla base – chi osava toccare lui o uno dei suoi sottoposti come erano i Ranieri moriva.

Angelo ha messo a disposizione delle armi ai Ranieri e li ha fomentati per ammazzarlo. Fai questo che nessuno dice niente. Angelo era a favore di uccidere persone. Il tuo capo è presente, questo era il senso di Travali che rassicurava Manuel”.

Angelo, ha continuato Pugliese, “aveva una Smart bianca Brabus, ci abbiamo trovato pure le microspie. Sulla scena dell’omicidio del rumeno era presente con la Smart, ha fatto come staffetta”.

Tra i primi a riferire a Pugliese dell’omicidio Giuroiu fu Michele Petillo, giovane pusher prima alle dipendenze dei Travali, successivamente finito tra gli arrestati nella maxi indagine sul clan di Romolo Di Silvio denominata “Scarface“.

“Petillo – ha detto Pugliese – l’ho messo io sulla strada e parlammo anche dell’omicidio Giuroiu. Petillo mi riferì che il cadavere di Giuroiu fu utilizzato come tiro a segno dai fratelli Travali e dopo lo buttarono in un pozzo (nda: a Olmobello, Comune di Cisterna). Cose che furono fatte anche a Buonamano da mio zio Romolo e Patatone: passarono sopra di lui con l’auto dopo averlo ammazzato. E anche a Moro che fu preso a calci in pancia dopo la morte“.

Puglise, interrogato dal Pm Fasanelli e successivamente dagli avvocati dei Travali – Vitelli, Irace e Montini – ha spiegato di aver conosciuto bene i Ranieri, persino la madre. Ha spiegato di come i Ranieri fossero stati aiutati dai Travali quando si trovavano in carcere e come fossero sottoposti ai Travali stessi. “Ad Angelo mancava solo il grilletto facile ma poi ha assunto queste cose, avendo a disposizione gente come Manuel Ranieri che sparava e Cristian Battello detto Schizzo“.

Contro-esaminato dall’avvocato Vitelli che ha puntato, tramite legittima strategia difensiva, a far vacillare la credibilità del collaboratore di giustizia, Pugliese ha spiegato che l’omicidio Giuroiu, così come altri fatti violenti – tra i i quai gli spari di Alessandro Zof, commissionati da Angelo Travali, contro Luca Parlapiano o la gambizzazione del tabaccaio Urbani – erano di dominio pubblico negli ambienti della cosiddetta strada. “Angelo mi diceva: l’abbiamo buttato giù. Sono andato a casa sua e io ero pronto ad andare via dal sodalizio perché non volevo avere niente a che a fare con spari e omicidi”.

In sostanza, Angelo Travali avrebbe voluto affermare e fare sapere al gruppo di Armando “Lallà” Di Silvio, con cui i rapporti erano pessimi, che potevano sparare e uccidere anche lui e il suo gruppo: una sorta di riscatto rispetto alla vicenda della fuitina (tra il fratellastro dei Travali e una delle figlie di “Lallà” avvenuta nel 2011), quando i Travali furono soccombenti e costretti a scappare. Peraltro, in seguito agli spari recapitati da Lallà verso la casa della nonna dei Travali, la madre di quest’ultimi, Maria Grazia Di Silvio, denunciò il capo rom di Campo Boario. Da qui la faida e il senso di rivalsa di Angelo Travali.

Prima di “congedare” le parti, la Corte d’Assise ha predisposto per una dei testimoni – una delle due ragazze rumene che si prostituivano e che rientrano nella vicenda dell’omicidio pur non avendo alcuna responsabilità – la multa per 350 euro e l’accompagnamento coatto per non essersi presentata in Tribunale nonostante fosse stata chiamata già dalla scorsa udienza dove era attesa.

Sarà ascoltata, la ragazza rumena, il prossimo 11 ottobre. Previsti le testimonianze di Petillo, per richiesta dell’avvocato Montini, e il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

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