Il Clan Ciarelli imponeva ai Travali l’acquisto della droga. Così ha dichiarato a verbale Renato Pugliese, il collaboratore di giustizia che insieme agli altri tre (Agostino Riccardo, Maurizio Zuppardo ed Emilio Pietrobono) ha permesso un salto di qualità alle indagini della Polizia e del pool Antimafia romano-pontino. E spunta un “boss” di Aprilia capace di vendere centinaia di chili di droga al mese
Sono gli unici ad essere scampati al 416bis, ma da anni, come dimostrano sentenze e fatti conclamati, i Ciarelli di Pantanaccio, quartiere periferico di Latina e al contempo storico, danno l’impressione di essere quelli più temuti, più forti, e persino in grado di partecipare in proprio al narcotraffico di serie A come quando Luigi Ciarelli, fratello di Carmine “Porchettone” Ciarelli, rimase impigliato nell’indagine della Guardia di Finanza di Livorno: oltre 80 chili di droga dal Sud America su una nave che arrivò direttamente al Porto di Livorno. 12 anni in primo grado per il reggente della famiglia, dopo gli arresti del processo Caronte (anno 2010), eppure Luigi Ciarelli, nato a Capua, 52 anni fa, era agli arresti domiciliari.
Prelevato tra martedì 16 febbraio e mercoledì 17 febbraio, nell’ambito dell’operazione Reset, dagli agenti della Squadra Mobile di Latina – un centinaio di uomini partiti dalla Scuola di Polizia di Nettuno per eseguire le ordinanze nei confronti degli arrestati – Luigi Ciarelli, a cui viene contestata insieme ai Travali e ai loro sodali l’associazione mafiosa dedita allo smercio di droga – a leggere le parole di Renato Pugliese – avrebbe già un sostituto.
Ma prima di concentrarci sulle parole del figlio di Cha Cha, il quale a dispetto di ventilate querele e insulti social, rimane un collaboratore di giustizia attendibilissimo, è utile precisare che a differenza degli altra 24 ai cui viene contestato il 416 bis, compresi Pugliese e Riccardo che del Clan Travali/Cha Cha facevano parte, Luigi Ciarelli non era affatto organico a quel clan mafioso.
Ciarelli ha il suo di Clan ma, per i giri spesso tortuosi e in questo caso necessari della legge, ora dovrà difendersi da un’associazione mafiosa insieme a Travali, Cha Cha, Zof, Cornici, Ciprian e tutti gli altri, dal primo fino all’ultimo pusher/estortore.
Leggi anche:
TUTTI GLI UOMINI DEL CLAN TRAVALI: ALLEANZE, TRAFFICI E INFEDELI DI STATO
Innanzitutto, Luigi Ciarelli è considerato da questa inchiesta il fornitore dei Travali per quanto riguarda l’hashish, con due utili e necessari distinguo. Il primo è che, come sappiamo dal processo di Livorno, il 51enne era nel mercato della cocaina poiché il carico che proveniva dal Cile era di polvere bianca. Il secondo è che, a differenza di Valeriu Cornici e Alessandro Zof che avrebbero venduto marijuana ai Travali, e di Gianluca Ciprian il broker, arrestato a gennaio 2020 in Spagna, che avrebbe fornito cocaina ai Travali, Ciarelli non solo non era un affiliato al Clan Travali ma, secondo Pugliese, imponeva loro l’acquisto dell’hashish.
QUEL BOSS DI APRILIA CHE VENDEVA LA DROGA COL CONTASOLDI – Nell’ordinanza Reset, c’è un altro personaggio omissato, e non arrestato perché – viene spiegato – su di lui sono state riportate testimonianze da Renato Pugliese su quanto raccontato a lui da Agostino Riccardo. Troppi de relato, probabilmente, e poche solide prove.
Si tratta di un uomo, con una villa ai Castelli Romani, a quanto pare molto potente, per cui Riccardo dice di aver portato insieme ad Angelo Travali quasi 2 milioni di euro in un anno e mezzo per la droga. L’omissis del racconto criminale subentra come fornitore di cocaina dopo il gennaio 2014 quando Ciprian, che acquistava la droga da lui, fu arrestato nell’operazione Arco. Secondo Riccardo, l’omissis “è il vero boss e dire che anche nei rapporti con Nicoletti e Gangemi è lui a rivestire una posizione di vertice“. Un elemento di non poco conto, come un altro: Pugliese racconta che i rapporti, all’epoca, tra il clan Travali/Cha Cha, Gangemi e l’omissis, che gravitava tra Aprilia e Castelli, erano stretti. Il Clan Don’t Touch/Reset sarebbe stato quindi alleato a sud, a Terracina, con i Marano, a nord con Gangemi/omissis. Questo è il quadro se si accettano le dichiarazioni dei pentiti e da osservatori non possiamo che farlo.
CONTRASTI E GERARCHIE CRIMINALI – Ma è a Latina città che i Travali, prima che i Di Silvio di Armando “Lallà” Di Silvio, trovano più contrasti e ad aleggiare è sempre lo spettro degli odiati Ciarelli. Odiati al momento in cui vengono eseguite le indagini tra il 2014 (Don’t Touch) e il 2018 (Alba Pontina), ora non sappiamo quali siano i rapporti, considerato che la rivalità tra i clan sinti della città ha dimostrato di poter essere superata al momento del bisogno come quando, nel 2010, Ciarelli e Di Silvio si misero insieme per annichilire Massimiliano Moro, Mario Nardone, Fabrizio Marchetto, insomma la mala non rom, e in teoria Carlo Maricca, a cui il Clan Di Silvio imputa la morte di Ferdinando Di Silvio detto Il Bello, così come la magistratura nei confronti del quale ha chiesto l’arresto per l’omicidio della bomba che fece esplodere l’auto e uccise il figlio di Baffone più di 17 anni fa al Lido di Latina. Secondo intercettazioni e pentiti, Maricca scampò alla resa dei conti perché rifugiò in Romania.
IL BOSS CONTASOLDI – Ma chi è questo boss di Aprilia che sarebbe in gerarchia superiore a Sergio Gangemi il quale, comunque, è un soggetto temuto e rispettato per le sue entrature con la ‘ndrangheta? Secondo Agostino Riccardo si tratterebbe di Patrizio Forniti a cui Angelo Travali portava i soldi in una busta Gucci; poi, i carichi venivano consegnati da “Maurizio Del Giudice detto “melone” presso la casa della nonna di Travali, Velia Casamoneco (errore all’anagrafe nel cognome ma in realtà Casamonica, cugina del “Re di Roma” Vittorio Casamonica) al Canale delle Acque Medie.
Gli scambi di soldi e droga avvenivano anche a un bar tabacchi di Borgo Montello. “Siamo andati io e Angelo Travali – dichiara Agostino Riccardo in un verbale del 2018 – quali acquirenti ad incontrare Cristian Battello e il nipote di Nicola Foschino, morto da latitante all’estero: era uno dei componenti della banda dei sette uomini d’oro (ndr: gruppo che nei primi Novanta mise a segno rapine milionarie a banche, poste e portavalori). Il nipote di Nicola Foschino è giunto a bordo di un Alfa 147 e Cristian Battello ha portato tre pacchi di cocaina, cioè tre kg recanti il timbro Cartier. Dico questo perché (omissis) muove somme elevatissime di denaro e vende quantitativi ingenti di cocaina due/trecento kg al mese. Ricordo di essere andato a portare dei soldi ad omissis ad Aprilia insieme ad Angelo Trovali. Avevamo cinquantamila euro e li abbiamo consegnati ad un bar che si trova sulla sinistra della strada che si prende venendo dalla Pontina per entrare ad Aprilia dopo il Multisala. Omissis era in una sala privata del bar – cui si accede alla sinistra del bancone – insieme a Ivan Casentini ed aveva al suo fianco due macchine contasoldi. Prima di noi c ‘erano in fila almeno 20 persone che stavano consegnando soldi. Angelo pagava tre volte al mese. Abbiamo dato i soldi ad Ivan ed insieme, lui e omissis, le hanno inserite nei conta soldi, hanno parlato con Angelo e siamo andati via. Omissis è il cognato di Nino Montenero e il compare di Gianluca Ciprian e Fabio Nalin, anche di Pietro Canori”. Da logica, omissis quindi è Patrizio Forniti, cognato di Montenero, attualmente sotto processo per estorsione mafiosa, e accusato di aver esploso colpi e e persino bombe a mano ai danni di due imprenditori di Aprilia e Torvajanica: si tratta dello stesso procedimento in cui è imputato Mirko Morgani e per cui Sergio Gangemi ha subito una condanna in primo grado a nove anni (è in corso il processo d’Appello). L’uomo di Gangemi su Latina sarebbe, secondo i pentiti, Antonio Fusco detto Zi’ Marcello che con il succitato Gangemi sarebbero “una cosa sola“.
I CIARELLI, IL CLAN CHE SOTTOMETTEVA TRAVALI E L’OMICIDIO MORO – “Conosco Luigi Ciarelli con cui ho avuto problemi quando è stato arrestato mio padre – ha raccontato Pugliese nel 2017 – per aver preteso la restituzione di un debito riconducibile a Travali che sono stato costretto ad adempiere. La somma credo fosse di circa 32 o 34.000 euro. Negli incontri avuti con Ciarelli era presente anche il figlio, Marco Ciarelli. (Luigi) è il fratello di Carmine. Luigi Ciarelli imponeva l’acquisto di ingenti quantitativi di droga a Angelo e Salvatore Travali, in particolare di hashish; ho assistito ad una scena in cui al Bar Di Russo Angelo Travali ha consegnato circa 3.000 euro per un pagamento di droga a Luigi Ciarelli. L’acquisto era imposto ai Travali“.
Ma da dove proveniva l’accondiscendeza dei Travali che non battevano ciglio e accettavano di farsi imporre l’hashish? A rispondere è sempre Renato Pugliese: “Ricordo che una volta Carmine Ciarelli presso il Tribunale di Latina dove eravamo stati tradotti per due processi mi disse che avrebbe bevuto il sangue dei Travali e di Corrado Giuliani una volta uscito dal carcere, riconducendo la fornitura dell’arma utilizzata per l’agguato ai suoi danni ai Travali e ritenendo che Giuliani fosse stato al corrente dell’agguato consumato nei suoi confronti. Per questo Ciarelli, che si è sempre occupato di usura, ha visto in Travali Angelo la persona che poteva spacciare la sua droga a Latina che era nelle sue mani per ciò che riguardava il traffico di stupefacenti; ciò avvenne anche perché dopo il 2010 (ndr: guerra criminale, arresti dei capi dei Ciarelli e processo Caronte) il mercato dei soldi andava male, nessuno andava più da loro. L’imposizione la ritengo esistente perché Angelo Travali ne parlava sempre male e tuttavia andava a comprare la droga da Luigi Ciarelli. Inoltre Salvatore Travali manifestava una certa preoccupazione per i debiti con Luigi Ciarelli, che poi fui costretto ad estinguere io, intimando a me e ad altri di essere puntuali nei pagamenti; a me diede quattro giorni per un pagamento. Una volta inoltre Roberto Toselli disse che doveva restituire dei soldi ai Travali. So che Marco Ciarelli ha preso il posto di Luigi Ciarelli, ma questi è sempre informato di tutte le attività illecite. Io pagai il debito con Ciarelli fino all’intervento di Iannotta (ndr: imprenditore di Sonnino coinvolto nell’operazione “Dirty Glass” che pagò il debito di Pugliese). In definitiva l’imposizione di acquistare droga da Luigi Ciarelli penso fosse legata alla paura di Angelo e Salvatore Travali dei Ciarelli, avendo Carmine (ndr: Porchettone) detto a me in carcere che li avrebbe ammazzati. Travali non era appoggiato da persone in grado di .fronteggiare i Ciarelli, per questo sottostava alle sua volontà di vendere la droga. Ciarelli si era dimostrato potente perché aveva ammazzato il numero uno, ovvero Massimo Moro“.
Secondo Pugliese, quindi, Massimiliano Moro fu ucciso per mandato di Carmine “Porchettone” Ciarelli, ossia colui il quale fu da attinto da sette colpi d’arma da fuoco proprio nel suo “regno”, il Pantanaccio, di fronte al Bar Sicuranza. Dopo quell’attentato per cui miracolosamente non perse la vita, scoppiò, come noto, la cossiddetta guerra criminale tra Ciarelli e Di Silvio, alleati dopo anni di rivalità, contro la mala non rom di Latina.
Furono fuori Fabio “Bistecca” Buonamano (condannati Costantino “Patatone” Di Silvio e Giuseppe “Romolo” Di Silvio) e per l’appunto Moro, l’uomo che dopo la latitanza in Venezuela aveva deciso di fare la guerra i clan rom della città. Con un particolare grosso come il mondo: per Moro non fu celebrato nessun processo e non ci fu nessun colpevole del suo omicidio.
Leggi anche:
I MISTERI IRRISOLTI DI ALBA PONTINA: MORO, IL BELLO E “MARCELLO”