Dopo le dichiarazioni del pentito Riccardo sui rapporti tra criminalità e politica a Latina e Terracina, fioccano le reazioni da parte dei politici coinvolti
Opposte reazioni, per forza di cose, da parte dei primi due politici – il consigliere comunale Fabio D’Achille (Lbc) e l’ex consigliere regionale Gina Cetrone (Cambiamo con Toti) – che in queste ore sono intervenuti dopo le rivelazioni uscite fuori durante l’udienza del processo Alba Pontina da parte del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.
A dir la verità, le sole vere primizie riguardano due politici in particolare: Nicola Calandrini e Armando Cusani, i cui nomi, riferiti a precisi episodi raccontati dal pentito Riccardo ai magistrati nei verbali, erano stati coperti da omissis. Su Calandrini, vi erano inoltre le dichiarazioni di una vittima di estorsioni, rientrata nell’indagine “Alba Pontina”, che lo aveva tirato in ballo nell’ambito di un presunto voto di scambio proposto da colui che la Guardia di Finanza ritiene essere uno dei “prestanome” di Sergio Gangemi, Simone Di Marcantonio. Un caso sollevato da Latina Tu ad agosto scorso. Da rilevare che, in dibattimento, a novembre scorso, la stessa vittima ha negato quanto dichiarato a verbale alla Polizia di Latina nel 2016 in riferimento ai 50 euro che gli sarebbero stati offerti da Di Marcantonio per far votare l’attuale senatore di Fratelli d’Italia quando, tre anni fa, si presentò come candidato sindaco alle amministrative che lo videro perdere, al ballottaggio, con Damiano Coletta.
Ieri, tuttavia, gli altri nomi ripetuti – Adinolfi, Tripodi, la stessa Cetrone, Maietta – non potevano essere ignorati né dai giudici che interrogavano né dal collaboratore di giustizia poiché, in un processo importante come quello che si sta celebrando a Latina, e che mette alla sbarra parte del clan Di Silvio per mafia, occorre ricostruire tutto, anche aspetti che da tempo, ormai, si leggono e si scrivono. E, sopratutto, si conoscono pur non generando alcun tipo di mea culpa da parte dei partiti e dei personaggi politici coinvolti direttamente o indirettamente nell’intreccio nefasto tra politica e criminalità. Senza menzionare, almeno in questo articolo, le gravi dichiarazioni e alcuni fatti evidenti già in fase di indagine riguardanti imprenditori potenti e professionisti in voga. Nessuno dei quali è indagato, ma il cui interessamento ad alcune vicende estorsive fanno riflettere su che cosa sia diventato il guazzabuglio pontino.
D’ACHILLE – “Mi auguro che la Lega, con il consigliere comunale Carnevale e il segretario cittadino Valiani, decidano di porsi in maniera diversa nei confronti dell’eurodeputato Adinolfi (Lega) e del senatore Calandrini (Fdi). Sono stati citati dal pentito Riccardo a proposito del presunto voto di scambio con la criminalità organizzata, dopo la prima rivelazione dell’altro pentito Pugliese che aveva raccontato dei voti comprati del consigliere regionale Tripodi (Lega). Mi auguro che, quanto prima, venga accertata la loro assoluta estraneità ai fatti” – ha dichiarato Fabio D’Achille, consigliere comunale di Latina (Lbc) e Presidente della Commissione Cultura. “A me e all’assessora Leggio, la Lega di Salvini e i due polemisti di professione (ndr: Valiani e Carnevale) che la rappresentano in città, hanno chiesto le dimissioni, dicono, per una questione di opportunità politica sul Progetto Upper – attacca il Presidente della Commissione Cultura, riferendosi alla vicenda in cui i leghisti Valiani e Carnevale chiesero le dimissioni sue e di Leggio per presunte questioni di inopportunità in merito al progetto Upper e al ruolo di socio di una cooperativa interessata al bando di gara – Che diranno quindi delle affermazioni dei pentiti emerse dal processo e che riguardano colleghi della loro parte politica? Giustizialismo e moralismo gli si addicono davvero poco. Perché, al di là dei nomi specifici, quel che provano le parole di Riccardo e Pugliese, e tutte le rivelazioni che sono state scoperte nel corso degli anni, è il livello delle infiltrazioni che la criminalità aveva nei confronti della politica pontina”.
“Spesso – ha concluso D’Achille – ci viene rimproverato di parlare del passato. Posso assicurare che ne faremmo volentieri a meno. Ma sono le cronache giudiziarie – e i fatti amministrativi che dobbiamo purtroppo scontare – a imporci questi ragionamenti“.
TRIPODI – “Non so nemmeno chi siano i Travali“. Il consigliere regionale sbaglia cognome perché, in realtà, ciò che sostengono i pentiti e altre risultanze dell’indagine Alba Pontina è che la campagna elettorale 2016, in cui lui era candidato sindaco, l’avrebbero fatta, per un suo candidato consigliere (Roberto Bergamo) i Morelli e Mastracci, in affari con i Travali ma, al momento dei presunti fatti, già in carcere dopo gli arresti di “Don’t Touch”.
CALANDRINI – “Nel 2013 io e Pasquale Maietta – ha dichiarato il senatore di Fratelli d’Italia – eravamo contemporaneamente candidati lui alla Camera dei Deputati io al Consiglio Regionale ed entrambi facevamo parte di Fratelli d’Italia. Conseguentemente non posso escludere che Maietta, nello svolgere campagna elettorale per lui, abbia richiesto a terzi e quindi anche nell’ambiente calcistico nella sua qualità di allora presidente del Latina Calcio, di votare per me alle Regionali. Ricordo ancora che, sempre in quel periodo (2013), Maietta non solo non risultava coinvolto in alcuna vicenda giudiziaria ma risultava essere una figura politica di primo piano sia all’interno del partito sia per rivestire rilevanti cariche istituzionali cittadine (consigliere comunale eletto e assessore al bilancio). Posso inoltre dire con certezza che io non ho mai incontrato i tifosi, e se anche lo avessi fatto non lo considero una cosa disdicevole. Escludo nel modo più categorico di aver avuto conoscenza della presunta mediazione “specifica” di Maietta per ‘girarmi’ 500 voti dalla curva dei tifosi del Latina Calcio“. Che Maietta risultasse essere una figura politica di primo piano, anzi la figura politica di primo piano, è chiaramente palese ed evidente. E, probabilmente, è questo che dovrebbe chiedersi il senatore nonché consigliere comunale: per quale ragione lo era diventato? Come avete fatto a dargli così tanto spazio? Senza contare che, ieri, tra le pieghe delle dichiarazioni di Riccardo, il pentito ha sostenuto che a presentare a lui e a Francesco Viola (clan Travali) Gina Cetrone fu l’ex sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi che, almeno ufficialmente in quanto primo cittadino della seconda città del Lazio, tendeva a risultare, come direbbe Calandrini, una figura di primo piano.
“Le elezioni regionali – ha concluso Calandrini – si chiusero con un bilancio di circa 6.300 preferenze di cui 4.000 nella sola città di Latina, che non furono comunque sufficienti per la mia elezione in Regione. Ad ogni modo, fin dalla mia prima candidatura, nel 2002, il mio consenso elettorale e i voti raccolti sono perfettamente riconducibili a un elettorato storico e consolidato nel tempo. Le persone che mi hanno sostenuto e che mi sostengono tutt’ora le ho sempre incontrate alla luce del sole e nella più totale trasparenza. Questo è il solo modo che conosco di fare politica e di raccogliere consensi. Respingo quindi con forza qualsiasi allusione circa un mio presunto coinvolgimento per acquisire voti, direttamente o indirettamente, con modalità improprie o addirittura illegali, auspicando che la magistratura possa rapidamente chiarire tutte le presunte circostanze riferite dal pentito Agostino Riccardo”.
In realtà la magistratura ci sta provando a chiarire, almeno da tre anni, ma l’unico che aveva rilasciato a verbale una dichiarazione specifica sul senatore – la vittima di estorsioni summenzionata – ha clamorosamente ritrattato quanto sosteneva nel 2016.
Ed allora credo che sia giunto il momento di iniziare ad evidenziare come la mancata analisi di tali fatti stia concretizzando, fino ad ora, una vera e propria offesa della mia reputazione:
-la cronaca giudiziaria relativa ad una dichiarazione resa da un ‘pentito’ necessita di accorgimenti attenti e precisi. Ed, infatti,
a)occorre specificare la fase in cui la dichiarazione è resa;
b) occorre fare riferimento all’atto ufficiale dal quale proviene la dichiarazione.
Il lettore deve avere tali informazioni in quanto se è vero che la dichiarazione e’ stata resa, non sempre è certo che sia vera la circostanza dichiarata.
Ora, le divulgazioni di cui sopra non forniscono tali informazioni al lettore:
-ed infatti è omessa la circostanza relativa alla mia totale estraneità rispetto al processo. Il processo riguarda determinati imputati e determinati fatti. Le dichiarazioni pubblicate riguardano altro. Perché non specificarlo?
Ed ancora: dove sono le trascrizioni di udienza che riportano le dichiarazioni? La lettura di tali trascrizioni restituirebbe l’esatta cifra del fatto processuale. Invece no, si preferisce, inspiegabilmente o, forse, scientemente, proporre una realtà fatta soltanto da quanto percepito dal giornalista piuttosto che il dato effettivo.
Posso dire che si tratta di fumo? Assolutamente si.
Anche per questo motivo, allora, dalle pubblicazioni odierne deriva una realtà totalmente deformata ed offensiva della mia reputazione“.
Lo dichiara in una nota il consigliere regionale del Pd Enrico Forte. Tutto condivisibile, ma della serie “Dove eravate?”. Ai tempi di Maiettopoli, il Pd risultò in effetti non pervenuto pur essendoci, al di là di inchieste e processi, spazio per una battaglia di legalità che, invece, lasciò alla società civile e a poche voci isolate. È tanto più vero che nel 2016, a scandali già parzialmente conclamati (aveva già avuto luogo l’operazione Don’t Touch in cui si descrivevano pesantemente le convergenze tra Maietta e il clan di Costantino “Cha Cha” Di Silvio), i Dem riuscirono a perdere le elezioni amministrative pur avendo di fronte un centrodestra disastrato e diviso.