La ndrina di Anzio-Nettuno e i rapporti con personaggi e territori del nord pontino: tra gli indagati un uomo considerato un pezzo da novanta citato dai collaboratori di giustizia pontini
Ha ben ragione il Presidente dell’Osservatorio per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio Gianpiero Cioffredi a considerare l’inchiesta della Procura/DDA di Roma sulla locale di ‘ndrangheta trapiantata ad Anzio e Nettuno, denominata “Tritone”, come “la più importante indagine realizzata nel Lazio contro la mafia calabrese degli ultimi anni“. Un’indagine imponente che si è avvalsa, tra le altre cose, anche della testimonianza di ben cinque collaboratori di giustizia: Marcello Fondacaro, Antonino Belnome, Massimiliano Fazzari (che ha avuto un ruolo rilevante nelle indagini sui Casamonica a Roma), Fabio Moriello e Sante Fragalà.
E tra le vicende più preoccupanti anche l’arresto in carcere di Elia Rillo, il brigadiere dei Carabinieri che avrebbe fornito notizie d’indagine ai componenti della ‘ndrina e per cui è contestato il reato di concorso esterno all’associazione mafiosa e il suo collega Carmine Dell’Unto, ristretto ai domiciliari. Un’associazione mafiosa che coltivava rapporti anche la mafia albanese, la cosca calabra degli Alvaro e la camorra romana di Michele Senese, ma che è, forse, ancor più esplicitata in un passaggio raccontato dal collaboratore di giustizia Belnome, il quale riferisce di riti di iniziazione per un picciotto che vuole battezzarsi, con tanto di pranzo condito da prodotti caratteristici. Senza contare il giro di armi con un affiliato che si vantava di aver comprato una pistola per “sette piotte” appartenuta al Mossad, il servizio segreto israeliano.
Non che, tuttavia, il locale di ndrangheta retto da Giacomo Madaffari, originario di Santa Cristina D’Aspromonte, riconosciuto dalla casa madre calabre come “Società maggiore”, fosse staccato dal tessuto della città. Per dirne una, il figlio del boss, Salvatore Madaffari, lavora alla Camassambiente *, la società che gestisce la raccolta rifiuti ad Anzio e destinataria di una interdittiva antimafia nel 2016 disposta dal Prefetto di Bari con successivo commissariamento nel 2017), pur con ripetute assenze dal luogo di lavoro come si evince da una conversazione captata nelle conversazioni tra i fratelli Riggio di Guardavalle, uno dei quali coinvolti nell’inchiesta. La Camassambiente, è stato calcolato, ha ottenuto appalti per un valore di 100 milioni di euro gestendo servizi a Lanuvio, Cerveteri e in città calabresi quali, ad esempio, Rosarno.
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L’operazione eseguita stamani dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, oltreché ai colleghi di Rieti, Latina, Viterbo e Reggio Calabria, con il coordinamento dei Procuratori Aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, offre, sempre per utilizzare un’espressione utilizzata da Cioffredi, “un quadro raccapricciante“. Un solo però: Cioffredi scorda o non menziona che nell’imponente indagine e ordinanza da essa scaturita vengono descritti rapporti altrettanto inquietanti tra alcuni uomini indagati e la politica di Anzio e Nettuno.
Per quanto riguarda, invece, la provincia di Latina, l’indagine dell’Antimafia conferma gli addentellati, soprattutto, con Aprilia. Ad essere indagati, tra i pontini, troviamo il nome del 55enne Luca Albarello di Aprilia. Per lui il Gip ha stabilito gli arresti domiciliari. Albarello è cognato di uno dei 74 indagati dalla DDA di Roma: Patrizio Forniti, 50 anni, nato a Roma ma gravitante tra Aprilia e il litorale di Anzio. Forniti per cui non è stata emessa nessuna misura cautelare viene citato come cognato in un episodio della corposa indagine. Secondo il Gip di Roma Livio Sabatini, che ha firmato l’ordinanza, Albarello avrebbe incontrato il capo della ndrina di Anzio-Nettuno Giacomo Madaffari, legato ai Gallace, per ottenere il lasciapassare a recarsi nella panetteria di un altro indagato, Gregorio Spanò, per concordare la vendita di un chilo di cocaina.
Un altro indagato, Ciro Scognamiglio, nato a Napoli ma residente ad Aprilia, coinvolto in una indagine a novembre 2020, che vedeva scoperchiare sempre i traffici dei Gallace tra Roma, Aprilia, Anzio e Nettuno, e arrestato con la misura del carcere nell’operazione odierna, sarebbe stato coinvolto in uno smercio di droga. Per quanto riportano gli inquirenti, Scognamiglio, a cui è contestata l’associazione per delinquere finalizzato allo spaccio di sostanze stupefacenti, avrebbe acquistato da Forniti e Albarello per il tramite di Cosimo Madafarri, del suo braccio destro Gregorio Spanò e Fatmir Limaci (albanese come altri coinvolti proprio perché la ndrina di Anzio/Nettuno si rapportava anche con il mondo della droga gestito da albanesi) un imprecisato quantitativo di cocaina.
Forniti non è un nome qualunque tanto è che viene menzionato dai collaboratori di giustizia pontini Agostino Riccardo e Renato Pugliese come punto di riferimento ad Aprilia per i loro ex clan rom. Sempre nell’ambito dello smercio di droga.
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Inoltre, il 50enne è attualmente sotto processo per estorsione con l’aggravante mafiosa ai danni di due imprenditori di Aprilia e Pomezia, nell’ambito di un procedimento che ha visto giudicare separatamente Sergio Gangemi, l’uomo ritenuto dalla DDA a contatto con la ‘ndrangheta e condannato a oltre sette anni per tale episodio.
Forniti viene anche citato a proposito di un episodio che testimonierebbe la caratura criminale di Giacomo Madaffari, capace di mediare con i Di Silvio/Spada in una diatriba emersa al quartiere Europa di Anzio e di intervenire in un’altra vicenda esemplificativa. E da ciò che emerge in una conversazione tra l’altro capo clan, Bruno Gallace, e uno dei coinvolti nell’operazione, Vincenzo Italiano, persino Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, l’ultrà della Lazio, ritenuto capo di narcos romani, e freddato nel 2019 a Roma, si sarebbe rivolto al locale di Anzio/Nettuno dopo un tentativo di estorsione presso il bar che deteneva ad Anzio, il “Marron Five”.
Madaffari, come non bastasse a dimostrare il suo peso, sarebbe intervenuto dopo un violento pestaggio organizzato da Monica Montenero, moglie di Forniti Patrizio e sorella di del noto negli ambienti criminali Nino Montenero di Aprilia. Il pestaggio si sarebbe consumato ai danni di un individuo, detto il Turco, responsabile dell’aggressione del genero. Ma l’allure di Madaffari si sarebbe manifestata sempre nei riguardi di Forniti in un’occasione per dirimere una questione tra quest’ultimi e “certi di Pomezia” avendo dissuaso il medesimo e Ivan Casentini, anche lui di Aprilia, dall’attuare la loro vendetta contro Massimiliano Sparacio, ritenuto responsabile dell’omicidio di Palli Luca avvenuto ad Aprilia il 31 ottobre 2017.
Madaffari affermava che il “a me Stefano, il maresciallo, qua di Aprilia, mi ha chiamato, digli a Patrizio di fermarsi immediatamente perché sanno tutto…sanno tutto, digli di non muovere…Patrizio io ho parlato con questo qua, mi ha detto di lascia’ perdere, stai lontano perche se lo andate a toccare vi arrestano a tutti, ci hanno tutto in mano loro…“. Al che Casentini sosteneva di essere stato fermato anche da tal Almaviva (che parrebbe rimandare al nome del carabiniere di Aprilia rinviato a giudizio col collega Fabio Di Lorenzo nel processo Don’t Touch 2 sempre in ordine ad alcune soffiate) il quale gli avrebbe intimato di lasciar perdere con l’atto di ritorsione contro Sparacio.
Una vendetta che secondo gli investigatori sarebbe stata alla fine fermata anche da un altro personaggio ritenuto di peso nel quadro degli ambienti: Luca De Luca, il quale parimenti a Madaffari avrebbe stoppato Forniti dal proposito di recarsi da Sparacio. D’altra parte il legame tra Fornti e Madaffari sarebbe di mutuo e reciproco soccorso: il 50enne di Aprilia, infatti, secondo diverse intercettazioni trascritte dai Carabinieri, avrebbe passato una notizia di una indagine in corso sul gruppo di ‘ndrangheta Gallace/Madaffari (Giacomo Madaffari spiega che associando a lui il nome di Gallace “vogliono aggravare pure me“). Lo si evidenzia chiaramente in una conversazione tra Giacomo Madaffari stesso e il suo uomo più fidato, Gregorio Spanò; peraltro, nei loro dialoghi, si fa cenno a un’indagine della DDA su Aprilia.
Tra gli arrestati, c’è anche un altro nome già menzionato nell’inchiesta del novembre 2020 che coinvolse Scogamiglio e altri personaggi di Aprilia: si tratta di Giovanni Cassano nato a Roma ma residente ad Aprilia per cui gli arresti in carcere sono scattati perché avrebbe partecipato all’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio facente capo a Bruno Gallace. Ai domiciliari, per detenzione di armi, il latinense di 46 anni, ma residente di Aprilia, Claudio Franzè, Nicola Salvo nato a Ventotene e il rumeno di 50 anni Valerian Tanasa. Sempre ai domiciliari Francesco Condina (41 anni), nato in Calabria ma di Aprilia, il quale, secondo gli inquirenti, avrebbe tentato di importate un ingente carico di cocaina dal Sudamerica, in collaborazione di due personaggi, denominati Ciki e Parkinson, sotto gli ordini di Giacomo Madaffari e del braccio destro Gregorio Spanò.
Tra gli indagati anche il 63enne di Aprllia, ma nato nella provincia di Potenza, Pietro Rocco Adesso menzionato per un episodio inerente a un contestato reato ambientale.
Infatti, Aprilia non è solo città di indagati e arrestati. Tra gli episodi più raccapriccianti menzionati dall’indagine troviamo anche quelli inerenti ai reati ambientali in cui risultano alcuni indagati eccellenti appartenenti alla famiglia Perronace, definita dalla DDA tra le storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Guardavalle (Catanzaro) al pari dei Gallace e dei Tedesco (diversi gli arresti riferibili a queste due famiglie).
Reati ambientali che hanno portato peraltro al sequestro preventivo di due società di autospurgo: G&G Servizi Società Cooperativa e G&G Ecospurgo Srls e all’emergere di contatti inopportuni con la politica locale di Anzio e Nettuno. Proprio in uno di questi episodi, Gabriele Perronace, arrestato con il padre Davide, si sarebbe recato nell’attività “Valle Oro” di Aprilia per prelevare liquami con l’autospurgo per poi scaricarli all’interno di un tombino ubicato nella sede dell’azienda. Un modus operandi che ricorda da vicino un’altra indagine che coinvolse un imprenditore calabrese, ritenuto dalla DDA vicino alla ‘ndrangheta, che vide sempre Aprilia e Acea Ambiente vittime del supposto comportamento criminogeno di sversamento selvaggio.
Davide Perronace, figlio del defunto boss Nicola Perronace, inoltre, nell’esercizio dell’attività di autospurgo tramite la sua coop, avrebbe compiuto atti di concorrenza illecita tramite minacce nei confronti di un concorrente di Aprilia, proprietario di una società di autospurgo apriliana. Quest’ultimo si era recato nel comune di Anzio per alcuni lavori di spurgo ma Perronace, secondo gli inquirenti e varie intercettazioni, minacciò l’apriliano dicendo che “ad Anzio la mafia non esiste ma c’è solo la gente che lavora”, per poi costringerlo a desistere dai possibili servizi da rendere nel Comune del litorale sud.
I nomi di tutti gli indagati
Il gip del Tribunale di Roma Livio Sabatini ha iscritto sul registro degli indagati 74 persone. Si tratta di Giacomo Madaffari, alias “Baffetto” 62 anni di Santa Cristina d’Aspromonte; Pietro Rocco Adesso 63 anni di Aprilia (nato in provincia di Potenza); Luca Alberello 55 anni di Aprilia; Guido Alessandrini detto “Birillo” 49 anni di Roma; Giuseppe Andreacchio, alias “Zio Pino” 62 anni di Guardavalle; Fabrizio Bartolomei, alias “Gorbaciov” 48 anni di Roma; Alessandro Battistini, alias “Highlinder” 61 anni di Anzio; Gianluca Biancone, alias “Idrocefalo” 46 anni di Nettuno; Daniele Caseti 39 anni di Velletri; Giovanni Cassano, alias “Passero” 63 anni di Roma; Antonio Checchi 66 anni di Subiaco (Roma); Nicola Chiriacò 28 anni di Anzio; Pasquale Chiriacò 57 anni di Anzio; Francesco Condina 41 anni di Palmi; Gianluca De Carolis 44 anni di Nettuno; Pasquale De Gilio 46 anni di Santa Cristina d’Aspromonte; Fabrizio De Velis 39 anni di Anzio; Domenico Del Genio, alias Mimmo, 69 anni di Palma Campania (Napoli); Carmine Dell’Unto 60 anni di Isola del Liri (Fr); Francesco Dionisi, alias “il Presidente”, 49 anni di Nettuno; Francesco Fiorino 21 anni di Anzio; Patrizio Forniti 50 anni di Roma; Piero Forte, alias Gufetto, 46 anni di Galatina; Claudio Franzè 46 anni di Latina; Bruno Gallace, alias “Di Bella” 50 anni di Guardavalle; Cosimo Damiano Gallace 32 annidi Anzio; Alessandro Glorioso, alias Cicoria, 51 anni di Caserta; Manuel Gubitosi 45 anni di Anzio; Vincenzo Italiano, alias Enzo, 51 anni di Rosarno; Hristov Anguel Kotov , alias Angelo il Bulgaro, 47 anni; Fabio Kowalsky, alias “il Lungo”, 55 anni di Roma; Franco Leoni, alias “Zio Franco, 79 anni di Roma; Fatmir Limaci, alias Miri, 38 anni di Stojan (Albania); Claudio Lo Mastro, alias “Er Vipera” 56 anni, di Roma; Davide Lococo, alias “Cernia” 45 anni di Bologna; Fabrizio Lorenzo 47 anni di Anzio; Claudio Lucifero, alias “Er Gallo”, 59 anni di Anzio; Bruno Madaffari 44 anni di Milano; Stefano Magliozzi 52 anni di Anzio; Alfonso Manera, alias “Pinguino” 58 anni di Roma; Simone Massidda 44 anni di Nettuno; Manuele Mazzotta 28 anni di Cinquefrondi; Saverio Menichetti, alias “Bronzo” 48 anni di Roma; Gentian Mezinaj, alias “Mariano” 45 anni di Sevaster Vlore; Stefano Nardi 42 anni di Nettuno; Argemiro Castro Navarro (Colombia) 32 anni; Briken Ndreca di Tirana (Albania) 24 anni; Emanuel Ottaviani, alias “Picchio” 38 anni di Anzio; Pellumb Pacrami (Albania) 48 anni; Daniele Paduano 39 anni di Anzio; Davide Perronace, alias “Capellone” 48 anni di Nettuno; Gabriele Perronace 23 anni di Anzio; Marco Pirri, alias “Il ciccione”, 43 anni di Roma; Roberto Pistilli, alias “il secco”, 50 anni di Roma; Marco Porcarelli 46 anni di Roma; Sante Presta 56 anni di Nettuno; Alfio Ricca 64 anni di Taurianova; Antonio Riggio 69 anni di Guardavalle; Elia Rillo, alias Elio, 59 anni di Bovino (Fg); Francesca Romagnoli 39 anni di Roma; Marco Rondinara 46 anni di Nettuno, Silvio Roseo 32 anni di Anzio; Nicola Salvo 59 anni di Ventotene (Lt); Francesco Samà, alias “depresso”, 35 anni di Anzio; Arsene Sandon Pacifico (Repubblica Democratica del Congo) 35 anni; Fabrizio Schinzari, alias “Krisso” 46 anni di Roma; Ciro Scognamiglio 57 anni di Napoli; Domenico Sorrenti, detto Mimmo, 66 anni di Taurianova; Gregorio Spanò, alias “Quattroserrande” o “Orso” 52 anni di San Cristina d’Aspromonte; Stefano Sperati 49 anni di Nettuno; Valerian Tanasa (Romania) 51 anni; Cosimo Tedesco 39 anni di Catanzaro; Raffaele Tedesco 42 anni di Catanzaro; Mario Tedesco 31 anni di Soverato.
- NOTA DELLA CAMASSAMBIENTE SPA:
- In primo luogo la Camassambiente S.p.A. non risulta indagata nel procedimento penale di che trattasi, non avendo mai ricevuto neppure un avviso di garanzia o qualsivoglia atto giudiziario.
- In secondo luogo, teniamo a precisare che il sig. Salvatore Madaffari, da voi citato, è stato licenziato dalla Camassambiente S.p.A. fin dall’ 11/07/2018.
- Teniamo a precisare, inoltre, che la Camassambiente S.p.A non ha mai trattato, trasportato o smaltito rifiuti liquidi e/o liquami e/o rifiuti industriali pericolosi e, pertanto, non è certamente l’Azienda che ha effettuato gli sversamenti dei quali si è occupato il procedimento penale.
- Inoltre evidenziamo che Camassambiente S.p.A. è stata attinta da interdittiva nel 2016 – provvedimento che comunque non ha mai riguardato l’appalto di Anzio e/o i dipendenti di quella commessa – che è stata annullata nel 2018 dal Consiglio di Stato, che ha ritenuto l’insussistenza di qualsivoglia addebito per l’Azienda.
- Teniamo infine a precisare che le assunzioni dell’appalto di Anzio sono state condotte senza alcun condizionamento di chiunque, ricorrendo alla platea storica dei lavoratori che sono stati anche sottoposti a verifica circa i rispettivi carichi pendenti.