“RESET”, L’EX PENTITO NEGA TUTTO. PM: “GIÀ DALLA POSTURA ERA RILUTTANTE”

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Roberto Toselli
Roberto Toselli

Reset, nel processo al clan Travali sono sfilati diversi testimoni chiamati dal collegio difensivo. Tra di loro l’ex pentito

Non poteva mancare nel processo “Reset” l’ex pentito Roberto Toselli (34 anni), chiamato dall’avvocato difensore Alessia Vita, che assiste uno degli imputati, Alessandro Zof. Toselli non è una figura qualunque nella storia criminale pontina degli ultimi anni. Già escusso nel corso del processo “Alba Pontina” e ancora prima nel processo “Don’t Touch”, Toselli ha parlato come imputato di reato connesso in quanto è emerso essere indagato per spaccio di droga in concorso con i membri del clan Travali, così come un altro testimone, Simone Lemma.

È un Toselli diverso da quello che testimoniò nel processo “Alba Pontina” nel novembre 2019. Cinque anni fa, Roberto Toselli, visibilmente infiacchito dai due anni di carcere che stava scontando, era stato netto nell’ammettere, protetto dallo scudo degli agenti della Penitenziaria che gli ostruivano la vista – sopratutto dai componenti dei Di Silvio presenti in Aula -, ciò che aveva dichiarato già a verbale nel 2016: dal pestaggio con tanto di pistola puntata alla tempia subito dai Travali, a un nome relativamente nuovo e non coinvolto in Alba Pontina, Salvatore “Piccolo” Di Silvio; dalle zone di spaccio a Latina divise per bande – Villaggio Trieste, Q4, Q5, Viale Nervi, i Travali; Campo Boario, i Di Silvio (se qualcuno voleva spacciare lì, doveva chiedere il permesso a Lallà, e Toselli faceva l’esempio di Maurizio Santucci), fino alla conferma di un ambiente con protagonisti i soliti che ormai tutta la città conosce: da Cha Cha a Francesco Viola, da Agostino Riccardo a Renato Pugliese e i Travali.

Oggi, invece, Toselli, non più detenuto, si è presentato in tuta, la faccia non era più impaurita e nessuno ha fatto scudo per impedire che qualcuno potesse intimidirlo. Era solo scortato da due Carabinieri. Il 34enne ha negato praticamente tutto di ciò che aveva raccontato agli inquirenti, anche le ultime dichiarazioni rese all’Antimafia nel 2020 quando rappresentò di aver continuato a subire minacce di morte nel carcere di Viterbo per aver fatto arrestare i Travali e di essere stato picchiato da un “compare” di Angelo Travali.

Eppure nel 2016, il 34enne, con precedenti per spaccio e rapine, aveva deciso di avviarsi alla collaborazione con lo Stato, raccontando di come era finito sotto le grinfie dei Travali che si accanirono contro di lui per un debito di droga, fino a picchiare il padre e minacciare di continuo i famigliari.

A distanza di anni, nel 2024, dopo che è passata tanta acqua sotto i ponti e dopo che il 34enne, nel 2023, ha subito l’ennesima aggressione da parte dei Baldascini, Toselli non ricorda più niente, arrivando a smentire qualsiasi circostanza, anche quella del suo tentato suicidio nel carcere di Latina perché vessato dalle minacce dei Travali. Alla domanda del pubblico ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, Francesco Gualtieri, sul perché aveva chiesto di cambiare carcere, Toselli ha risposto così: “Avevo chiesto di cambiare carcere per cambia’“.

Peraltro, Toselli, in quanto indagato per procedimento connesso, si è potuto avvalere della facoltà di non rispondere su diverse domande, senza contare di essersi avvalso anche sulle dichiarazioni rese a suo carico dai due collaboratori di giustizia Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Per il resto ha detto di non ricordare nulla o comunque ha negato tutto, anche che i famigliari hanno ricevuto minacce e che i Travali e Viola, quando fece le sue prime dichiarazioni sul clan ai poliziotti della Questura, sapevano tutto non appena le rilasciava. Ha ammesso solo di vivere nello stesso condominio di due degli imputati di “Reset”, Francesco Viola e Angelo Morelli. Una circostanza fa presupporre una certa sudditanza.

Finita la testimonianza, il pm Gualtieri ha spiegato che il testimone, sin dalla postura, era riluttante alle domande, fornendo una versione a mezza bocca e negando anche di aver spiegato alle guardie carcerarie di quando si era legato un cappio al collo, tentando il suicidio perché aveva paura. Il giudice ha ricordato di quando, per un breve periodo, è stato collaboratore e di come ha raccontato di minacce fuori e dentro dal carcere da parte dei Travali. Al che il magistrato ha chiesto l’acquisizione della deposizione, contestando i verbali resi nel 2016, 2018, 2019 e 2020 e che evidentemente, con le dichiarazioni fornite oggi, cozzano incredibilmente, fino a denegare vicende inserite nella sentenza passata in giudicato del processo “Don’t Touch”. Il collegio difensivo si è opposto all’acquisizione degli atti e l’avvocato Pisani ha chiesto una prova scientifica alla postura riluttante di Toselli.

La giornata processuale ha visto, tra le altre, anche le testimonianze del Dirigente penitenziario di Roma Rebibbia e dell’ex capo della Squadra Mobile di Latina, Tommaso Niglio, che ha coordinato l’indagine “Don’t Touch”.

Il processo che contesta l’associazione mafiosa alla cosca Travali /Di Silvio di Latina riprende domani, venerdì 22 novembre, quando verranno ascoltati altri testimoni, tra cui Enzo Maricca.

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