Sabato 8 luglio, alle ore 21:30, presso l’Area Archeologica di Caposele, prende il via l’ottava edizione del FESTIVAL DEL TEATRO CLASSICO di FORMIA 2023, con la direzione artistica di Vincenzo Zingaro. La rassegna, prodotta dal Comune di Formia e curata dalla Compagnia Teatrale “CASTALIA” in collaborazione con il Teatro ARCOBALENO (Centro Stabile del Classico) di Roma, è realizzata con il contributo della Regione Lazio.
In scena IFIGENIA IN AULIDE di Euripide regia di Alessandro Machìa e adattamento di Fabrizio Sinisi. Con Andrea Tidona, Alessandra Fallucchi, Massimo Odierna, Carolina Vecchia, Lorenza Molina, Irene Mori e la partecipazione di Paolo Lorimerao. Scene Katia Titolo, Costumi Sara Bianchi, Luci Giuseppe Filipponio, Suono Giorgio Bertinelli, Movimenti coreografici Fabrizio Federici.
Una rappresentazione che si avvale della partecipazione di Andrea Tidona, tra i migliori interpreti del teatro e del cinema italiano (Nastro d’argento come miglior attore per il film “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana), nel ruolo di Agamennone.
Rappresentata nel 399 a.C., in un periodo di profonda crisi del modello della pòlis greca – di lì a poco ci sarebbe stata la disfatta di Atene contro Sparta e la fine di un modello politico e democratico – Ifigenia in Aulide è una tragedia ambigua in cui, come nell’Alcesti, si mette in scena un sacrificio e una morte che poi si rivelerà apparente. Gli dèi di fatto non ci sono più, il tragico sembra sfarinarsi per assenza di eroi, che in Euripide sono solo uomini lacerati, deboli, mutevoli, che agiscono in base ai loro desideri e alle loro paure, lontani sia dal modello omerico che da quello eschileo. A dominare è la ragione strumentale e il discorso politico del potere.
Emblematico, in questo senso, è il trattamento che Euripide fa di Achille, eroe demitizzato, quasi un personaggio comico, incapace di corrispondere al suo stesso mito originario, che non agisce, evita lo scontro con i soldati, facendosi sofisticamente paladino della persuasione e del dialogo, pur ripetendo – quasi volesse essere quell’Achille omerico che Euripide non gli permette di rappresentare – che lui salverà Ifigenia. In questa tragedia, Euripide tratta il mito cercando di far emergere la violenza che abita il testo e le contraddizioni di personaggi, che l’autore presenta come “umani troppo umani”; la loro inadeguatezza al mito, l’abisso del privato al di sotto del mascheramento della parola pubblica, l’ambizione, la doppiezza. Tutto è ambiguo, apparente. Euripide crea una tensione tra il mito e la realtà, utilizzando il primo come mascheramento della seconda, così, con grande conoscenza delle contraddizioni che abitano l’umano, mette a fuoco il desiderio di potere del re, l’ambizione personale a cui però non corrisponde una piena consapevolezza del prezzo da pagare, sempre comicamente in bilico tra ambizione e paura, tra desiderio e incapacità d’azione.