Operazione Touch&Go, violenza e spaccio a Scauri: condannati uncidi imputati giudicati col rito ordinario. Assolta Raffaella Parente
Il Collegio dei giudici del Tribunale di Cassino ha condannato undici imputati su dodici nell’ambito del processo derivante dall’inchiesta “Touch&Go”.
A ottobre, il Pm aveva iniziato la requisitoria per le persone coinvolte nell’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, con l’esecuzione dell’ordinanza avvenuta nell’estate del 2020, chiedendo a novembre le condanne. Il collegio difensivo era composto dagli avvocati Pasquale Cardillo Cupo, Edoardo Fascione, Gianluca Di Matteo, Vincenzo Macari, Danilo Riccio, Luca Scipione, Massimo Signore, Giovanni Valerio.
Di seguito le condanne inflitte agli imputati: 4 anni e 2 mesi a Marco Barattolo, 10 anni e 6 mesi a Armando Danilo Clemente e Domenico De Rosa, 10 anni e 4 mesi a Giuseppe De Rosa, 6 anni e 10 mesi a Giancarlo Di Meo, 7 anni e 2 mesi Giuseppe Leone e Giovanni Nocella, 7 anni a Francesco Leone,, 7 anni e 4 mesi a Matteo Rotondo, 6 anni e 8 mesi a Daniele Scarpa e Giuseppe Sellitto. Assolta perché il fatto non costituisce reato l’unica donna imputata: Raffaella Parente.
Ecco invece, di seguito le richieste del Pm Corrado Fasanelli al termine della requisitoria: 13 anni di reclusione per Armando Danilo Clemente; 14 anni ciascuno per Giuseppe e Domenico De Rosa; 13 anni per Giovanni Nocella; 13 anni ciascuno per Francesco e Giuseppe Leone; 14 anni per Matteo Rotondo; 13 anni per Matteo Barattolo; 13 anni per Daniele Scarpa; 12 anni e 6 mesi per Giancarlo Di Meo; 12 anni per Giuseppe Sellitto; 3 anni e 6mila euro di multa per Raffaella Parente.
Le condanne sono state sicuramente più lievi rispetto alle richieste della pubblica accusa. Al centro del processo il sodalizio che la Direzione Distrettuale Antimafia considera camorristico e che da Scampia/Secondigliano colonizzò diverse piazze di spaccio del sud pontino, partendo da Scauri considerata la loro base principale
Il gruppo, secondo la ricostruzione dei Carabinieri di Formia e del Comando Provinciale di Latina, aveva detronizzato la piazza sul lungomare di Minturno controllata da Giuseppe Fedele detto Geps oppure ‘o viecchio, ossia la vecchia guardia legata ai clan del sud pontino, in particolare i Mendico e gli Antinozzi e i campani Gallo.
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La droga arrivava “sia dalla Campania che dall’estero, in particolare dalla Spagna” e “veniva rivenduta al dettaglio rifornendo le varie piazze di spaccio nei comuni del litorale pontino attraverso i vari appartenenti al sodalizio”. Lo ricordava il gip del Tribunale di Roma Ezio Damizia nell’ordinanza di custodia cautelare che portò, il primo luglio del 2020, agli arresti 22 persone ritenute facenti parte di un unico gruppo criminale. “Capi indiscussi” del gruppo che operava sul litorale di Minturno “sono i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, originari del quartiere napoletano di Secondigliano.
Legati prima al potente clan Licciardi e poi al clan Sacco Boschetti-Mallo, gli Scotto riuscirono a portare dalla loro parte i pusher del luogo e spinsero il raggio d’azione criminale anche a Gaeta, Formia e persino Ponza. Chi non accettava la nuova legge, veniva colpito anche con azioni violente e dinamitarde.
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Tutti i componenti del gruppo criminale, compresa Raffaella Parente, poi liberata dal Riesame, erano accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, possesso di armi e materiali esplodenti, minaccia, violenza privata e lesioni, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.
A luglio 2021, il gup del Tribunale di Roma, Gerardi, aveva condannato tutti i componenti del gruppo che ha avevano scelto il rito abbreviato, escludendo l’aggravante mafiosa. Nell’ordine: 18 anni e 5 mesi di reclusione per Domenico Scotto, 16 anni e 8 mesi a Raffaele Scotto e a 18 anni e 2 mesi a Stefano Forte di Minturno, detto Fortone, di Minturno. E ancora, 17 anni per Amedeo Prete di Villaricca, detto Minchino, 16 anni e 8 mesi per Michele Aliberti di Napoli, 8 anni e 4 mesi a Carmine Brancaccio di Minturno, detto Mino. Infine, 3 anni a Massimiliano Mallo di Napoli, Valentino Sarno e Walter Palumbo; 2 anni e 4 mesi per Diego Camerota di Minturno, detto Baffo.