TOUCH&GO, DROGA E VIOLENZA A SCAURI: CONDANNATI TUTTI I COMPONENTI DEL SODALIZIO

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Operazione Touch&Go, violenza e spaccio a Scauri: disposte le condanne per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato

Il giudice per l’udienza preliminare di Roma Angela Gerardi era chiamata a valutare, col rito abbreviato concesso agli imputati, le richieste del Pm della DDA capitolina Corrado Fasanelli formulate lo scorso 26 maggio, dentro l’aula bunker di Rebibbia, nei confronti dei fratelli Scotto e dei loro altri otto sodali accusati di essere un’organizzazione che risponde a vari reati, tra i quali lo spaccio di sostanze stupefacenti (cocaina, hashish, marijuana), tutti aggravati dal metodo mafioso.

Altri dodici tra di loro saranno giudicati col rito ordinario: la prossima udienza, presso il Tribunale di Cassino, è fissato per il 9 settembre.

Si tratta del sodalizio la Direzione Distrettuale Antimafia considera camorristico e che da Scampia/Secondigliano colonizzò diverse piazze di spaccio del sud pontino, partendo da Scauri considerata la loro base principale

Il gruppo, secondo la ricostruzione dei Carabinieri di Formia e del Comando Provinciale di Latina, aveva detronizzato la piazza sul lungomare di Minturno controllata da Giuseppe Fedele detto Geps oppure ‘o viecchio, ossia la vecchia guardia legata ai clan del sud pontino, in particolare i Mendico e gli Antinozzi e i campani Gallo.

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La droga arrivava “sia dalla Campania che dall’estero, in particolare dalla Spagna” e “veniva rivenduta al dettaglio rifornendo le varie piazze di spaccio nei comuni del litorale pontino attraverso i vari appartenenti al sodalizio”. Lo ricordava il gip del Tribunale di Roma Ezio Damizia nell’ordinanza di custodia cautelare che portò, il primo luglio del 2020, agli arresti 22 persone ritenute facenti parte di un unico gruppo criminale. Capi indiscussi” del gruppo che operava sul litorale di Minturno “sono i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, originari del quartiere napoletano di Secondigliano.

Legati prima al potente clan Licciardi e poi al clan Sacco Boschetti-Mallo, gli Scotto riuscirono a portare dalla loro parte i pusher del luogo e spinsero il raggio d’azione criminale anche a Gaeta, Formia e persino Ponza. Chi non accettava la nuova legge, veniva colpito anche con azioni violente e dinamitarde.

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Tutti i componenti del gruppo criminale, compresa una donna, Raffaella Parente, poi liberata dal Riesame, erano accusati, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, possesso di armi e materiali esplodenti, minaccia, violenza privata e lesioni, con l’aggravante di aver agito con metodo mafioso.

Per i fratelli Domenico e Raffaele Scotto, considerati i leader, la richiesta del Pm Fasanelli era stata rispettivamente di 20 e 18 anni. A seguire, colui che è considerato uno dei capozona, Stefano Forte detto “Fortone”, con parentela importante a Minturno nel mondo politico: chiesti 18 anni e 8 mesi. E poi tutti gli altri: 17 anni e 4 mesi per Amedeo Prete, 16 anni e 8 mesi per Michele Aliberti, 8 anni e 4 mesi per Carmine Brancaccio, 4 anni per Valentino Sarno, 3 anni per Massimiliano Mallo e, infine, 2 anni per Diego Camerota.

Ieri, Il gup Gerardi ha condannato tutti i componenti del gruppo ma ha escluso l’aggravante mafiosa. Nell’ordine: 18 anni e 5 mesi di reclusione per Domenico Scotto, 16 anni e 8 mesi a Raffaele Scotto e a 18 anni e 2 mesi a Stefano Forte di Minturno, detto Fortone, di Minturno.
E ancora, 17 anni per Amedeo Prete di Villaricca, detto Minchino, 16 anni e 8 mesi per Michele Aliberti di Napoli, 8 anni e 4 mesi a Carmine Brancaccio di Minturno, detto Mino.
Infine, 3 anni a Massimiliano Mallo di Napoli, Valentino Sarno e Walter Palumbo; 2 anni e 4 mesi per Diego Camerota di Minturno, detto Baffo.

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