VOTO DI SCAMBIO POLITICO-MAFIOSO, ESCE DI SCENA ADINOLFI (LEGA): ARCHIVIATE LE ACCUSE

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Matteo Adinolfi

Voto di scambio politico-mafioso a Latina: archiviata la posizione dell’europarlamentare della Lega Matteo Adinolfi

Il Presidente della sezione Gip/Gup del Tribunale di Roma, Bruno Azzolini, ha firmato l’archiviazione del parlamentare europeo di Latina, Matteo Adinolfi, assistito dall’avvocato Luca Giudetti.

Adinolfi era stato coinvolto nell’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia e della Squadra Mobile di Latina da cui è scaturito il processo per voto di scambio politico-mafioso, incardinato presso il Tribunale pontino, a carico dell’imprenditore dei rifiuti, Raffaele Del Prete, e dell’ex collaboratore della Lega in Regione Lazio, nonché responsabile elettorale per la lista “Noi con Salvini” alle elezioni comunali di Latina nel 2016 (quelle oggetto del processo), Emanuele Forzan.

I due imputati, Forzan e Del Prete, furono arrestati il 13 luglio 2021, mentre Adinolfi risultava indagato a piede libero. Come noto, l’imprenditore nel ramo dei rifiuti Raffaele Del Prete è accusato di aver dato soldi ad Agostino Riccardo, ex affiliato al Clan Di Silvio, oggi collaboratore di giustizia, in cambio di voti, attacchinaggio e visualizzazione dei manifesti elettorali in favore di Matteo Adinolfi (all’epoca candidato nella lista “Noi con Salvini”), fino a ieri, 10 ottobre, indagato anche lui (ma non rinviato a giudizio), e, nel 2016, in corsa per diventare consigliere comunale. Carica che, alla fine, raggiunse con 449 voti.

Per l’accusa, Del Prete avrebbe dato a Riccardo circa 45mila euro. A costituire, secondo inquirenti e investigatori, il ruolo di collettore Emanuele Forzan

Dal procedimento esce ora Matteo Adinolfi, su richiesta anche della Procura/DDA. L’europarlamentare leghista, secondo l’ipotesi dell’accusa, sarebbe stato appoggiato da Del Prete perché avrebbe individuato in lui, così come in altri politici, la possibilità di un punto di riferimento nelle istituzioni.

A mettere nei guai Adinolfi era stato un episodio in particolare. Siamo alla data del 4 giugno 2016, il giorno dopo si sarebbe votato per eleggere il consiglio comunale di Latina post-Maiettopoli (la Giunta Di Giorgi era caduta un anno prima). In quella circostanza, dopo che da qualche settimana Del Prete e Forzan, secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbero appaltato la campagna elettorale per Adinolfi al Clan Di Silvio tramite Agostino Riccardo e in subordine a Renato Pugliese (quindi al Clan di Armando Lallà Di Silvio), Raffaele Del Prete riceve nel suo ufficio, considerato dagli investigatori un vero e proprio mazzettificio (“aveva 150mila euro in un cassetto” – racconta Riccardo mentre riceveva la sua tranche), due personaggi che non possono non essere notati. Si tratta di Silvana Di Silvio e del marito Luca Troiani (pregiudicato). La donna è figlia del capostipite del clan di origine nomade: Antonio detto Baffone. Troiani, essendo cognato di Ferdinando “Il Bello” Di Silvio, l’uomo fatto saltare in aria nel 2003 al Lido di Latina, fu coinvolto nell’intricata vicenda di attentati e fatti oscuri che portarono Fabrizio Marchetto a gambizzarlo prima dell’ammazzamento de “Il Bello”.

Si tratta di personaggi intranei all’ala dei Di Silvio stanziale nel Gionchetto, quella capeggiata da Giuseppe “Romolo” Di Silvio e Costantino “Patatone” Di Silvio (entrambi in carcere per l’omicidio Buonamano nell’ambito della faida criminale del 2010).

Troiani, Di Silvio e Del Prete avrebbero concordato il numero di alcune persone che avrebbero votato Adinolfi, promettendo consensi a Pantanaccio, Gionchetto, Via Londra e alla Manzoni. È poco dopo la conversazione tra i tre – Troiani, Di Silvio e Del Prete – che entra, nell’ufficio dell’imprenditore, Matteo Adinolfi. Dopo che la Di Silvio e Troiani vanno via, Adinolfi chiede al Del Prete, di cui all’epoca è commercialista, informazioni sulla donna e sull’uomo chiamato dall’imprenditore “Luca il bombolaro” poiché gestisce tradizionalmente un’attività di bombole a gas al Pantanaccio. È qui che Adinolfi capisce che aveva parlato con appartenenti al clan Di Silvio. Un aspetto di cui l’europarlamentare ha parlato agli inquirenti una volta interrogato dopo l’ordinanza emessa a luglio 2021 e che i medesimi hanno ritenuto chiarito. Per Adinolfi, non ci sono gli elementi per chiedere il rinvio a giudizio. Non di rilevanza penale la vicenda che ha coinvolto l’europarlamentare, semmai evidentemente inopportuna.

Intanto il coordinatore della Lega nel Lazio, Claudio Durigon, ha rilasciato su Adinolfi una dichiarazione ad Agenparl: “Archiviato il procedimento giudiziario a carico di Matteo Adinolfi. Finalmente. Dopo 15 mesi si chiude una pagina di cronaca giudiziaria in un nulla di fatto. Non avevamo dubbi circa la totale estraneità di Matteo dalle accuse a lui mosse. Viene da chiedersi se certa stampa darà lo stesso spazio riservato alla vicenda un anno e mezzo fa anche a questa notizia. Ora ricominciamo, con ancor più determinazione, con quella buona politica the da sempre caratterizza l’azione della Lega sul territorio”.

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Adinolfi, in una conferenza stampa convocata ad hoc, ha ribadito: “Sono stati 15 mesi molto duri ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia e nel fatto che venisse riconosciuta la mia estraneità ai fatti contestati”.

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