Voto di scambio alle elezioni comunali di Latina 2016: va avanti il processo, gli imputati avrebbero lavorato per far ottenere voti a una delle liste dell’allora candidato sindaco, e attuale consigliere regionale della Lega, Angelo Tripodi
Si è svolta, a Latina, dinanzi al Collegio penale presieduto dal giudice Aldo Morgigni, un’altra udienza del processo che vede alla sbarra Roberto Bergamo, Ismail El Ghayesh e Angelo Morelli detto “Calo”.
Il processo, costola dell’inchiesta denominata “Alba Pontina”, vede al centro l’ipotizzato voto di scambio che sarebbe avvenuto alle Comunali di Latina nell’anno 2016. Sul banco degli imputati coloro i quali sono accusati di aver praticato il mercimonio delle preferenze in cambio di soldi per l’allora candidato consigliere comunale Roberto Bergamo a sostengo del candidato sindaco dell’epoca Angelo Orlando Tripodi.
Sono, infatti, in tre – Bergamo, Morelli e El Ghayesh – a dover rispondere della compravendita di voti per conto della lista collegata all’attuale consigliere regionale della Lega. Tripodi, come noto, non è stato neanche indagato, ma a finire accusati sono stati uno dei componenti della lista “Latina Olim Palus 32” che lo appoggiava, per l’appunto l’imprenditore 35enne Roberto Bergamo, più il 25enne Ismail Ghayesh (il sodale più stretto di un feroce protagonista della mala pontina Gianfranco Mastracci) e il 37enne Angelo Morelli detto Calo, da sempre ritenuto affiliato al Clan Travali e imputato nel relativo processo “Reset”.
Nell’udienza odierna, sono stati ascoltati diversi agenti della Squadra Mobile che, all’epoca dei fatti, svolsero le indagini e raccolsero, in particolare, la denuncia di un giovane di Latina e dei suoi famigliari vessato e minacciato dal pontino Gianfranco Mastracci e dai suoi sodali, tra cui l’imputato El Ghayesh. Sì perché questa storia che porta al possibile voto di scambio partì, in realtà, con un debito di droga con tutto il contorno di minacce e terrore che restituisce un quadro non edificante. E anche in aula, quest’oggi, un paio di testimoni hanno ricordato quel clima che si respirava a Latina.
Un paio di agenti di Polizia hanno, invece, ripercorso le fasi in cui, una volta appreso da una fonte confidenziale che a casa di “Calo” Morelli, potessero trovarsi delle armi, si recarono nelle due case in cui quest’ultimo poteva trovarsi. Tuttavia, invece di fucili e pistole, ritrovarono, nella stanza di “Calo”, difeso in Aula dagli avvocati Montini e Vitelli, una cartellina denominata “Latina Olim Palus 2032” (ossia la lista con cui si presentava Bergamo alle elezioni comunali 2016) in cui vi erano scritti i 31 candidati della lista medesima. Accanto ai nomi dei candidati – così come ha ricordato uno degli agenti di Polizia ascoltato come testimone – alcuni numeri a matita riportanti cifre. Inoltre, durante la perquisizione nella casa di Angelo “Calo” Morelli, Roberto Bergamo passò di lì, dichiarando alle forze di polizia, operanti nella perquisizione e interessate alla sua presenza, che non stava cercando “Calo” ma suo fratello Sabatino “Manolo” Morelli.
Secondo i pm Luigia Spinelli (oggi presente in Aula in qualità di pubblica accusa) e Barbara Zuin della DDA di Roma, Bergamo, in concorso com Morelli, avrebbe promesso “ad un numero imprecisato di elettori il compenso di 30 euro per ciascun voto” così da far conseguire un vantaggio elettorale a favore dell’imprenditore e, di conseguenza, del candidato sindaco Tripodi. Un particolare che sarebbe desumibile da quei nomi e quelle cifre, in particolare trovate di fianco al nome di Bergamo. A pagare per i voti vi sarebbe stato anche il 25enne Ismail El Ghayesh.
Le sue azioni sono descritte dettagliatamente già nell’inchiesta Alba Pontina (leggi approfondimento di seguito). Considerato più che altro come una spalla del temibile e temuto Gianfranco Mastracci (condanna passata in giudicato nel troncone romano di Alba Pontina) con il quale, per conto dei Morelli, acquistava voti, come sostengono anche i due collaboratori di giustizia (prima Renato Pugliese, poi Agostino Riccardo), offrendo 30 euro a consenso. Le indicazioni della consorteria criminale erano quelle di votare Bergamo consigliere comunale e Tripodi come sindaco.
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Ma per arrivare a ipotizzare il sistema di voto di scambio, investigatori e inquirenti iniziarono proprio da un fatto di strada: un debito di droga contratto da un allora tossicodipendente a cui poi fu intimato di votare per Bergamo e Tripodi. Già ascoltato nel processo “Alba Pontina”, la vittima quest’oggi non si è presentata in Aula tanto è che la prossima volta sarà disposto l’accompagnamento coatto dal Tribunale con una sanzione pecuniaria di 300 euro.
Ad essere ascoltate, però, sono state la sorella e l’ex fidanzata che, con i loro racconti, hanno spiegato alcuni dettagli dell’episodio che ha coinvolto il giovane all’epoca. Due testimonianze che, ascoltate a tanti anni dai fatti, non perdono minimamente la loro valenza. Entrambe furono contattate dal giovane, vessato e minacciato da Mastracci e da tre suoi sodali, tra cui El Ghayesh, perché era terrorizzato dal poter subire la ritorsione in quanto debitore di droga. Una paura che permeò anche la sorella e l’ex fidanzata poiché consapevoli chi fosse il creditore: più volte, infatti, le due donne hanno ribadito che Mastracci si sapeva chi fosse a Latina e la “sua fama lo precedeva”.
“Da quando ho preso omissis a Borgo San Donato – per omissis si intende il nome del vessato (di cui lo scrivente omette il nome) – mi sentivo in pericolo. Ricordo il viso di Mastracci tatuato con una lacrima“. Questo è uno dei passaggi più significati della testimonianza della ex fidanzata della vittima e debitore di droga il quale, per tornare a Latina, e rifugiarsi nella sua casa, compì il tragitto dentro il cofano dell’auto così da non incorrere in incontri con Mastracci, El Ghayesh e gli altri due sodali.
Una precauzione che comunque non tenne alla larga il gruppetto in cerca del credito derivante dalla vendita di droga poiché fu persino contattato il marito della sorella della vittima e seguita da El Ghauysh e Mastracci l’ex fidanzata che aveva offerto alla vittima stessa rifugio a casa sua. Un cerchio di terrore e paura che si ruppe solo quando la sorella e il padre della vittima telefonarono ai poliziotti per dire che sotto casa dell’ex fidanzata del fratello c’erano due giovani: si trattava di Simone Tartaglia e Massimiliano Mengoni, non indagati, all’epoca in missione per Mastracci.
È, infatti, il nome del giovane di Latina Scalo, Mastracci, che pur non sotto processo nel procedimento odierno, risuona nell’Aula poiché era lui a risultare quello temuto, a incutere uno stato di ansia e preoccupazione alla vittima e anche chi cercava di aiutarlo. “Ero spaventata perché mi seguiva uno scooterone con a bordo Mastracci“, ha dichiarato in Aula l’ex fidanzata.
Tutto questo per un debito da mille euro, come ha ricordato la sorella della vittima in Aula che temeva per la sua bambina appena nata, che ha portato al filo di un gioco che, se confermato, ha significato voto di scambio in quel giugno del 2016 quando Latina, dopo l’amministrazione Di Giorgi, scelse di votare l’opzione civica di Coletta.
Il processo che è stato rinviato al prossimo 17 novembre vedrà tra i suoi testimoni anche il consigliere regionale leghista Tripodi.