Omicidio di Paolo Celani a Latina: il delitto originato per lo sgarro di un orologio da 17mila euro non restituito
Ne sono convinti i sostituti procuratori di Latina, Martina Taglione e Giuseppe Miliano, che hanno chiesto gli arresti in carcere per i due pregiudicati di Latina, Marco Ranieri (60 anni), difeso dall’avvocato Alessia Righi, e Giulia “Cipolla” De Rosa (51 anni), assistita dall’avvocato Oreste Palmieri. Entrambi sono accusati dell’omicidio di Paolo Celani. A scatenare il delitto di Viale Petrarca 81, in un primo momento finito nelle carte della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, è stato un orologio d’oro non restituito.

L’orologio, appartenuto a Giulia De Rosa, sarebbe stato dato alla vittima dell’attentato, Paolo Celani, come pagamento di una piccola quantità di droga ceduta al figlio della donna, l’oggi pluripregiudicato Cesare De Rosa. Celani fu attinto da colpi d’arma da fuoco l11 gennaio 2010, mentre si trovava affacciato dalla finestra della sua casa in Viale Petrarca. Qualcuno sbucò fuori, aprì la persiana di legno e sparò due colpi per poi scappare via. Celani morì sei mesi dopo in ospedale, a Latina: il 27 giugno 2010.
Spari che sarebbero stati solo l’antipasto di quella che dal 25 gennaio 2010, con l’omicidio di Massimiliano Moro e, a 24 ore di distanza, di Fabio “Bistecca” Buonamano”, è stata battezzata come la “guerra criminale pontina”. Una vicenda criminale che ha portato alle condanne (processo “Caronte) dei clan Di Silvio e Ciarelli, per l’occasione uniti contro la fazione non rom della malavita pontina.
Fu la Squadra Volante della Questura di Latina a recarsi dopo le 4 di notte dell’11 gennaio 2020 in Viale Petrarca dove Celani era stato attinto dai colpi d’arma da fuoco: uno al braccio e l’altro all’addome. Ne seguì una indagine della Squadra Mobile di Latina che individuò Marco Ranieri come il killer. L’uomo risultò positivo anche all’esame Stub (che serve a verificare se ci sono tracce di polvere da sparo sul corpo), oltreché ad essere trovate nella sua disponibilità tre pistole, quattro fucili a canne mozze e un fucile munito di silenziatore. Ranieri era all’epoca un personaggio inzuppato nella malavita pontina, persino gambizzato in Via Monti nel 2009. A sparare, secondo gli inquirenti, fu il latinense Cristian Solito, di seguito assolto nel processo.
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Un problema si verificò sin da subito nell’attività investigativa. I due bossoli, deflagrati da una probabile pistola Colt modello 1911/A1, trovati in Viale Petrarca, non erano però compatibili con le ami sequestrate a Ranieri. Né le intercettazioni, né Celani, una volta dimesso a febbraio 2010, fecero in modo che le indagini avanzassero. Celani negò di aver riconosciuto il suo killer, si dimostrò reticente, addirittura negando la conoscenza di Marco Ranieri. Una circostanza smentita dall’allora compagna di Celani, la quale ha parlato anche dei rapporti della vittima con il boss Ferdinando “Furt” Ciarelli.
Ad ogni modo, per Celani, il colpo di pistola all’addome fu fatale. Sottoposto a interventi chirurgici all’apparato intestinale, morì per una peritonite il 27 giugno del 2010. Una infezione arrivata in seguito alle operazioni rese necessarie da quel colpo del gennaio precedente. L’inchiesta sulla sua morte venne archiviata.
Passarono undici anni e, ad aprile, 2021, davanti ai magistrati della DDA di Roma, parlò del delitto il nuovo collaboratore di giustizia, Andrea Pradissitto. È il 35enne, genero del boss Ferdinando “Furt” Ciarelli, a parlare della storia dell’orologio non restituito come causa dell’omicidio di Paolo Celani. Pradissitto è chiaro: Giulia De Rosa è la mandante, Marco Ranieri è l’esecutore materiale.

Dopo le dichiarazioni di Pradissitto, la Squadra Mobile riprese alcune intercettazioni capatate in carcere nel 2010. Un dialogo tra Marco Ranieri e i figli Manuel e Mirko Ranieri, peraltro entrambi responsabili di un altro omicidio: Nicolas Giuroiu, freddato nel 2014 alla periferia di Latina.
Ciò che salta agli occhi degli investigatori è il nome di “Giulia”, che individuano in Giulia De Rosa detta “Cipolla”: “A Giulia – spiega Marco Ranieri, incarcerato, al figlio Manuel – dije che come esco da qua…mo’ je sfondo proprio, ce mannasse quel cornuto del figlio…me dasse i soldi che pe’ i cazzi sua è successo…che pe’ quello che ce doveva da…duecento volte doppio”. Al che Manuel Ranieri disse al padre: “Sei te che te sei accontentato”. Una frase che gli investigatori ritengono sia riconducibile al compenso per il delitto.
Pradissitto, nel corso dei suoi interrogatori da collaboratore di giustizia, riferisce di aver saputo dallo stesso Celani, di cui era diventato socio nello smercio della droga su indicazione di “Furt” Ciarelli, che a sparargli era stato Marco Ranieri su mandato di Giulia De Rosa detta “Cipolla”. Secondo il pentito, Celani gli aveva detto che, prima di Natale, aveva ceduto “qualche pezzo” di cocaina a Cesare De Rosa, figlio di Giulia, che gli aveva dato in pagamento un orologio Rolex in oro (dal valore di circa 17.000 euro). Un orologio di cui Celani si era appropriato, approfittando in tal modo del fatto che “Cesare De Rosa stava a rota”. Cesare De Rosa, infatti, non potendo acquistare la droga dalla madre, che si rifiutava di venderla al figlio, si recava da Celani per comperarla.
Dopo qualche giorno si era presentato da lui Ranieri che, per conto di Giulia De Rosa, gli aveva chiesto di restituire l’orologio (di proprietà del marito defunto Alessandro “Franco” De Rosa). Celani si rifiutò, dicendo che l’avrebbe dato indietro solo dopo il pagamento della droga ceduta a Cesare De Rosa. L’uomo, la notte stessa, aveva sentito bussare, si era affacciato alla finestra e un soggetto, da lui indicato in Marco Ranieri, gli aveva sparato. Praddisstto, dopo aver appreso tali circostanze, si sarebbe rivolto a suo suocero Ferdinando Ciarelli detto “Furt”, al quale aveva raccontato tutto proponendosi di andare personalmente “a sparare a Giulia De Rosa” per rispondere all’azione in danno di Celani, considerato persona appartenente al clan Ciarelli e, dunque, meritevole di un’azione vendicativa.
II suocero, tuttavia, già a conoscenza dei fatti, aveva bloccato la vendetta, mostrandosi non interessato a dare corso ad una guerra criminale con un’altra importante famiglia rom della città, dicendogli che “non si poteva fare niente perché Giulia De Rosa era una zingara e parente di Patatone (nda: Costantino Di Silvio autore, insieme allo zio “Romolo” Di Silvio, dell’omicidio Buonamano)”. “Cipolla” era intoccabile poiché i De Rosa sono imparentati sia con il clan Di Silvio del Gionchetto che con il ramo della stessa famiglia a Campo Boario, il cui capo è Armando “Lallà” Di Silvio.
“Furt” e Pradissitto, secondo quanto ha riferito quest’ultimo, parlarono dentro il carcere della mancata vendetta per la morte di Celani. “Furt” Ciarelli non cambiò mai idea: quel delitto non sarebbe stato lavato col sangue perché a commetterlo era stata “una zingara”. Gli equilibri criminali tra famiglie rom venivano prima di qualsiasi rivendicazione, sebbene Celani fosse stato un suo fidato collaboratore di malavita.
Sempre in carcere, nel 2013, dopo un primo tentativo di due anni prima, Pradissitto avrebbe chiesto a Marco Ranieri se fosse stato lui ad uccidere Celani. Ranieri gli avrebbe risposto di sì, ammettendo di averlo fatto per conto di Giulia De Rosa. Due anni prima Ranieri sarebbe stato vittima di un pestaggio da parte di un ragazzo di Cisterna e un altro di Latina, su mandato di Pradissitto: “Volevo mettergli paura”.
Tempo prima, lo stesso Pradissitto, nelle patrie galere, ebbe una discussione con Ermanno D’Arienzo, il pluripregiudicato di Latina e padre di Angelo Travali. D’Arienzo sarebbe stato colpevole di aver parlato con Ranieri, nonostante che quest’ultimo avesse deciso di farsi mettere nella sezione protetta del carcere, lontano dai detenuti originari di Latina. Secondo Pradissitto, un chiaro segnale che Ranieri non voleva avere contatti con lui, proprio perché autore dell’omicidio Celani.

A dare manforte alla sua tesi su Ranieri, Pradissitto aggiunge nei verbali resi alla DDA una circostanza mai emersa. Ranieri, infatti, sempre per conto di Giulia De Rosa, avrebbe teso un agguato a Christian Liuzzi, persona che all’epoca dei fatti faceva riferimento alla famiglia di Armando “Lallà” Di Silvio. Liuzzi detto “Nino”, coinvolto anche negli spari ad Alessandro Zof, sarebbe diventato bersaglio della vendetta di Giulia De Rosa per una questione di piazza di spaccio: “È nato questo contrasto con Nino – spiega Pradissitto – tanto è vero che Giulia bruciò la macchina di Nino”.
Secondo quanto riferito da Pradissitto, il fratello di Liuzzi fu raggiunto da colpi d’arma da fuoco proprio perché scambiato per il vero bersaglio. Uno scambio di persona che fece rischiare la vita al fratello di Christian Liuzzi: “Nino mi disse che il fratello aveva riconosciuto Marco Ranieri che…era lui a sparare, metteva la mano fuori e sparava, lui l’ha visto proprio in faccia”. Dopodiché, Liuzzi, secondo quanto raccontato da Pradissitto, avrebbe preparato una bomba da recapitare sotto casa di Marco Ranieri. L’attentato non riuscì: “Aveva sbagliato balcone”.
A riferire dell’omicidio Celani, anche gli altri due collaboratori di giustizia, Renato Pugliese e Agostino Riccardo. Quest’ultimo ha sostenuto di aver appreso da Angelo Travali che sarebbe stato Marco Ranieri a sparare a Celani, peraltro vero padre della sorella del succitato Angelo, Valentina Travali. “Angelo Travali mi diceva che era successo per vendetta ma non mi ha detto precisamente per cosa. Ranieri aveva preso a vendere la droga per conto dei De Rosa, al villaggio Trieste e in via Helsinki dove aveva due abitazioni, entrambe case comunali di cui si erano abusivamente appropriati”.
Secondo Pugliese, invece, Celani era “il cavallino di Ferdinando Ciarelli, gli faceva da autista”. E sull’omicidio Celani, anche Pugliese spiega: “So che c’era un diverbio con Giulia De Rosa, c’è stato…so che Giulia De Rosa ha messo 20mila euro per spararlo, poi credo ucciderlo (nda: Celani), doveva essere fatto dai figli di Ranieri“. In particolare, sarebbe dovuto essere Manuel Ranieri, all’epoca 15enne e quindi meno a rischio di una condanna pesante.

Dopo le notizie di stampa sulla riapertura delle indagini nel 2023, sia i figli di Ranieri che la famiglia De Rosa si preoccupano. Intercettato in carcere, Manuel Ranieri teme che il padre sia arrestato in ragione del delitto del 2010. Anche Ferdinando Ciarelli detto “Furt”, dal carcere di Lecce, parla con la moglie dell’omicidio Celani: “Tutto quello che gli è successo…nasce per la “puscì“. La “puscì” sarebbe, secondo gli investigatori, la polvere, ossia la droga. E, poi, riferendosi a “Cipolla”, Ferdinando Ciarelli spiega intercettato: “Lo ha fatto ammazzare…ha mandato il maschio di Cipolla…lui è l’autore di tutto…finanziamento e mandante“. Gli investigatori sono certi che si tratti di Paolo Celani. “Furt” specifica: “Il ragazzo che hanno ammazzato, quello che è morto in cella con me“.
Celani e “Furt” furono arrestati a maggio 2010 per una estorsione, dopodiché stettero in cella insieme dal 25 di quel mese fino al 16 giugno. Successivamente Celani fu spostato in ospedale per subire le altre operazioni che l’avrebbero portato al decesso. Inoltre, in riferimento a Giulia De Rosa, Ferdinando Ciarelli dice in un’altra intercettazione: “Gli devo togliere tutto quello che ha dentro casa…gli devo fare una decimazione“.
E, infine, è Giulia De Rosa, in carcere, a spiegare direttamente al figlio, Cesare De Rosa: “Mi hanno messo dentro per colpa tua…sto implicata nell’omicidio mannaggia la razza tua…è sempre per quell’orologio di merda…hanno riaperto il caso Celani…io sono la mandante di Marco“. E il figlio di rimando risponde alla madre che la scelta era stata la sua, quella di uccidere Celani: “Te l’accolli”.