STATUS QUO, IL PROCESSO A DE BELLIS. PER I TRAVALI LA DROGA ERA “UN AFFARE DI FAMIGLIA”

I Palazzoni
I Palazzoni in Viale Nervi, Latina

Operazione Status Quo, è iniziato il processo per spaccio di droga a carico del 56enne di Latina Maurizio De Bellis

È l’unico ad aver scelto il rito ordinario nei vari processi derivanti dall’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma eseguita il 20 aprile 2022 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina e denominata “Status Quo”.

Difeso dall’avvocato Oreste Palmieri, al 55enne De Bellis viene contestato il reato di spaccio di droga. Il processo si era aperto, a gennaio scorso, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina Simona Sergio che, considerato che non erano ancora disponibili le trascrizioni delle intercettazioni, dovette subito rinviarlo.

Oggi, 15 marzo, presente in aula, come due mesi fa, De Bellis e il Pm della Procura/Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli, che ha già chiesto ha chiesto le condanne per gli altri coinvolti nell’operazione Status Quo e giudicati col rito abbreviato.

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È iniziato, invece, sempre a Latina, dopo l’accoglimento del rito abbreviato condizionato, il processo per un’altra co-imputata: Maria Grazia Di Silvio, madre dei fratelli Travali.

De Bellis, condannato a luglio per un altro episodio di spaccio di sostanza stupefacenti (mezzo di chilo di cocaina da destinarsi alla zona pub di Latina), fu arrestato nell’operazione Status Quo (per cui è ristretto ancora ai domiciliari) con l’accusa di aver fornito droga a Valentina Travali e alla sua famiglia di riferimento.

Maurizio De Bellis

Quest’oggi, è stata la volta del perito per le trascrizioni che ha svolto il suo lavoro, non tralasciando il fatto, come ha ribadito in aula, di avere avuto qualche difficoltà nell’analisi poiché le intercettazioni sono state di natura ambientale e in contesti famigliari con voci di bambini che si accavallavano. Un particolare non di poco conto: da ciò che è emerso nella fasi di indagini e nel processo odierno, a casa Travali, anche dopo la maxi operazione antimafia denominata Reset (per cui è in corso un processo da 30 imputati in cui viene contestata l’associazione mafiosa), si continuava a vendere droga, anche alla presenza di minorenni. Il portato probatorio a carico di De Bellis, accusato di essere un fornitore della famiglia che aveva come hub principale l’appartamento numero 40, sito ai cosiddetti Palazzoni di Viale Nervi, ci sono anche i documenti che il Pm Spinelli, tra cui un aggravamento di misura cautelare risalente al 2011. A significare che “Billy” De Bellis è nel mondo dello smercio della droga da anni. Una circostanza raccontata all’Antimafia anche dal collaboratore di giustizia Agostino Riccardo che parlò di De Bellis come abituale fornitore di droga dei Travali (“ha sempre venduto droga già dagli anni ’90…era legato a Giuseppe Travali, poteva muovere fino a 50 chili al mese”), in rapporti con Angelo Travali e Gianluca Campoli (entrambi co-imputati nel processo “Status Quo).

Il primo testimone dell’accusa, l’unico di giornata, è un Luogotenente dei Carabinieri all’epoca delle indagini in servizio al Nucleo Investigativo di Latina (ora ai Nas) che ha svolto le indagini poi sfociate nell’ordinanza “Status Quo”. L’indagine nasce da una informativa della Direzione Distrettuale Antimafia riguardo all’attività di spaccio che andava in scena presso l‘appartamento dei Palazzoni, una casa popolare Ater, la cui assegnazione in capo a Maria Grazia Di Silvio, successivamente, a luglio 2022, è stata fatta decadere dal Comune di Latina. È lì che, ricorda il Carabiniere, che spacciava Valentina Travali, così come certificato dall’ormai famigerato video-rap. Una casa “storicamente citata come luogo di spaccio”, dice a chiare lettere il militare dell’Arma perché occupato prima da Peppone Lo Zingaro, al secolo Giuseppe Travali, indagato anche lui nell’inchiesta “Status Quo”, ma deceduto a giugno 2021, e, in seguito, da Angelo e Salvatore Travali, considerati, insieme a Costantino “Cha Cha” Di Silvio, a capo del sodalizio processato per mafia nel procedimento “Reset”.

Giuseppe Travali
Giuseppe Travali

Valentina Travali, ricorda in aula il Carabinieri, è in realtà figlia di Maria Grazia Di Silvio e Paolo Celani, personaggio della mala pontina deceduto in seguito a mesi di agonia causati da una sparatoria avvenuta nell’ambito della guerra criminale pontina del 2010. Il padre anagrafico, però, così come per Angelo e Salvatore, è per l’appunto Peppe Travali. Un vero e proprio clan famigliare a cui l’uomo ormai deceduto ha dato il cognome. E nel processo che si svolge a Roma col rito abbreviato sono coinvolti anche Gianluca Campoli, marito di Shara Travali (altra sorella), e Mohamed Jandoubi, ex compagno di Valentina Travali.

A fornire la droga per lo spaccio, secondo la DDA e la conferma del Carabiniere ascoltato oggi come testimone, è proprio Maurizio De Bellis. Il militare dell’Arma ha ripercors le fasi dell’indagine confermando tutto: dalla cocaina che si vendeva 50 euro al grammo, al crack cucinato, ai nomi dati alla stessa cocaina (“peruviana”), fino al mezzo con cui i Travali si spostavano: in particolare la Nissan Micra di Maria Grazia Di Silvio. Due i luogo di scambio in cui è coinvolto De Bellis: l’uno si trova su Via Isonzo, un normalissimo bar; l’altro, a 400 metri dalla villa del De Bellsi, ossia il locale denominato “0773”.

E per comprendere che la droga era un affare di famiglia, il Carabiniere ha ricordato di come la dorga data dal Del Bellis ai Travali non era sempre bene accette, proprio perché non era pura ma tagliata “troppo” con la mannite. “Ci sono state proprio delle discussioni famigliari”. Come a dire che in casa Travali, alla presenza di bambini, il primo pensiero era la droga, come venderla e come ottenere un prodotto che fosse pure e quindi più bene accetto dai consumatori. E uno degli scambi documentati tra De Bellis e Travali il 24 febbraio 2021, ossia a una settimana (17 febbraio) da quando gli uomini della Squadra Mobile di Latina e l’Antimafia di Roma procedevano a dar seguito alla maxi operazione denominata “Reset” che ebbe una eco così vasta da finire all’attenzione delle cronache e dei media nazionali.

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