Operazione “Status Quo”: emesse le condanne per gli imputati giudicati col rito abbreviato dal Tribunale di Roma
Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Angela Gerardi, ha condannato tutti e cinque gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato nell’ambito del processo scaturito dall’operazione di Carabinieri di Latina e Direzione Distrettuale Antimafia di Roma portata a termine ad aprile 2022.
A gennaio scorso era durata poco più di un’ora la requisitoria del Pm della Direzione Distrettale Antimafia, Luigi Spinelli, davanti al Gup del Tribunale di Roma chiamato a giudicare, col rito abbreviato, i cinque imputati di un procedimento che vede processati separatamente a Latina, Maria Grazia Di Silvio (rito abbreviato condizionato) e Maurizio De Bellis (rito ordinario).
Parti civili nel processo, il Comune di Latina e l’Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”, rappresentati rispettivamente dagli avvocati Alessandra Capozzi e Licia D’Amico. Il collegio difensivo degli imputati è composto dagli dagli avvocati Marino, Nardecchia, Vitelli, Frisetti, Vita e Irace
Come accennato, il procedimento denominato “Status Quo” deriva dall’operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma eseguita il 20 aprile 2022 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina guidati dal Maggiore Antonio De Lise. Ad essere arrestati dai Carabinieri di Latina, con la collaborazione della Squadra Mobile di Latina, la madre dei fratelli Travali, Maria Grazia Di Silvio, 58 anni; la figlia di quest’ultima e sorella dei Travali, Valentina Travali, 35 anni; Maurizio De Bellis, 55 anni; Gianluca Campoli, 40 anni; Guerrino Di Silvio, 51 anni; Mohamed Jandoubi e Angelo Travali, 36 anni, a cui viene contestata la gambizzazione con metodo mafioso del tabaccaio di Latina Marco Urbani. Travali, già detenuto nel carcere di Benevento, è stato già condannato nel processo Don’t Touch ed è attualmente sotto processo per l’omicidio Giuroiu e per il procedimento dell’Antimafia “Reset”.
I reati contestati, a vario titolo, sono in materia di stupefacenti, di lesioni personali e di estorsione tentata aggravata dal metodo mafioso. L’inchiesta aveva dimostrato come il gruppo dei Travali, nonostante arresti, indagini e processi, avesse continuato a fare affari con la droga. Base di spaccio principale: i cosiddetti Palazzoni in Viale Nervi.
E la requisitoria del Pm Spinelli aveva ripercorso le tappe dell’inchiesta, soffermandosi sulla suddetta gambizzazione mafiosa messa in atto da Angelo Travali detto “Palletta” come mandante (l’esecutore sarebbe stato Jandoubi) per vendicare la madre Maria Grazia Di Silvio, denunciata dal tabaccaio vittima di una tentata estorsione da parte della donna, e sugli episodi di spaccio che hanno coinvolti gli altri indagati.
Leggi anche:
LO “STATUS QUO” DI GRAZIELLA DI SILVIO E ANGELO TRAVALI: ESTORCERE E GAMBIZZARE GLI “INFAMI”
La Procura/DDA, infatti, contesta ad Angelo Travali e alla madre Maria Grazia Di Silvio, capi d’imputazione aggravati dal metodo mafioso: il primo per la gambizzazione del tabaccaio Urbani (secondo la testimonianza del collaboratore Agostino Riccardo, riscontrata dagli accertamenti degli investigatori, Travali fu il mandante e Jandoubi l’esecutore degli spari in Via dei Mille), la seconda per il tentativo di estorsione del benzinaio di Latina, già vittima delle angherie dei Travali rientranti nel processo “Reset”.
Al termine della requisitoria, il Pm Spinelli aveva formulato le sue richieste di condanna: 6 anni e 8 mesi per Angeli Travali; 6 anni per Mohammed Jandoubi; 8 anni e 6 mesi per Valentina Travali; 6 anni e 8 mesi per Gianluca Campoli; 5 anni per Guerrino Di Silvio.
Il Gup Gerardi ha emesso le seguenti condanne, riconoscendo l’aggravante mafiosa a Angelo Travali e Mohamed Jandoubi: 5 anni e 2 mesi per Angelo Travali; 3 anni e 4 mesi per Mohammed Jandoubi; 7 anni e 6 mesi per Valentina Travali; 4 anni e 4 mesi per Gianluca Campoli; 1 anno e 8 mesi per Guerrino Di Silvio. A Valentina e Angelo Travali anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Alle parti civili, Comune e “Caponnetto”, riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale da 30mila euro.