SCARFACE: OLTRE AL CLAN, C’È IL TOPO. E SPUNTA UN VECCHIO PERSONAGGIO DELLA MALA

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Alessandro Zof
Alessandro Zof

Il personaggio che si muove tra i clan del territorio: temuto e carico di precedenti, Alessandro Zof forniva la droga anche al gruppo di Romolo Di Silvio

Già indagato nell’inchiesta Reset con l’accusa dell’Antimafia di aver rifornito il clan Travali di marijuana, insieme al sodale Veleriu Cornici, pezzo grosso della mala rumena a Latina, Alessandro Zof rientra anche nell’indagine “Scarface”. Non è accusato come in Reset di 416 bis, ma è colui che oltre ad aver smerciato droga a favore del Clan del Gionchetto sarebbe anche responsabile, insieme a Massimiliano Del Vecchio, noto personaggio della mala di Fondi, di un pestaggio molto violento causato da un debito di droga.

Il clan del Gionchetto aveva necessità di acquisire carichi di droga per occupare il mercato di Latina e le piazze di Casalbruciato e Pontinia. Tra coloro accusati di aver fornito i Di Silvio di droga c’è un componente degli Sparapano, una famiglia di Tre Cancelli, a Nettuno, già menzionata nelle carte dal collaboratore di giustizia Agostino Riccardo.

C’è anche un personaggio recentemente tratto in arresto per una rilevante operazione anti-droga effettuata dai Carabinieri del Reparto Territoriale ad Aprilia, denominata “Babele”: si tratta di Marco Maddaloni detto il Pittore che, a quanto si evince, sarebbe una sorta di uomo di fiducia, per quanto riguarda lo spaccio, di Fabio Di Stefano “Il Siciliano, l’uomo di cui Romolo Di Silvio si fidava di più oltreché ad aver sposato una delle figlie.

In questo contesto, Alessandro Zof è accusato dalla DDA di Roma di aver fornito imprecisate quantità di droga al Clan di Romolo: non marijuana come risultava per il Clan Travali, bensì cocaina.

La Polizia di Stato ci ha tenuto a ribadire la pericolosità della figura di Zof persino nel comunicato ufficiale diramato martedì 26 ottobre quando gli agenti stavano concretizzando l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Roma: “sono emerse – si legge nella nota della Polizia – ulteriori attività riconducibili a Zof uno dei presunti fornitori di sostanza stupefacente del tipo cocaina del clan Di Silvio, slegati dal contesto associativo, ma rilevanti in quanto consentono di delineare la figura di Alessandro Zof e di comprendere anche le ragioni per le quali Giuseppe detto Romolo aveva frenato il figlio Patatino che avrebbe voluto affrontare direttamente Zof per rideterminare il prezzo della sostanza stupefacente”. E ancora: ci sono “gravi indizi di colpevolezza a carico di Alessandro Zof e Massimiliano Del Vecchio in merito ad una tentata estorsione ai danni di due acquirenti di droga, originari di Latina, in relazione ad un pregresso debito di droga pari a circa 6000 euro che questi ultimi avevano contratto con Massimiliano Del Vecchio, spacciatore di Fondi.
Tale episodio pare evidenziare, da un lato, il coinvolgimento di Alessandro Zof nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, dall’altro, la caratura criminale che continua ad avere sul territorio di Latina, avendo partecipato, nonostante la sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, alla violenta aggressione nei confronti di uno dei due acquirenti, in conseguenza della quale veniva condotto in Ospedale dove gli venivano diagnosticate lesioni giudicate guaribili in 10 giorni”.

Uno spazio importante riservato a Zof, dal momento che nel corpo dell’indagine è comunque marginale.

“Il Topo”, così come viene chiamato Alessandro Zof in considerazione della storica attività balneare di famiglia, sarebbe quindi un vero e proprio fornitore di cocaina per il Clan di Romolo. Emerge perché a parlarne sono nel 2019 proprio gli uomini del clan zingaro in uno dei colloqui carcerari a Rebibbia captatati dai detective della Mobile.

In quel colloquio, Patatino viene richiamato a più miti consigli da parte di Romolo Di Silvio e del cognato Fabio Di Stefano: non valeva la pena scontrarsi con Zof per far abbassare il prezzo, presumibilmente della droga. In sostanza, la droga stava diventando per il clan di Romolo una risorsa e un problema. Ad ogni modo le piazze di spaccio andavano molto bene, tra cui quella di Viale Kennedy retta, secondo le indagini, da una zingare di nome Rosaria Di Silvio.

Ma Patatino deve recedere dai propositi bellicosi pur giurando al padre “davvero lo accappotto” e lamentandosi che Di Stefano non voleva accompagnarlo da lui.

Romolo dà ragione al genero e dice al figlio: ”È perché non ti vede idoneo…sono sincero…non ti vede idoneo“. E ancora Romolo al figlio: “Tu non devi fare niente, lo sai solo quando devi uscire fuori? Per aggiustare le cose…fermati, per il momento lascia stare come stanno“.

A convincere gli investigatori che Zof, oltreché a un tipo violento (condannato non ancora in via definitiva per duplice omicidio avvenuto al Circeo), sono due circostanze: la prima è quando Di Stefano, che organizza le attività della droga per il Clan del Gionchetto, si reca a casa del “Topo”, rassicurando in un momento successivo sua moglie riguardo all’affare di droga; la seconda è data dalle parole dei collaboratori di giustizia Agostino Riccardo e Renato Pugliese che presentano Zof come un affarista della droga insieme a Valeriu Cornici, proprio oggi 28 ottobre destinatario di un provvedimento di sorveglianza speciale da parte del Tribunale di Roma.

“Zof – ha dichiarato Riccardo nel 2018 – acquistava tramite Cornici quantitativi di erba mentre per la cocaina lavorava con Angelo Travali e dopo l’arresto di quest’ultimo con Gianluca Ciprian“.

“Zof – spiega Pugliese nel 2017 rispondendo alle domande degli investigatori – aveva agganciato Cornici, era quello più furbo infatti. Una volta vennero scaricati 50 kg di erba da me. La droga era venduta da Cornici ma nella vendita c’era in mezzo anche Zof”.

Al di là della droga, Zof è accusato, nelle carte dell’ordinanza “Scarface”, di aver pesantemente picchiato un uomo per un debito di droga che quest’ultimo avrebbe contratto con Massimiliano Del Vecchio, personaggio di Fondi temuto negli ambienti della mala e uno dei protagonisti di due recenti inchieste: i pranzi di lusso dentro il carcere di Latina per cui è stato condannato a oltre tre anni nel processo Astice e la seconda condanna ricevuta, nel giro di pochi mesi, a febbraio scorso, per i certificati falsi prodotti in suo favore dal medico del Csm di Fondi.

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Un tipo non facile Del Vecchio e vicino ad Alessandro Zof con cui avrebbe compiuto un atto violento rientrato solo per l’intervento di Enzo Maricca, noto pregiudicato e spesso accostato alla mala dei cosiddetti gaggi di Latina.

A rimetterci la faccia e la mano destra, è un giovane che, ritenuto vicino a chi aveva contratto il debito con Del Vecchio, viene preso di mira da Zof e da Del Vecchio stesso. Si trattava di un debito di droga di circa 6mila euro. Zof evidentemente interessato da quel debito proprio perché – questa l’ipotesi della DDA – è ben interessato nel mercato della droga, si calma solo perché si presenta a casa sua il debitore, dopo essere stato malmenato presso la palestra di Viale Kennedy “Palafitness”, accompagnato da Enzo Maricca il cui peso criminale ancora gli consente di dirimere vicende spinose.

In realtà l’uomo pestato non aveva nulla a che fare con il debito di droga contratto dall’amico. Fu un amico della vittima, Massimiliano Tartaglia, indagato nell’operazione Scarface, volto noto e poi entrato in rotta di collisione con il clan di Romolo Di Silvio, a condurre la vittima nel luogo dove in quel momento c’erano Zof (nel 2019, quando successero i fatti, con l’obbligo della sorveglianza speciale), Del Vecchio e il debitore di droga.

Il racconto fatto dalla stessa vittima, ascoltata a sommarie informazioni, è drammatico: “Verso le ore 15.00 odierne mentre mi trovavo all’interno della mia abitazione decidevo di raggiungere delle persone con le quali dove chiarire una non meglio precisata vicenda intercorsa tra loro e un amico. Non appena Massimiliano Tartaglia arrestava la marcia al centro della carreggiata, scendevo dall’abitacolo, salutando r presenti. La persona che si trovava in compagnia di Del Vecchio, ovvero Zof senza proferire alcuna parola, mi sferrava un pugno colpendomi al volto e, dopo avermi strattonato, mi costringevano a sedermi in macchina lato passeggero. Non appena fatto ciò venivo colpito da una cascata di pugni sferrati de Zof cercando di evitare di essere colpito ulteriormente. Non appena il tempo di comprendere di quel che stava accadendo si avvicinava Del Vecchio il quale impugnando un coltello mi sferrava dei fendenti colpendomi da prima sulla mano destra e successivamente attingendomi al collo che, grazie alla mia immediata reazione, riuscivo ad evitare che il colpo recidesse la gola“.

“Mi davo a precipitosa fuga a piedi e raggiungevo l’ingresso del supermercato di viale Le Corbusier sanguinante al volto, sulle mani e con la maglietta strappata da dosso e venendo meno le mie forze in quanto intuivo che stavo perdendo i sensi, imploravo una cliente del supermercato di chiamare in mio soccorso il personale sanitario del 118″. Una scena raccapricciante, confermata anche da una testimone oculare, avvenuta in pieno pomeriggio a Latina, la seconda città del Lazio.

Nel corso dell’aggressione, Tartaglia, che giura di non aver saputo dei propositi di Zof e Del Vecchio, prova anche ad aiutare la vittima che, però, non può che fuggire come da lui raccontato e capire solo in seguito che il pestaggio ricevuto era legato al debito di droga dell’amico. Il resoconto sanitario parla di 10 giorni di prognosi: una ferita da arma bianca alla carotide del collo e alla mano destra.

Impaurito, la vittima si rivolge a un pezzo grosso del crimine pontino con cui è legato indirettamente per parentela acquisita: si tratta di Enzo Maricca, condannato anni fa per l’omicidio in concorso di Carmine Rocco e il tentato omicidio di Luigi Zammarelli. Sentenza definitiva: 21 anni di reclusione.

Maricca si reca a casa di Zof con la vittima, dopodiché il Topo dichiara estinto il debito di droga. Parrebbe, inoltre, secondo gli investigatori, che Maricca avrebbe preso le difese del malmenato/accoltellato anche per recuperare un credito che la medesima vittima avrebbe avuto con Flavio Bortolin, altro personaggio noto alle cronache, un tempo ultras della curva del Latina Calcio ai tempi di Maiettopoli e coinvolto in più indagini (vicino al Clan Travali). Quindi, secondo gli inquirenti, Maricca avrebbe fatto sì il piacere alla vittima ma anche per soddisfare un affare futuro.

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