OPERAZIONE PUROSANGUE, ANTIMAFIA CHIEDE PER ROBERTO CIARELLI 12 ANNI DI CARCERE

Roberto Ciarelli
Roberto Ciarelli

Operazione Purosangue: nel procedimento che si svolge con rito abbreviato, sono arrivate le richieste di condanna

Al termine della requisitoria, il Pm della Procura/DDA di Roma, Luigia Spinelli, ha formulato le richieste di condanna per i quattro indagati processati col rito abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Rosalba Liso. Il procedimento è quello derivante dall’inchiesta di DDA e Squadra Mobile di Latina denominata “Purosangue”, diviso in due tronconi. A Roma il rito abbreviato che vede alla sbarra quattro indagati; a Latina, davanti al collegio presieduto dal giudice Gian Luca Soana, il filone principale. Tra gli imputati le figure apicali del clan di origine rom Ciarelli: Carmine Ciarelli detto Porchettone e Ferdinando Ciarelli detto Furt. Contestati reati con l’aggravante del 416 bis.

A marzo, nell’udienza che si svolge davanti al giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, Rosalba Liso, furono accolte le parti civili: Comune di Latina e Associazione antimafia “Antonino Caponnetto”. A finire davanti al Gup capitolino, come detto, quattro imputati che hanno scelto il rito abbreviatoRoberto Ciarelli, il 26enne figlio di Ferdinando “Furt” Ciarelli (numero due del clan del Pantanaccio); il 36enne Francesco Iannarilli, recentemente rinviato a giudizio in altro procedimento per estorsioni all’interno del carcere di Latina; e, infine, due personaggi non affiliate al clan Ciarelli, ma piuttosto note alle cronache giudiziarie: Maria Grazia Di Silvio, condannato proprio ieri per una estorsione mafiosa, e la figlia Valentina Travali.

La più dura delle richieste è stata nei confronti di Roberto Ciarelli, violento rampollo già qualificatosi per diverse condanne e inchieste a suo carico: per lui il Pubblico Ministero ha chiesto una pena a 12 anni di reclusione. Per quanto riguarda Iannarilli, Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali la richiesta di condanna è stata di 6 anni e 7 mesi di reclusione.

Il prossimo 3 luglio ci sarà la prossima udienza con le arringhe del collegio difensivo composto dagli avvocati Cardillo Cupo, Vita, Vitelli e Coronella e, se possibile, il Gup si ritirerà in camera di consiglio per emettere la sentenza. In alternativa, verrà fissata un’ulteriore data.

Sono diverse le posizioni degli indagati: se Ciarelli junior, recentemente condannato nel processo scaturito dall’operazione “I Pubblicani”, è naturalmente considerato un affiliato al clan omonimo, “Graziella” Di Silvio e Valentina Travali sono riconducibili al sodalizio capeggiato dai fratelli Angelo e Salvatore Travali. Iannarilli, invece, deve rispondere di un’estorsione con l’aggravante mafiosa commessa in concorso con il medesimo Roberto Ciarelli, Matteo Ciaravino e Andrea Pradissitto, cognato del suddetto Roberto Ciarelli, oramai ex affiliato al clan e collaboratore di giustizia. Peraltro, Ciarelli junior si è dissociato pubblicamente dalla collaborazione con lo Stato da parte di Pradissitto, la cui moglie Valentina Ciarelli è entrata nel programma di protezione.

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Iannarilli è accusato di aver minacciato nel carcere di Latina a fini estorsivi l’avvocato e imprenditore di Latina coinvolto nei processi “Arpalo” e “Arpalo 2” e un tempo molto vicino all’ex deputato di Fratelli d’Italia, Pasquale Maietta.

Per quanto riguarda Roberto Ciarelli, oltreché a questo capo d’imputazione, deve rispondere di un’altra estorsione mafiosa nei confronti di un ulteriore avvocato di Latina a cui non voleva pagare l’affitto di casa. “Ti devi mangiare il cazzo, ci devi lasciar perdere stronzo, c’hai 70 anni domani muori“, queste le frasi che Ciarelli junior avrebbe proferito nei confronti del legale, peraltro marito di una nota esponente politica del capoluogo (leggi al link di seguito). E, inoltre, il rampollo del clan è chiamato a difendersi anche dall’accusa di minaccia mafiosa nei confronti di un giovane, responsabile di aver parcheggiato l’auto dove non avrebbe dovuto in zona pub a Latina e, in seguito, destinatario di intimidazioni: ossia una promessa di dar fuoco al suo locale. Ancora, lo stesso 26enne è accusato di altre violenze tra la zona pub e altri ambiti, come ad esempio quella di aver costretto l’attuale collaboratore di giustizia Maurizio Zuppardo a riparargli una tenda per un locale della zona Pub che pagava il pizzo al medesimo Roberto Ciarelli.

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Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali sono giudicate per aver tentato di estorcere la compagna di un carcerato a sua volta intimidito da Carmine Ciarelli detto Porchettone (capo dell’omonimo clan) e dal figlio Pasquale Ciarelli. Per loro due, la difesa ha chiesto il rito abbreviato condizionato all’ascolto di due testimoni, solo una dei quali è stato ammesso. Quest’ultima è stato ascoltata lo scorso 2 maggio: si tratta della madre di una delle parti offese che, con la sua deposizione, ha escluso il coinvolgimento di entrambe le donne: Maria Grazia Di Silvio e Valentina Travali.

Nel processo sono parti civili il Comune di Latina e l’associazione antimafia “Antonino Caponnetto”.

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