OMICIDIO GIUROIU, I RANIERI SCAGIONANO I TRAVALI E INSULTANO: “RICCARDO E PUGLIESE DUE INFAMI”

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Manuel Ranieri
Manuel Ranieri

Omicidio Giuroiu: è ripreso il dibattimento che vede sul banco degli imputati i fratelli Angelo e Salvatore Travali

È ripreso il processo – davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Latina presieduta dal Giudice Gian Luca Soana, a latere il Giudice Fabio Velardi, più la giuria popolare – sull’omicidio del rumeno Nicolas Adrian Giuroiu avvenuto il pomeriggio dell’8 marzo 2014 in via Macchiagrande, a Borgo Sabotino, per cui sono stati già condannati con sentenza passata in giudicato Mirko e Manuel Ranieri e Ionut Adrian Ginca.

Ad essere ascoltati oggi, 12 gennaio, in aula di Corte d’Assise, proprio i due fratelli Ranieri, entrambi collegati da Rebibbia dove scontano l’uno (Manuel) la pena per l’omicidio stesso, l’altro (Mirko, il più giovane dei due) la condanna definitiva per un altro fatto, in merito al possesso di stupefacenti. Peraltro, Mirko Ranieri, 24 anni, ha già scontato la pena per l’omicidio Giuroiu e ha da sempre ammesso, anche davanti al tribunale dei minori, in quanto nel 2014 aveva appena 15 anni, la responsabilità dell’omicidio, a differenza del fratello più grande, Manuel, condannato per il delitto ma che ha negato il suo coinvolgimento.

A interrogare i Ranieri, il Pm della Procura/Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, Luigia Spinelli, e il collegio difensivo composto dagli avvocati Giancarlo Vitelli, Italo Montini e Camillo Irace. In realtà, infatti, i Ranieri sono stati chiamati dalla difesa che, prima di loro, ha interrogato una donna che vive su una Strada Alta, esattamente a cento metri dal luogo in cui, nel marzo di nove anni fa, vi fu lo speronamento da parte dei Ranieri e Ginca dell’auto di Giuroiu e la successiva sparatoria nella quale il rumeno fu ucciso. La donna ha brevemente ricostruito di aver sentito prima il tamponamento delle auto e poi gli spari, pur sostenendo di non aver mai visto, dopo essere uscita di casa in seguito ai rumori uditi, nessuna altra auto arrivare sul luogo dell’ammazzamento, né tantomeno mezzi fare retromarcia (manovre che per l’accusa vi furono).

“Vidi un ragazzo alto e robusto con un’arma e poi una ragazza e un ragazzo. Sono rimasta in casa, al primo piano, e ho visto il ragazzo che sparava. Poi hanno preso il cadavere e lo hanno caricato in macchina abbandonando un’auto. Sono corsi via verso Sabotino”.

Il movente dell’omicidio, così come stabilito dalla sentenza definitiva, è che Giuroriu è stato ammazzato perché sfruttava due ragazze, facendole prostituite, legate l’una a Ginca e l’altra a uno dei due fratelli Ranieri, Manuel. Per tale ragione il rumeno fu ucciso e i fratelli Angelo e Salvatore Travali, secondo la DDA, aiutarono nell’impresa omicida i tre condannati per rafforzare sul territorio la loro forza intimidatoria. Peraltro i Ranieri, sempre secondo gli organi investigativi, erano affiliati al clan Travali tanto è che Manuel Ranieri è imputato, insieme a tutto il sodalizio retto dai due fratelli Travali, nel processo Reset che contesta l’associazione mafiosa. I Travali, nel processo, devono rispondere di concorso in omicidio con l’aggravante mafiosa, vale a dire un procedimento costola del processo Reset, stralciato nelle fasi preliminari dalla Corte d’Assise.

La versione dell’accusa è stata confermata in toto dal collaboratore di giustizia, Agostino Riccardo e prima di lui dall’altro collaboratore Renato Pugliese, nelle udienze precedenti.

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Prima che rendessero le loro testimonianze i Ranieri, i due Travali, collegati dalle carceri in cui sono ristretti, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, in ragione della richiesta del Pm Spinelli di esaminarli come imputati.

Manuel Ranieri è stato ascoltato, invece, come concorrente del reato, ad ogni modo già condannato con sentenza passato in giudicato. Il giovane si è sempre dichiarato innocente e anche quest’oggi ha ribadito che quell’8 marzo di nove anni fa si trovava in casa quando uccisero Giuroiu.

“La mattina stavo al bar Cifra con mio fratello Mirko, poi andammo a casa. Io tornai a casa in Via Verde a Sabotino. Alle 16,30 arrivò mio fratello che mi disse di aver fatto un casino, ossia di aver sparato a Giuroiu. È salito con Ginca e mi disse ciò che era successo. Io aiutai mio fratello a rifugiarsi a Tor San Lorenzo e lo accompagnai da solo”.

Per quando riguarda i fratelli Travali, Ranieri ha detto di non averli incontrati nei giorni precedenti all’omicidio, ma di aver visto Salvatore Travali solo per il passaggio di proprietà di una moto. Sui collaboratori di giustizia, il più grande dei fratelli Ranieri dimostra di non aver disconosciuto la cosiddetta “legge della strada”. “Non conosco Riccardo, conosco bene solo la moglie. Non l’ho mai incontrato prima dell’omicidio, ma comunque anche se l’avessi incontrato non l’avrei salutato perché non avevo stima di lui…Riccardo era un infame perché in giro si sapeva da sempre che era uno cosi“. Al che, pungolato dal Pm Spinelli, Ranieri spiega il suo pensiero, simile a quello di certi ambienti (e non solo): “Era infame perché è collaboratore di giustizia“.

La vittima, invece, per Ranieri era un perfetto sconosciuto: “Non ho mai visto Giuroiu, mai incontrato prima del fatto”. Mauel Ranieri ha continuato a dire la versione che da sempre ha sostenuto: non era presente sul luogo del delitto e non ha mai saputo che la sua compagna era finita nelle mire di Giuroiu che voleva farla prostituire così come la ragazza di Ginca.

“Conosco i Travali dal 1999, andavo a scuola anche con la sorella, ma non ci siamo mai frequentati – ha spiegato Manuel Ranieri quando è stato chiamato dalla pubblica accusa a chiarire i suoi rapporti con i fratelli, figli di Maria Grazia Di Silvio – Renato Pugliese veniva nel mio bar a via Terenzio e veniva dopo le partite di pallone. Con Pugliese solo buongiorno e buonasera perché conoscevo il padre, Costantino Di Silvio. Io però non ho mai commesso reati con la malavita pontina”.

“I fratelli Travali non sapevano neanche che io all’epoca stavo a Sabotino. I pentiti mi hanno nominato perché volevano che comprassi la droga che spacciavo da loro, non mi interessava per chi lavoravano. Non conosco i Mazzucco. Dal 2000 al 2007 stavo ai Palazzoni e c’erano anche i Travali. A via Helsinky che era a casa mia (nda: una popolare dell’Ater), non c’era nessuno”. Una circostanza smentita dallo stesso Ginca che, interrogato come testimone nel processo nell’udienza di gennaio scorso, aveva spiegato che prima del marzo 2014 viveva lì, grazie ai Ranieri, insieme a una delle due donne che Giuroiu voleva far prostituire.

Ammette, Manuel Ranieri, di essere stato molto amico di Ginca che “mi disse che Giuroiu voleva far prostituire la sua ragazza, Florentina, ed era preoccupato. Io frequentavo la mia ragazza Angela Daca ma Giuroiu non penso che voleva farla prostituire. Non lo so se Giuroiu aveva messo gli occhi su Angela. Ginca ha fatto dichiarazioni contro di me perché minacciato dalla Squadra Mobile. Io non ho chiesto spiegazioni sul perché aveva sparato a Giuroiu”.

Sulle armi, invece, Manuel Ranieri, così come successivamente Mirko Ranieri, è netto: una versione che scagiona completamente i Travali. Secondo i fratelli, la loro famiglia aveva grande disponibilità di armi e quindi non aveva bisogno di chiederle a nessuno, né tantomeno ai Travali. Tanto è vero, hanno motivato i fratelli, che uno dei pochi, a Latina, ad essere destinatario di un sequestro è stato il padre Marco Ranieri, altro pregiudicato di Latina, a cui furono requisiti 23 pezzi.

“I Travali non diedero sostegno economico a mia madre e mia sorella – ha detto Manuele Ranieri – Io consigliai a Ginca, che litigava ogni giorno sempre con qualcuno, di parlare con la polizia quando mi disse quello che voleva fare Giuroiu. I Travali non avevano armi e se dovevo fare un omicidio l’avrei fatto da solo“.

Né armi dai Travali né alcuna affiliazione, quindi, secondo Manuel Ranieri. Una versione confermata dal fratello minore Mirko. “Ho ammesso le mie responsabilità al tribunale dei minori e al tribunale dove veniva processato mio fratello. La mattina del 8 marzo ho incontrato Ginca e ho saputo che Giuroiu aveva un appuntamento con lui. Non ho visto mio fratello. Ginca mi ha detto che la ragazza era in difficoltà e mi chiese aiuto. Quella mattina mi disse che potevamo incontrare Giuroiu per risolvere il problema. Mi feci dare l’arma e andammo presso la centrale nucleare. L’arma la prese Ginca, le custodivamo noi sottoterra”.

Il più giovane dei Ranieri nega anche lui i rapporti con i Travali “che non c’entrano niente…il.primo a sparare fu Giuroiu. Per me Riccardo e Pugliese erano due infami, così si dice da sempre negli ambienti. So chi è Riccardo ma non ho mai parlato con lui dell’omicidio. Io ho deciso di sparare perché Giuroiu mi puntò la pistola”. Parole che tradiscono almeno un particolare differente: mentre Manuel aveva dichiarato poco prima che la mattina del 8 marzo si trovavano insieme, Mirko nega la circostanza.

“L’omicidio non lo volevamo fare. Ginca – ha proseguito Mirko Ranieri – mi venne a prendere e andammo a Sabotino. Con noi, in macchina, c’era anche un terzo ragazzo scuro di carnagione che non conoscevo e di cui non ho chiesto a Ginca l’identità, non mi interessava”.

A omicidio concluso, “chiamai mio fratello e gli dissi cosa era successo, poi mi nascosi da mio nonno, mi accompagnò mio fratello. Mi mettevo dentro i casini e lo feci per questo l’omicidio, non per amicizia. Con Ginca facemmo colazione e vidi mio fratello dopo l’omicidio per sotterrare Giuroiu a Cisterna. L’arma era custodita e sotterrata in un giardino. La pistola di Giuroiu l’abbiamo data alla terza persona e l’hanno fatta sparire”.

So chi sono i Travali, sono sono bravi ragazzi, non sono criminali di spessore. Mio fratello non faceva reati con i fratelli Travali, non abbiamo mai avuto niente a che fare con loro”.

Per un processo che corre veloce (prossima udienza il 4 aprile), mancano ancora quattro testimoni della difesa, tra cui Graziano Grazioli, l’uomo che, secondo la sentenza che ha condannato i Ranieri, ha messo a disposizione il campo agricolo di Olmobello dove fu buttato il corpo di Giuroiu.

A margine, poco prima dell’inizio degli interrogatori odierni, l’avvocato Vitelli ha reiterato l’acquisizione dei verbali di Riccardo, oltreché il decreto di archiviazione e la richiesta di giudizio, sui fatti che hanno coinvolto l’ex moglie Francesca Zeoli e il poliziotto, ex Squadra Mobile di Latina, Renzo Battista: una vicenda imbarazzante per cui Riccardo fu denunciato per aver aggredito la ex compagna, accusata di aver intrattenuto una relazione sentimentale proprio con il poliziotto. La Corte d’Assise ha dato il via libera all’acquisizione degli atti e disposto un nuovo video collegamento con il collaboratore di giustizia Agostino Riccardo che verrà ri-ascoltato. Il motivo? Sempre la credibilità o meno dell’ex affiliato ai clan Travali e Di Silvio, oramai un modus operandi di tutte le difese nei processi in cui compaiono le sue dichiarazioni.

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