LA DIA CONFERMA: A LATINA E PROVINCIA PATTO TRA COSCHE TRADIZIONALI E AUTOCTONE PER GLI AFFARI

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Provvedimenti interdittivi I semestre 2020
Provvedimenti interdittivi I semestre 2020

La relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (gennaio-giugno 2020) conferma la situazione nella territorio pontino: cosche legate a camorra e ‘ndrangheta più la presenza del Clan autocotoni di origine nomade

Nei giorni in cui a Latina si stanno chiudendo diversi cerchi investigativi su delitti irrisolti (omicidio Moro e Ferdinando “Il Bello” Di Silvio) e si è arrivati a contestare, dopo averlo fatto con i Di Silvio ai Campo Boario, l’aggravante mafiosa al Clan Travali e a quattro componenti del Clan Ciarellli, come di consueto è stata pubblica dalla Dia la consueta semestrale che, riferendosi al semestre di un anno fa, consente di mettere un punto e ribadire lo stato ormai pervasivo delle mafie nel territorio pontino.

Nelle province di Roma e Latina, oltre alla presenza di sodalizi criminali autoctoni e ben strutturati, emergono – scrivono i relatori della Dia – qualificate proiezioni di organizzazioni calabresi, campane e siciliane.

Nella regione sono presenti diverse tipologie di organizzazioni criminali “tradizionali” le quali, sebbene prediligano alle consuete forme di violenza la ricerca di proficue relazioni di scambio e di collusione finalizzate ad inserirsi nel tessuto economico legale, convivono e spesso fanno affari con le consorterie mafiose autoctone, principalmente costituite da clan di origine Rom e Sinti.

Anche il capoluogo e la provincia di Latina – prosegue la relazione – si caratterizzano per la compresenza di vari tipi di organizzazioni criminali. Proiezioni di quelle mafiose tradizionali, quali camorra e ‘ndrangheta, convivono e fanno affari con quelle autoctone. Pure queste ultime tese a perseguire i propri interessi con modalità mafiose.

SUD PONTINO – La Dia conferma la presenza di personaggi legati a vari gruppi criminali, quali esponenti delle ‘ndrine calabresi dei Bellocco, dei Tripodo, degli Alvaro e dei La Rosa-Garruzzo. Sono, inoltre, nel tempo risultate operative proiezioni delle cosche reggine Aquino Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica e Commisso di Siderno. Ancorché in assenza di evidenze per il semestre – sottolinea la Dia – si rammenta che una recente conferma del coinvolgimento anche di soggetti di matrice calabrese nei traffici di stupefacenti nel territorio pontino si è avuta con l’operazione “Selfie”, del maggio 2019. Da rilevare, poi, che, la provincia è stata recentemente oggetto di un’attività che ha evidenziato come questo territorio sia oggetto di interesse delle cosche anche ai fini di riciclaggio: la Dia segnala l’operazione Gerione che ha coinvolto il nord pontino e sequestrato società e beni a Sergio Gangemi gravitante tra Aprilia, Latina e Roma.

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Nell’area del sud pontino – continua l’Antimafia – sono attivi elementi dei clan camorristici facenti capo ai Casalesi, ai Bidognetti, ai Bardellino, ai Moccia, ai Mallardo, ai Giuliano, ai Licciardi, ai Senese e agli Zaza. Il 29 maggio 2020 – sottolinea la Dia – la Corte di Appello di Roma ha confermato la confisca dei beni, per un valore complessivo di oltre 22 milioni di euro, eseguita nei confronti di un imprenditore laziale ritenuto vicino al citato clan dei Casalesi: Vincenzo Zangrillo. Come noto, però, la confisca è ancora sotto giudizio perché, a dicembre scorso, la Cassazione ha accolto il ricorso della difesa rimandando a una nuova decisione della Corte d’Appello.

Il Sud pontino – spiega la Dia – costituisce, per i sodalizi campani, la naturale “area di delocalizzazione”, per esportare traffici illeciti in territori “meno affollati”. Sono, inoltre, praticati il riciclaggio ed il reimpiego dei capitali nei settori dell’edilizia e del commercio, dove le risorse risultano investite soprattutto nel circuito agroalimentare e della ristorazione.

La relazione ricorda anche l’operazione Coast to Coast 2, conclusa dalla Polizia di Stato nell’agosto 2019 che aveva messo in luce una forma di riorganizzazione delle piazze di spaccio di Gaeta, Formia, Fondi e Cassino, a seguito di precedenti arresti nei confronti dell’organizzazione dei clan Spada-Morelli.

CLAN ZINGARI – Come per i per i collegati clan Casamonica e Spada, la presenza mafiosa dei clan nomadi è conclamata. Con sentenza del 19 luglio 2019 è stata infatti riconosciuta – per la prima volta nel territorio pontino – l’aggravante del “metodo mafioso” per l’azione di soggetti legati ad un ramo del Clan Di Silvio, quello de ramo gestito da Armando “Lallà” Di Silvio. Una condanna successivamente confermata in Appello.

La relazione, sempre in relazione ai Di Silvio, menziona poi l’operazione “Scudo” che ha coinvolto membri del Clan De Rosa/Di Silvio e Morelli: 2 gruppi criminali, collegati da rapporti di reciproco interesse. Usura, estorsione, rapina, autoriciclaggio, violenza privata, esercizio abusivo di attività finanziaria, detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio (oltre a fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e favoreggiamento della prostituzione). Il denaro prestato, a tassi usurari anche del 100% annuo, risulta riconducibile ad un esponente dei Di Silvio e costituirebbe provento dello spaccio di stupefacenti.

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Il 29 gennaio 2020, la Polizia di Stato di Latina ha, poi, disvelato un’organizzazione criminale dedita alle estorsioni aggravate dal metodo mafioso. Il sodalizio era composto da 5 persone, 3 delle quali appartenenti al citato clan DI SILVIO e deputate ad intervenire per il “recupero crediti”. È chiaro il riferimento all’inchiesta di cui si sta celebrando il processo che vede coinvolta anche l’ex consigliera regionale Gina Cetrone.

FONDI – Sono nuovamente emersi interessi criminali sul MOF (Mercato Ortofrutticolo di Fondi). Il 2 marzo 2020 a conclusione dell’operazione Aleppo 2, i Carabinieri di Latina hanno eseguito, in provincia di Latina e Napoli, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 5 soggetti dediti alle estorsioni aggravate dal metodo mafioso, con collegamenti a clan camorristici casertani. Il gruppo criminale è risultato sempre riconducibile alla famiglia D’Alterio, già colpita dall’operazione “Aleppo” che, nonostante il colpo subito, aveva continuato ad esercitare una capillare azione di controllo, avvalendosi del metodo mafioso, del trasporto su gomma dei prodotti agroalimentari in entrata ed in uscita dal MOF.

IMPRENDITORI – Conclude il paragrafo dedicato alla provincia di Latina, l’interesse delle consorterie criminali all’infiltrazione ed al condizionamento degli ambienti imprenditoriali. Anche nell’ambito politico e amministrativo locale emerge, talora, un modello che vede il coinvolgimento di imprenditori nei settori dell’edilizia e del commercio, con rapporti collusivi-corruttivi finalizzati ad agevolare il rilascio di concessioni edilizie ovvero per ottenere l’aggiudicazione di appalti nei settori dei servizi pubblici. Anche il territorio di Aprilia è caratterizzato dall’operatività di proiezioni mafiose. Investigazioni del passato hanno messo in luce come il territorio sia stato utilizzato come crocevia dei traffici di stupefacenti. È stata segnalata la presenza di esponenti delle ‘ndrine dei Gallace, degli Alvaro di Sinopoli e Gangemi e di soggetti campani vicini ai Casalesi.

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