Karibu-Aid, primo step dell’udienza preliminare per la seconda inchiesta nei confronti di suocera, moglie e cognato del deputato Aboubakar Soumahoro
Rinviato tutto al prossimo 22 marzo. Non è durata molto la prima udienza preliminare davanti al Gup del Tribunale di Latina, Giulia Paolini, che ha concesso un termine alle difese degli imputati, assistiti dagli avvocati Lorenzo Borrè, Francesco Roccato, Francesco Giuffrida e Valentina De Gregorio, per consentire loro di esaminare tutte le costituzioni di parte civile.
A presentarsi e fare richiesta come parti civili diciannove lavoratori ed ex dipendenti della coop Karibu e del consorzio Aid, il sindacato Uiltucs di Latina, le cui denunce hanno fornito spinta decisiva alle inchieste della galassia della famiglia Mukamitsindo/Soumahoro, e alcuni dei Comuni indicati dalla Procura di Latina: Latina, così come annunciato nei giorni scorsi dall’amministrazione Celentano, Roccasecca dei Volsci, Aprilia, Pontinia, Fondi e Monte San Biagio. Rispettivamente il Comune di Latina è assistito dall’avvocato Egeo, Aprilia dall’avvocato Sesselego, Fondi dall’avvocato Ferraro, Pontinia dall’avvocato De Mauri,
Assenze che, invece, fanno rumore sono quelle dei Comuni di Sezze, Roccagorga, Priverno, Cisterna, Maenza e Terracina. In particolare, Sezze e Roccagorga erano i centri in cui le attività della Karibu hanno presentato diverse criticità, per di più con il coinvolgimento (non penale) di diversi politici. La mancata costituzione di parte civile non può passare inosservata e andrebbe giustificata politicamente, sebbene dal mondo partitico e delle amministrazioni il silenzio è stato assordante in questi mesi di indagini e retroscena dal mondo Karibu.
A chiedere di essere parte civile anche il Ministero dell’Interno, tramite l’avvocatura dello Stato, il Codacons, il Consorzio Agenzia Inclusione dei Diritti e il commissario liquidatore della Karibu, Francesco Cappello.
Costituzioni dei Comuni che sono motivate – come spiega l’avvocato Mastrobattista che assiste, insieme alla collega Atena Agresti, Uiltucs, i 19 lavoratori e il Comune di Monte San Biagio – con una motivazione stringente: “Il Comune chiede il risarcimento perché è stato leso il diritto all’accoglienza. Questo processo – ha concluso il legale – esiste grazie a Uiltucs e al segretario generale Gianfranco Cartisano”.
Il prossimo 22 marzo, ad ogni modo, dopo aver valutato la questione della parti civili, sarà il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giulia Paolini, a valutare le posizione degli ex Karibu e Aid in merito a questa seconda inchiesta chiusa già a dicembre 2023 dagli inquirenti. Come noto, per la prima inchiesta, che contesta l’evasione fiscale, il processo è già iniziato ed è incardinato davanti al giudice monocratico del Tribunale pontino, Simona Sergio.
La Procura di Latina, oggi rappresentata dal pubblico ministero Giuseppe Miliano, ha chiuso la seconda inchiesta nei confronti della fondatrice della coop Karibu, Marie Therese Mukamitsindo, e dei figli Liliane Murekatete, moglie del deputato ex Verdi-Sinistra Italia, Aboubakar Soumahoro, Michel Rukundo, Aline Mutesi e l’uccel di bosco, poiché irreperibile, Richard Mutangana (anche in questo procedimento è stata stralciata la sua posizione: per lui udienza preliminare il prossimo 28 giugno). Contestati i reati quali frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e auto-riciclaggio.
Prima che a dicembre la seconda inchiesta fosse chiusa, il Tribunale del Riesame di Roma ha sciolto la riserva e confermato le misure cautelari a carico dei tre indagati. I giudici hanno respinto i ricorsi discussi, a metà novembre 2023, dagli avvocati Francesca Roccato e Lorenzo Borrè che difendono Liliane Murekatete, Marie Terese Mukamitsindo e Michel Rukundo. Murekatete e Mukamitsindo rimangono ai domiciliari, mentre Rukundo deve sottostare all’obbligo di dimora nella provincia di Alessandria dove si è trasferito. Nessuno dei tre era oggi presente in Tribunale a Latina per l’udienza preliminare.
Il riesame era stato discusso alla presenza del sostituto procuratore di Latina, Andrea D’Angeli, che ha coordinato le indagini della Guardia di Finanza insieme all’altro sostituto Giuseppe Miliano e al Procuratore capo Giuseppe De Falco. Entrambi gli avvocati avevano chiesto per le proprie assistite la revoca delle misure cautelari, non sussistendo, secondo la loro tesi difensiva, gli estremi. Per Muraketete non vi sarebbe stato pericolo di reiterazione del reato né di inquinamento delle prove, dal momento che sia Karibu che il Consorzio Aid sono in fase di liquidazione. La fondatrice non avrebbe mai avuto un ruolo operativo nel consiglio d’amministrazione, né sarebbe responsabile delle modalità con cui venivano forniti gli alimenti ai migranti. Tesi respinte dal Riesame. Anche per quanto riguardo Marie Therese Mukamitsindo e il figlio Michel Rukundo (destinatario di una misura più lieve quale quella dell’obbligo di dimora), l’avvocato difensore aveva chiesto la revoca della misura.
A inizio mese di novembre, invece, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, aveva sciolto la riserva in merito alla richiesta presentata dall’avvocato Francesca Roccato per una sostituzione della misura cautelare ai domiciliari applicata dalla fondatrice della coop Karibu, Marie Therese Mukamitsindo. Nel primo pomeriggio del 3 novembre si erano svolti gli interrogatori di garanzia della stessa Marie Therese Mukamitsindo e della figlia Liliane Murekatete.
Alla presenza del Pm Andrea D’Angeli e del Gip Giuseppe Molfese c’era solo la fondatrice della cooperativa Karibu, Marie Therese Mukamitsindo. La moglie del deputato ex Verdi-Sinistra Italiana, Aboubakar Soumahoro, Liliane Murekatete, previo accordo, si era video-collegata dalla caserma della Guardia di Finanza di Ostia.
Sia la madre che la figlia si erano avvalse della facoltà di non rispondere, rilasciando però dichiarazioni spontanee al Gip Molfese. Lady Soumahoro aveva contestato le accuse mossele dai sostituti procuratori Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli: in circa mezz’ora, la donna aveva spiegato che alcuni bonifici e spese attribuitele non sono riferibili a lei. Inoltre, per quanto riguarda l’appartamento in Belgio, la donna aveva dichiarato che fu una spesa finalizzata alla gestione dei migranti di cui si occupava la coop Karibu e non una spesa personale. I soldi che incamerava, invece, erano riconducibili al suo periodo di prova prima di essere assunta nella cooperativa: “Gli acquisti di beni voluttuari non l’ho effettuati io, non ho mai avuto in uso carte di credito della cooperativa”. Aveva poi aggiunto l’avvocato difensore Lorenzo Borrè: “Gli unici pagamenti da lei effettuati sono stati gli stipendi, più le spese per acquistare il cibo per gli ospiti della struttura”.
La fondatrice Mukamitsindo, invece, aveva detto al Gip Molfese che avrebbe spiegato tutte le spese sostenute, in quanto le stesse sarebbero giustificabili. In più, la manager aveva negato di avere altre cariche sociali in organismi che hanno come core business la gestione dei migranti: la carica di Presidente della Edelweiss di Nola, infatti, sarebbe stata ricoperta, ma successivamente lasciata ben prima degli arresti di lunedì scorso. Per tali ragioni, Mukamitsindo aveva chiesto, a differenza della figlia, una misura meno afflittiva rispetto agli arresti domiciliari. Nessuna dichiarazione spontanea da parte dell’altro figlio, Michel Rukundo, anche lui video collegato da Alessandria, provincia dove adesso risiede.
Il Gip si era riservato sulla richiesta della difesa di Mukamitsindo rispetto a una misura cautelare più lieve. Poi era arrivata la pronuncia del Gip che ha confermato i domiciliari per Mukamitsindo, specificando che le dichiarazioni rese in sede i interrogatorio di garanzia sono generiche e senza alcun documentazione che attenuasse la sua posizione.
L’INCHIESTA – La nuova ordinanza della magistratura disposta dal Giudice per le indagini preliminari Giuseppe Molfese, su richiesta dei sostituti procuratori di Latina, Giuseppe Miliano e Andrea D’Angeli, è stata eseguita lo scorso 30 ottobre dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Latina. Al centro dell’indagine, così come lo scorso dicembre quando fu eseguita la prima ordinanza, l’attività delle cooperative coinvolte nella gestione di richiedenti asilo e di minori non accompagnati nell’ambito della provincia di Latina.
Arresti domiciliari e obbligo di dimora presso il proprio comune di residenza nei confronti dei membri del Consiglio di Amministrazione della cooperativa sociale integrata “Karibu”, al momento, dopo le prime misure interdittive e i sequestri dello scorso dicembre, in liquidazione con il relativo commissario.
Inoltre è stata eseguito dai Finanzieri il sequestro preventivo da circa 2 milioni di euro a fini di confisca, anche per equivalente, del profitto del reato nei confronti degli stessi membri del cda e di altro soggetto legato a loro da vincoli di parentela che attualmente si trova all’estero: Richard Mutangana, figlio di Mukamitsindo. Anche per lui la Procura aveva chiesto l’arresto, negato dal Gip Molfese.
Le indagini condotte da Procura e dalla Guardia di Finanza hanno consentito di accertare condotte di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e auto-riciclaggio.
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Per quanto riguarda l’ordinanza eseguita il 30 ottobre, la Procura spiegava, in una nota, che le cooperative Karibu e Consorzio Agenzia per l’inclusione e i diritti Italia (conosciuto come Consorzio A.I.D. Italia), nonché la Jambo Africa (per il tramite della Karibu), hanno percepito ingenti fondi pubblici da diversi Enti (Prefettura, Regione. Enti locali eccetera) destinati a specifici progetti o piani di assistenza riguardanti i richiedenti asilo e i minori non accompagnati, fornendo tuttavia un servizio inadeguato e comunque difforme rispetto a quello pattuito.
Sono state riscontrate infatti numerose criticità nelle strutture gestite dalle cooperative e, in particolare, sovrannumero di ospiti, alloggi fatiscenti con arredamento inadeguato, condizioni igieniche carenti, derattizzazione e deblattizzazione assenti, riscaldamento assente o comunque non adeguato.
E ancora: carenze nell’erogazione dell’acqua calda, carenze nella conservazione delle carni, insufficienza e scarsa qualità del cibo, presenza di umidità e muffa nelle strutture, carenze del servizio di pulizia dei locali e dei servizi igienici, insufficiente consegna di vestiario e prodotti per l’igiene.
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Al riguardo sono esemplificative le vicende dei CAS di Aprilia (Via Lipari), di Latina (Hotel de la Ville Central) e di Maenza (Casal dei Lupi) gestiti dalla Karibu, nonché quelle dei CAS di Latina (Via Romagnoli e Via del Pioppeto) gestiti da Consorzio Aid.
L’inosservanza delle condizioni pattuite – concretizzatasi nelle gravissime criticità rilevate dagli ispettori della Prefettura anche congiuntamente a quelli della ASL di Latina e ai Vigili del Fuoco, tali da far vivere gli ospiti in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne, aggravate dalla condizione di particolare vulnerabilità dei migranti richiedenti protezione internazionale – ha generato considerevoli risparmi di spesa/profitti, che sono stati utilizzati per spese varie (alberghi, ristoranti, abbigliamento di lusso, accessori, gioielli ecc.) e/o investimenti del tutto estranei alle finalità del servizio pubblico e assolutamente non inerenti con l’oggetto sociale delle cooperative e la loro natura di enti no profit.
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Le distrazioni di denaro sono state oggetto di approfondimenti investigativi che hanno consentito di ipotizzare a carico degli indagati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) a seguito dell’accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza della cooperativa KARIBU e di autoriciclaggio di parte di dette somme, che sono state trasferite all’estero (Ruanda, Belgio e Portogallo) e reimpiegate in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e/o richiedenti asilo.
“Le indagini – concludeva la nota della Procura – proseguono, anche con riferimento a temi investigativi diversi e complessi, nel rispetto delle disposizioni normative in tema di segretezza degli atti di indagine, onde garantire, per un verso, diritti e facoltà delle persone sottoposte ad indagini e, per altro verso, la genuinità, l’oggettività e il buon esito degli accertamenti investigativi”.
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