IL RITORNO DEL LUPO NEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO

Avvistamento del lupo nel parco nazionale del circeo

Finalmente il lupo è tornato anche nel Parco Nazionale del Circeo. Una buona notizia lanciata quest’oggi dal portale del Parco stesso: “da circa un anno si registrano avvistamenti di alcuni esemplari anche all’interno del territorio del Parco Nazionale del Circeo. Un ritorno spontaneo, che si inserisce nella naturale espansione della specie in Italia e che può favorire il ripristino degli equilibri biologici”.

Sarebbe davvero bello se bastasse la presenza di un predatore come il lupo, antagonista naturale dei numerosi daini presenti nel Parco Nazionale del Circeo, a risolvere problemi come la tutela della biodiversità e di tutti i micro ecosistemi che il Parco pontino comprende. Ma così non è, o almeno non completamente. 

È probabile però che questa sia una notizia che metterà d’accordo, appunto, gli amanti pontini dei daini del Parco del Circeo (non fu apprezzato il tentato intervento delle istituzioni locali per risolvere in maniera meccanica il sovrannumero di questi ungulati alloctoni) e chi invece è preoccupato per la minaccia alla rigenerazione naturale di alberi e arbusti del bosco di Sabaudia. A causa della presenza massiccia del dama dama, infatti, la giovane e tenera flora ha costituito il pasto del gran numero di daini (troppi per la relativamente esigua estensione dell’area boschiva del PNC) e questo intensivo brucare sta mettendo a repentaglio la biodiversità che il Parco custodisce. Allora, ben venga il lupo! 

daini

Territori antropizzati come quello del comune di Sabaudia e di San Felice Circeo, al pari di altri comuni pontini, godono comunque di una eco bucolica per il solo fatto di ricadere all’interno del piccolo polmone verde pontino (tuttavia si pensi ai ravanelli “bombati” di fitofarmaci a cui faceva da cornice lo sfruttamento della manodopera extracomunitaria), ma purtroppo questo non basta per gestire alcune problematiche in maniera analitica soprattutto quelle derivanti da due questioni al momento lasciate a se stesse:

  1. l’auspicata realizzazione della Rete Ecologica Territoriale, di cui da 10 anni non se ne sa nulla, eccezion fatta per il comunicato stampa diramato qualche giorno fa dai neo assessori pentastellati Lombardi e Corrado in occasione dell’annuncio di investimenti a favore delle “zone cuscinetto” del versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise;
  2. la tutela della specie del lupo dal pericolo dell’ibridazione con la specie canina, minaccia che deriva soprattutto dal mai affrontato e sempre sottovalutato fenomeno del randagismo canino.

LA RETE ECOLOGICA TERRITORIALE

La R.E.T. è uno strumento programmatico in grado di pianificare una rete di infrastrutture verdi per favorire una maggiore mobilità della fauna selvatica. La Rete Ecologica, insomma, può anche essere intesa come un atto pianificatorio di buon governo del territorio, finalizzato alla conservazione della biodiversità e alla migliore gestione delle problematiche ecologiche. In sostanza, uno strumento di governo territoriale del genere costituisce l’opportunità per programmare interventi volti alla creazione in primis dei corridoi ecologici, soluzioni architettoniche che permettono alle specie selvatiche di spostarsi tra le varie aree protette provinciali e regionali senza per questo causare problemi alla mobilità veicolare (la S.S. Pontina corre proprio lungo il fianco più esteso del bosco di Sabaudia, come molti sono i testimoni degli attraversamenti dei daini sulle migliare che solcano lo stesso bosco). 

Esempio di corridoio ecologico

Inoltre, la Rete Ecologica permetterebbe di rendere fattiva l’utilità delle cosiddette zone cuscinetto (buffer zones) che servono ad ammortizzare gli effetti dell’antropizzazione esistente verso le zone protette e viceversa. Con l’avvento del Coronavirus si è incominciato a parlare molto dell’eccessiva contiguità tra aree selvatiche e aree urbanizzate, dunque la piena attuazione della Rete Ecologica Territoriale andrebbe anche a sanare un’eventuale contaminazione tra due ecosistemi che sono uno l’antitesi dell’altro ma che potrebbero convivere nel reciproco rispetto se l’ecosistema naturale venisse finalmente legittimato da uno strumento programmatico che fino ad ora esiste solo su carta.

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Perciò, in un contesto simile, non bisogna cadere nella tentazione di semplificare la realtà e vedere il lupo come una soluzione al problema dell’eccessiva proliferazione dei daini, ma come il pezzo mancante di un equilibrio naturale che sta cercando il suo bilanciamento.

In quest’epoca in cui l’umanità è chiamata a fare i conti con il surriscaldamento globale e conseguenti cambiamenti climatici, tutto ciò che possa favorire il recupero di una sempre maggiore biodiversità deve essere considerato come un intervento prioritario sopra qualsiasi altra esigenza, perché ne va della sopravvivenza di tutte le specie, soprattutto quella umana.

IL LUPO E L’IBRIDAZIONE

Pare che sul lungo periodo le popolazioni di lupi saranno composte da una importante percentuale di individui fertili di origine ibrida e ciò potrebbe portare all’estinzione genomica del lupo. Per quanto un soggetto ibrido talvolta possa apparire come un esemplare puro ed essere distinto solo con il vaglio di un esperto o con esami sul DNA, l’ibridazione, oltre che a costituire una minaccia della specie pura, porterebbe con sé anche un cambiamento nell’istinto innato della specie del simil-lupo: un esemplare puro è schivo e rifugge l’antropizzazione, atteggiamento che invece non intimorisce un cane (o molto probabilmente anche un ibrido) perché per millenni ha convissuto con gli umani. I meccanismi che regolano questi istinti non sono stati ancora totalmente acquisiti dalla scienza con chiare interpretazioni da manuale, ma è indubbio che un cambiamento infinitesimale nel DNA porti a cambiamenti sostanziali nelle varie specie anche per quanto concerne il comportamento.

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Quindi, non sarebbe più saggio intervenire in anticipo e permettere agli ecosistemi di ripristinarsi senza dover pagare gli evidenti errori di valutazione sull’ambiente da parte di un homo che si è auto-definito sapiens?

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