OPERAZIONE JOB TAX: BRACCIANTI SOTTOMESSI E DOPING AI RAVANELLI. ARRESTATI UNA FAMIGLIA DI SAN FELICE E 2 CAPORALI BENGALESI

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Operazione Job tax, sfruttamento dei braccianti agricoli e fitofarmaci per “pompare” i ravanelli rossi: due caporali bengalesi e una famiglia di San Felice Circeo agli arresti disposti dall’ordinanza firmata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota

Alle prime luci dell’alba di oggi, 19 aprile 2021 – come si legge in un comunicato dei Carabinieri – i carabinieri del Nas di Latina, a conclusione di una complessa indagine denominata “Job tax”, coordinata dal Procuratore aggiunto Carlo Lasperanza, insieme al sostituto procuratore Claudio De Lazzaro della Procura della Repubblica di Latina, hanno dato esecuzione, sul territorio della provincia pontina e a Venezia (dove si era trasferito uno dei due caporali bengalesi, prima di stanza a Terracina), a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 7 persone indagate per associazione per delinquere dedita allo sfruttamento di manodopera extracomunitaria in agricoltura, a estorsioni e all’impiego illecito di fitofarmaci non autorizzati nelle coltivazioni in serra, scongiurando un grave pericolo per la salute pubblica derivante dall’uso sconsiderato di fitofarmaci non autorizzati (vedi di seguito video della conferenza stampa tenutasi presso il Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina).

Il capo dell’organizzazione, di origine campana, era anche l’amministratore dell’azienda agricola, Salvatore Fontanella, affiancato dai suoi due figli, un uomo anche egli socio e amministratore di fatto Pierluigi Fontanella, e una donna anche lei socia e addetta alla contabilità amministrativa Alessia Fontanella. In carcere anche il genero del capo e marito della donna, dipendente della società, Angelino De Gasperis. Agli arresti, anche un agronomo, consulente esterno dell’azienda che forniva le indicazioni tecniche per l’uso dei fitofarmaci: Pierluigi Bragagnin. In carcere, come loro, sono finiti anche i due caporola bengalesi: Shafikul Islam e Farazi Dadon.

I provvedimenti restrittivi, emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina Castriota, sono stati eseguiti con il supporto di militari del Comando carabinieri per la Tutela della salute dei comandi provinciali di Latina e Venezia, del Nucleo dell’Ispettorato del Lavoro di Latina e con l’ausilio del Nucleo Elicotteri carabinieri di Pratica di Mare.

Le indagini sono scaturite a ottobre 2019 da attività informativa del predetto Nas, sviluppata nel contesto di servizi anti-caporalato disposti dalla Divisione Unità Specializzata dell’Arma dei carabinieri e originata da una denuncia sporta da un bracciante di origini bengalesi (e da attività informative del Nas) il quale lamentava le condizioni di sfruttamento e le intimidazioni subite a opera di connazionali anch’essi dipendenti dalla medesima azienda agricola di San Felice Circeo. Si tratta della Agri Fontanella e Figli che è sul mercato dal 1975, esportando anche all’estero.

Le articolate investigazioni hanno consentito di individuare e disarticolare un sodalizio criminoso basato sul vincolo associativo di tipo familiare nell’ambito dell’azienda ortofrutticola operante nella coltivazione di ortaggi, estesa su 5 livelli produttivi da San Felice Circeo a Terracina a Sabaudia, destinati al mercato locale, nazionale ed estero.

Nel corso degli approfondimenti svolti mediante servizi di osservazione, pedinamenti, intercettazioni telefoniche ed escussione di persone informate sui fatti, gli investigatori del Nas hanno delineato i ruoli dei 7 indagati e il relativo disegno criminoso perseguito, basato sullo sfruttamento dello stato di necessità dei braccianti, servendosi di 2 caporali (domiciliati a Terracina; uno dei due, come precedentemente detto, si era trasferito nella provincia di Venezia) – di origine bengalese – per il reclutamento e la gestione della manodopera straniera – per lo più di provenienza bengalese, indiana e pakistana – procurandosi un ingiusto profitto mediante l’impiego dei dipendenti in violazione dei previsti contratti collettivi, con la corresponsione di salari non rispondenti al lavoro prestato, realizzando una correlata evasione di contribuiti obbligatori Inps: quantificata in 557mila e 504,60 euro nel periodo monitorato, compreso tra marzo e novembre 2019. Per questa cifra è stato disposto il sequestro e sull’azienda sanfeliciana sono in corso accertamenti che potrebbero portare alla stessa misura.

I carabinieri del Nas di Latina, agli ordini del Capitano Felice Egidio, sono riusciti a interrompere le gravi condotte illecite poste in essere dall’organizzazione criminale che:

  • Assumeva e impiegava manodopera di cittadini stranieri sottoponendoli a condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno e di vulnerabilità;
  • Costringeva i dipendenti a sottoscrivere la ricevuta della busta paga con l’omessa contabilizzazione delle ore effettivamente prestate, pena il mancato pagamento della retribuzione, remunerandoli sistematicamente con stipendi inferiori alle ore lavorate (a cottimo), in violazione dei contratti collettivi del comparto:
  • Impiegava i lavoratori in costanza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro, omettendo di fornire loro i previsti Dpi, l’abbigliamento, le scarpe idonee, costringendoli a operare in condizioni proibitive, per allagamento dei terreni a causa delle piogge;
  • Operava una forma di controllo sul risultato del lavoro, con minaccia di sanzioni corporali ed economiche, fino a prospettazione del licenziamento in caso di fallimento dell’obiettivo di raccolta, secondo le proibitive esigenze aziendali;
  • Imponeva agli operai di avvalersi del servizio di trasporto gestito da uno dei caporali – previo compenso giornaliero di 6 euro cadauno – in condizioni degradanti, perché costretti ad ammassarsi sul furgone Ducato in numero superiore ai posti omologati:
  • Perseguiva con l’aiuto di un agronomo – anch’egli tra i destinatari delle misure cautelari in carcere – una spregiudicata coltivazione di ortaggi destinati al mercato locale, nazionale ed europeo, incentrata su metodi irregolari, ricorrendo all’uso continuo e massivo di fitofarmaci non autorizzati alle culture in serra (ravanelli “dopati”), impiegando in tali compiti lavoratori non formati, non abilitati e privi dei previsti Dpi, esponendoli in tal modo a gravi situazioni di pericolo.

A riscontro di tale attività svolta il Nucleo antisofisticazioni pontino nel contesto di mirate perquisizioni effettuate a dicembre del 2019 presso i 5 siti produttivi dell’azienda, su decreto dell’autorità giudiziaria e con l’ausilio del personale dell’Ispettorato del Lavoro carabinieri di Latina, oltre a identificare 157 lavoratori extracomunitari di cui un clandestino, privo di permesso di soggiorno, rintracciava e sottoponeva a sequestro probatorio 244 litri di prodotti fitosanitari non autorizzati all’impiego in agricoltura, per un valore di 7mila euro.

Contestualmente si è proceduto, a carico degli indagati, all’esecuzione del relativo decreto, richiesto dalla Procura di Latina ed emesso dal Gip del Tribunale di Latina, di sequestro preventivo per via diretta o per equivalente della somma o di beni mobili e immobili fino al raggiungimento dell’importo pari a 557mila e 504,60 euro, quale profitto del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro riferito ai contributi non versati e alle ore di lavoro non retribuite per il periodo di riferimento marzo-novembre 2019.

L’applicazione dell’istituto giuridico che discende dai precetti di cui agli articoli 19 e 53 del decreto legislativo numero 231 del 2001 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge del 29 settembre del 200, numero 300) risulta di innovativa imposizione nella specifica materia giuslavoristica violata dagli indagati.

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