Lo scandalo “cimitero” di Sezze non è finito: gli intrecci inopportuni e le indagini confermano una città stretta tra paure e omertà
“Se vogliano andare in guerra ci andiamo, conosco vita, morte e passioni di tanta gente a Sezze“. Questa è l’ormai nota minaccia che l’ex custode del cimitero Fausto Castaldi, al centro dell’inchiesta Omnia 2, pronunciò all’indirizzo di alcuni consiglieri comunali dopo che era stata posta in essere la questione della piscina piazzata dentro il cimitero di Via Bassiano.
Ma è solo patina, la sostanza è che più si scava, più Sezze appare come Wisteria Lane, la cittadina americana al centro delle vicende del telefilm “Desperate Housewives“. Mancano solo i prati curati a Sezze, tuttavia i segreti, e tutto ciò che si portano dietro, combaciano alla perfezione con l’impasto nauseabondo che ruotava attorno alle peripezie delle casalinghe disperate. Manca solo l’omicidio, per fortuna.
Ci sono rapporti con la criminalità che Castaldi dimostra di saper maneggiare alla perfezione. Come quando, dopo la sagra del carciofo, l’ex custode assume il ruolo di intermediario di fatto tra Ermes Pellerani, arrestato nell’operazione Reset e accusato di far parte dell’associazione mafiosa del Clan Travali/Di Silvio in qualità di referente/pusher del sodalizio di origine nomade, e due suoi sodali (uno dei quai chiamato “il picchiatore”), e il Comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi che non è indagato.
Lo stesso Comandante della Polizia Municipale viene convocato da Fausto Castaldi nell’ufficio cimiteriale per giustificarsi con il pregiudicato Pellerani riguardo a un suo intervento con i Carabinieri di Sezze per una rissa scaturita nella “sagra del carciofo”.
La convocazione avviene, peraltro, tramite un altro pregiudicato setino che, stando alle indagini dei Carabinieri, afferenti al primo filone riguardante la prostituzione minorile, sarebbe colui che intratteneva una relazione sentimentale con la minorenne rumena, individuata come una delle due teenager che avrebbero consumato rapporti a pagamento nel cimitero di Sezze. L’altra delle due è, invece, setina e sarebbe la minorenne che Castaldi accompagna a Roma per un incontro a sfondo sessuale con l’odontoiatra romano 37enne. All’epoca degli episodi, su cui la Procura di Roma ha indagato trasmettendo poi gli atti alla Procura di Via Ezio a Latina, sia l’una che l’altra ragazza erano minorenni. L’uomo che fa da tramite tra Castaldi e Pellerani è un volto noto a Sezze: un violento, con una situazione delicata dal punto di vista della stabilità emotiva. Insomma, uno di cui in molti hanno timore.
Tornando all’incontro tra Caldarozzi e Pellerani, quest’ultimo, come detto, viene chiamato tramite il suddetto pregiudicato emotivamente poco stabile. “Senti – gli dice Castaldi in un’intercettazione captata dai Carabinieri – chiama…io… il numero de…. coso non lo tengo…de…come cazzo se chiama?…d’Ermes e digli che venga qua…dicci che venga un attimo qua, mi ripete quello che ha detto a me, ciao“.
Prima che Pellerani insieme ai suoi sodali si recasse nell’ufficio di Castaldi, quest’ultimo spiega a Caldarozzi i propositi vendicativi dell’affiliato ai Travali: “Ha detto che ha telefonato a tutto Sezze ha detto: “tengo cinquecento nipoti de zii, cugini ce faccio fare il referto“.
Al che il Comandante della Polizia Municipale di Sezze cerca da subito di dimostrare la sua volontà di non andare contro Pellerani e i suoi. Tutt’altro: dichiara, invero, di aver persino omesso l’arresto di un evaso ai domiciliari su richiesta di Pellerani. “Ma lui – dice Caldarozzi a Castaldi riferendosi a Pellerani – sta a credito con me; è venuto a casa mia per non farmi denunciare Palcinetti che stava agli arresti domiciliari; non gli ho mai rotto le palle, non mi è mai fregato un cazzo“.
Una vicenda che risulterebbe assolutamente vera poiché, successivamente, quando Pellerani arriva nell’ufficio cimiteriale, il Comandante della Municipale gli dice: “Io sto a credito…io sto a credito con te, perché quando sono potuto essere stato utile, guarda Palcinetti, qualche altro“.
Palcinetti è un volto noto. Fu arrestato nel 2014 nell’operazione Arco che evidenziò un enorme traffico di droga che partiva dai Lepini (il processo è incredibilmente ancora alle fasi iniziali) per spingersi nella provincia pontina e oltre. In quell’operazione furono coinvolti soggetti del calibro di Fabio Nalin e Gianluca Ciprian, accusato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma – anche lui, così come Pellerani – di essere parte dell’associazione mafiosa del Clan Travali/Di Silvio, oltreché a risultare – così come raccontano dai collaboratori di giustizia Renato Pugliese e Agostino Riccardo – uno dei massimi broker del narcotraffico dell’area pontina e non solo (arrestato a gennaio 2020 in Spagna con centinaia di chili di cocaina).
L’incontro promosso da Castaldi tra Caldarozzi e Pellerani, più due suoi sodali, tra cui il cosiddetto picchiatore, va avanti e il Comandante dei Vigili Urbani continua: “Se faccio lo “sbirro”…e lo dovessi fare in maniera che io non condivido,…non venivo a parlare con voi scrivevo poi ognuno fa i suoi passi“.
Al che Pellerani gli dice: “Hanno detto che vai in giro con la foto mia…a fare…il guappo con gli “sbirri“. E a rincarare la dose ci pensa il picchiatore, sempre rivolto a Caldarozzi: “Poi vedi chi cazzo sono…io mi faccio sempre i cazzi miei, finché non mi acciaccano le palle! Hai capito come? E dopo può essere il Papa, sbirro, Maresciallo…a me non me ne frega un cazzo! Ricordate ‘sto mucco (ndr: questa faccia), guardame bene stai a vede’?…a ricordate! né li conto né li misuro…aricordate sta cosa“.
Intimidito da persone note a tutti a Sezze come gravitanti nell’ambito della criminalità locale, il Comandante della Polizia Municipale non fa niente e accetta di essere minacciato. Non risultano denunce, né conseguenze nei confronti di soggetti che minacciano il capo del corpo di polizia addetto alla sicurezza urbana. In una parola mutuata dal gergo giuridico, lo scenario può definirsi assoggettamento. E se ad essere assoggettato nel territorio setino è il Comandante dei Vigili Urbani, punto di riferimento per ogni piccola o media comunità, è chiaro che non si può pretendere dai cittadini uno slancio di coraggio nella denuncia.
Nell’impunità generalizzata che appare da questo quadretto, si staglia sempre la figura di Castaldi, il quale non é né un affiliato a un Clan, né ha precedenti penali da risultare un criminale incallito, ma che può dirimere storie in cui sono implicati personaggi della mala locale. Interviene persino per difendere un debitore di droga impaurito da un pusher: “Tu digli – si legge in un’intercettazione – che i soldi me li sono fatti imprestare da Zio Fausto…e ha detto che la finisci ora così, se no ti accide, digli così…ma ‘sto cornuto“. D’altra parte, l’ex custode del cimitero pare detenesse armi come una pistola e un fucile occultato niente meno che in un loculo del cimitero in cui spadroneggiava.
Non si fa scrupoli Castaldi e si porta dietro chiunque lo circondi. Ecco, allora, il sesso inteso come motore del suo mondo: la telecamera nella cameretta della sua casa da custode dove avrebbe consumato un rapporto con una donna del giro che si prostituiva uno dei principali indagati dell’inchiesta Omnia 2 e la figlia della sua amante (“quella che mi trombavo io” – dice al dentista romano interessato alla minorenne) portata a Roma, nei pressi del Policlinico Gemelli: “Vabbé – ammicca Castaldi al dentista romano – ci vuoi prendere l’impronta a tutte e due le parti“.
Sulla prostituzione, i militari dell’Arma di Latina annotano un particolare che oltreché ad essere agghiacciante perché riguarderebbe anche quella minorile, rimanda a quel tessuto di criminalità che fa sì che Castaldi abbia rapporti più o meno diretti con personaggi borderline.
Secondo gli investigatori, in quel vorticoso giro di prostitute, soprattutto rumene, e anche minorenni, ci sarebbe un procacciatore. E il procacciatore sarebbe un personaggio vicino agli ambienti criminali latinensi, in rapporti di frequentazione con un rampollo del potente Clan Ciarelli e non solo. Si tratterebbe, secondo una fonte confidenziale dei Carabinieri, del 40enne Francesco Anelli che vive a Latina ma ha origini setine. Fu proprio Anelli ad essere fermato con Marco Ciarelli, figlio di Luigi, uno dei capi del Clan di Pantanaccio, per un controllo a Terni.
Eppure, il Comandante dei Vigili Urbani non è l’unico ad avere scambi che non avrebbe dovuto avere col custode Castaldi e i suoi “amici” della mala. Dei Comandanti della Stazione dei Carabinieri si è già detto: non solo Benvenuto che risulta indagato ma anche il predecessore, quel Michele Carfora Lettieri (alla sbarra nel processo “Dirty Glass” con Luciano Iannotta e il suo gruppo) che avrebbe rallentato la denuncia presentata dall’uomo che si ribellò al sistema dei loculi di Castaldi e in cambio ricevette uno schiaffone e un dente rotto da parte del violento custode.
Secondo altre testimonianze, in corso di verifica, ci sarebbero stati altri rappresentanti delle forze dell’ordine a entrare nell’orbita di Castaldi e di altri criminali incalliti di Sezze. Ed emerge, inoltre, un rapporto di consuetudine tra Castaldi e l’ex Presidente della Società dei servizi pubblici locali setini (in carica fino al 2016 alla Spl), Vincenzo Rosella, il quale, invece di stigmatizzare le condotte di Castaldi, le asseconda.
Castaldi si rivolge all’ex Presidente del cda di Spl perché una ditta privata avrebbe svolto i lavori per una cappella all’interno del cimitero. Siamo nel 2019, Rosella (non indagato) non è più Presidente ma non può non sapere che la Spl, di cui ha presieduto il cda fino a tre anni prima, ha la delega di gestione per il cimitero. Tuttavia l’ex custode, come dimostrato dall’inchiesta Omnia 2, aveva il monopolio di permessi, autorizzazioni e, soprattutto, dei lavori all’interno del cimitero, e mal sopporta se una ditta non scelta da lui lavora e fa quello che farebbe in qualsiasi cimitero improntato non tanto sulla legalità ma sulla mera normalità.
Castaldi: “Siccome che lo dovevamo fare noi quel coso (ndr: la cappella)…, allora noi ci avevamo chiesto quattromila e cinquecento euro a quelle; compreso lo sma…e lui c’ha fatto tre e nove“
Rosella: “Va beh…ne parliamo a voce…poi ti spiego meglio come si fa“
Castaldi: “Va bene“
Rosella: “A come si rompe le palle pure/ va bene?”
Castaldi: “Mo’ lo sta a fare però”
Rosella: “Mo’ sto (a scuola)…, dai su! ciao”
Castaldi: “No, sto a dire: mo’ sta a fare però…, sta a lavorare“
Rosella: “E va beh“.
Al netto delle dimissioni dei consiglieri di maggioranza e del sindaco Di Raimo, nessuno della politica Dem setina, annoverante anche cariche istituzionali, è intervenuto. I Presidenti di Cda non nascono dal nulla ma vengono nominati, eppure ci sono ancora personaggi politici che, a Sezze, hanno scelto il silenzio tombale sperando passi la buriana, forti (credono loro) che il sistema di favori e voti messo in piedi negli anni andrà avanti.
Non si registrano dichiarazioni o prese d’atto dal consigliere regionale Salvatore La Penna, sicuramente fuori dai giri di Castaldi, ma il cui silenzio è inaccettabile. E non si registrano dichiarazioni dal gran visir della politica sezzese, quel Titta Giorgi, invece amico di Castaldi, che neanche per sbaglio ha emesso un sibilo.
Tutto ciò è intollerabile e ingigantisce dubbi. Lo sanno tutti, soprattutto perché di mezzo, in questa Wisteria Lane lepina, c’erano minorenni che si credevano più grandi della loro età ma che sono state solo sfruttate da adulti (anche genitori) che hanno dimenticano da un pezzo la dignità.